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CONGEDI PARENTALI

Vorrei sapere se nell’astensione facoltativa:

1) devono essere inclusi anche i giorni festivi (sabato e domenica) eventualmente compresi nel periodo richiesto? (ad esempio se uno ha chiesto 20 giorni continuativi bisogna ricomprendere anche i sabati e le domeniche ricadenti in questo periodo ?) ;

2) come conseguenza di ciò, tra un periodo e l'altro deve esserci l'effettivo rientro in servizio, oppure, ad esempio si può interrompere il congedo il venerdì e riprenderlo il lunedì?

RISPOSTA :

Con riferimento ai quesiti posti l'INPS si è espressa più volte sulla frazionabilità dei congedi sia per quanto riguarda il congedo parentale (astensione facoltativa) sia per i congedi straordinari per situazioni particolari o in presenza di persone con gravi handicap, riconfermando sempre che tra un periodo di congedo e l'altro al fine di evitare il conteggio dei sabati e delle domeniche ci deve essere l'effettiva ripresa lavorativa anche di un solo giorno.

Per maggiore informazione le trascrivo stralcio della circolare INPS n. 64 del 15.3.2001 che meglio esplicita il concetto:

"A proposito della frazionabilità si precisa che analogamente alle astensioni facoltative dal lavoro (congedi parentali), ai fini della frazionabilità stessa, tra un periodo e l’altro di fruizione è necessaria -perché non vengano computati nel periodo di congedo straordinario i giorni festivi, i sabati e le domeniche- l’effettiva ripresa del lavoro, requisito non rinvenibile né nel caso di domanda di fruizione del congedo in parola dal lunedì al venerdì (settimana corta) senza ripresa del lavoro il lunedì della settimana successiva a quella di fruizione del congedo, né nella fruizione di ferie. Ciò non significa comunque che immediatamente dopo un periodo di congedo al titolo in argomento non possano essere ammessi periodi di ferie (o di fruizione di altri congedi o permessi), cosicché sia necessario continuare nella fruizione di congedo straordinario. Significa invece che due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo feriale o altro tipo di congedo, debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario anche i giorni festivi e i sabati (settimana corta) cadenti subito prima o subito dopo le ferie (o altri congedi o permessi). "

 


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MALATTIA

Il certificato medico deve essere presentato anche nel caso di prosecuzione della malattia?

Anche quando il lavoratore richiede di fruire dei 18 mesi di assenza non retribuita?

Deve essere sempre concesso il periodo di assenza non retribuita?


Risposta

Il certificato medico sicuramente deve essere presentato anche nel caso di prosecuzione della malattia.

La certificazione medica, infatti, assolve ad una duplice funzione, anche a tutela dell'interesse del lavoratore: comprovare lo stato di malattia e legittimare l'assenza del lavoratore ed al tempo stesso informare il datore di lavoro sulla causa dell'assenza e sulla durata della stessa, al fine dell'adozione delle conseguenti misure organizzative.

Poiché I CCNL, non distinguono espressamente tra caso di inizio della malattia e prosecuzione della stessa con riferimento alla certificazione della malattia, non ravvisiamo alcuna ragione giuridica o interpretativa per ritenere che nel secondo caso l'obbligo della certificazione non sussista. A tal fine bisogna considerare che la prosecuzione della malattia integra sempre un nuovo periodo di assenza che comincia nel momento stesso in cui cessa quello precedente, che già ha trovato la sua giustificazione nel certificato medico a suo tempo inviato al datore di lavoro, e che, quindi, non può non essere giustificata con un nuovo certificato.

Analoghe considerazioni valgono anche nel caso in cui il lavoratore richieda la fruizione di un ulteriore periodo di assenza non retribuito quando il limite massimo di conservazione del posto è stato ormai superato ed il datore di lavoro ha ormai riacquistato il diritto a recedere dal rapporto di lavoro, ai sensi sia dell'art.2110 del codice civile.

La certificazione medica di cui si è detto (e che occorre sempre in occasione di ogni malattia) è cosa diversa dall'accertamento delle condizioni di salute del lavoratore. Infatti, il lavoratore nel momento in cui richiede il prolungamento dell'assenza per malattia per un ulteriore periodo di 18 mesi non retribuito, deve sicuramente inviare la certificazione medica della sussistenza della malattia che giustifica tale richiesta ed al tempo stesso deve, nel suo esclusivo interesse, richiedere all'ente di accertare, tramite la competente ASL, la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualunque proficuo lavoro. Tale ultimo accertamento è quindi prevalentemente rivolto alla verifica della sussistenza o meno di tali cause di assoluta e permanente inidoneità ad ogni proficuo lavoro e si pone su un piano diverso rispetto alla certificazione inviata per giustificare il prolungamento della malattia, anche sotto il profilo del soggetto abilitato al rilascio. Il "deve" e il riferimento al "suo esclusivo interesse" si giustificano agevolmente.

Infatti, conclusosi il periodo di comporto stabilito dai CCNL, viene meno il divieto di licenziamento del lavoratore per malattia ed il datore di lavoro pubblico può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, adducendo a giustificazione solo e soltanto la circostanza dell'avvenuto superamento del periodo massimo di conservazione del posto.

Al fine di evitare la risoluzione del rapporto, superato il periodo massimo di conservazione del posto, previo accertamento delle condizioni di salute e su richiesta del lavoratore, l'ente può concedere al lavoratore la possibilità di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi, sia pure non retribuito.

Appare difficile dimostrare che per il lavoratore esista un diritto soggettivo alla concessione, ma solo un diritto potestativo. Infatti, l'espressione utilizzata "può essere concesso" lascia intendere che si è in presenza di un potere discrezionale dell'ente, che lo eserciterà tenendo conto di tutti gli interessi coinvolti nella vicenda: quelli sicuramente preminenti dell'ente, connessi alle proprie esigenze organizzative e funzionali, e quello del lavoratore ammalato di essere agevolato ai fini di un suo eventuale recupero al lavoro. A tal fine acquista sicuro rilievo la valutazione delle possibilità di recupero del lavoratore derivante dall'accertamento dello stato di salute così come disciplinato dai contratti.

Se, infatti, il lavoratore viene dichiarato assolutamente inidoneo a qualunque proficuo lavoro, l'ente non concede, evidentemente, l'ulteriore periodo di assenza non retribuita, in quanto non sussistendo più possibilità di recupero al lavoro del dipendente non ha alcuna utilità la prosecuzione del rapporto di lavoro. In tal caso, al lavoratore, proprio sulla base dell'accertamento effettuato, si applicheranno eventualmente le disposizioni di legge, anche di carattere previdenziale, vigenti tra cui anche quelle che in materia sono state introdotte dalla recente legge n.68/1999.

In mancanza di tale dichiarazione di assoluta inidoneità, l'esito dell'accertamento costituisce sicuramente un utile elemento di valutazione che l'ente dovrà considerare ai fini dell'eventuale concessione dell'aspettativa.

E' chiaro, allora, l'interesse del lavoratore a chiedere l'accertamento di cui si tratta. Ove manchi la richiesta del dipendente, esso non potrà essere disposto autonomamente dell'ente, in quanto la formulazione della clausola contrattuale non lo consente. Pertanto, l'ente valuterà la possibile concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuito solo sulla base degli altri elementi di giudizio in suo possesso, tra cui anche la certificazione medica inviata dal dipendente (con particolare riferimento alla prognosi in essa contenuta), e, ove ritenga prevalenti i propri interessi organizzativi e funzionali, non concede l'aspettativa e procede alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Per completezza informativa, dobbiamo richiamare l'attenzione sull'opportunità che le decisioni dell'ente, relativamente alla conservazione o meno del rapporto di lavoro (anche attraverso la concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuito) siano adottate nel più breve tempo possibile, ove sia stato già superato il periodo massimo di conservazione del posto.

 

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