È accaduto qualcosa?

Andreas Braun

Un normale cambiamento di governo?

Doveva essere la "Battaglia decisiva" tra il "Caos rosso-verde" e la "Politica della Ragione" dopo la "più dura battaglia elettorale di tutti i tempi" (sono tutte citazioni dell'ormai dimissionario Segretario generale della CDU, Peter Hintze). Questi erano i piani del Cancelliere Federale tedesco Helmut Kohl in carica oramai da 16 anni. È stato un duro scontro elettorale con un esito quanto mai chiaro: il 27 settembre, alle elezioni per il Bundestag, la SPD ed la Bündnis 90/'I VERDI' hanno raggiunto una maggioranza stabile; in appena quattro settimane hanno raggiunto un'intesa su un programma di governo fissato in un Accordo di Coalizione e, dalla fine di ottobre, governano insieme uno dei più importanti Paesi industrializzati del mondo. Contrariamente a tutti i timori alimentati dalle confederazioni degli industriali e dalle associazioni datoriali, in 'intima' armonia con l'ex coalizione conservatrice-liberale, il cambiamento non ha avuto niente di spettacolare. Dopo le prime difficoltà iniziali, il nuovo governo tedesco lavora seriamente e, passo dopo passo, attua le riforme concordate. In grandi parti della sua politica, sostenuta dai sindacati e da una maggioranza della popolazione - come dimostrano i sondaggi di opinione - si ha quasi l'impressione che questo cambiamento di potere in Germania sia stato un fatto democratico del tutto normale. Una tale impressione non è esatta se si osserva e si analizza lo sviluppo del processo di cambiamento del potere nel 1998.

Situazione iniziale

Nel 1998, la situazione iniziale riguardo alla prospettiva di un cambiamento di potere era apparentemente considerata sfavorevole: in relazione alla disoccupazione di massa, definita il "più grave problema" in tutti i sondaggi di opinione - tra la fine del 1997 e l'inizio del 1998, in Germania quasi cinque milioni di persone erano senza lavoro, con un tasso di disoccupazione di circa 10% nei "vecchi" Länder e di oltre il 20% in quelli "nuovi" - si delineava palesemente un'inversione di tendenza che confermava la politica economica e sociale della coalizione conservatrice-liberale al governo. Le limitazioni dei diritti dei lavoratori, i tagli al versamento continuato del salario in caso di malattia, l'"emendamento" alla legge sulla tutela contro i licenziamenti come passaggio ad una mentalità tedesca dell'Hire-and-fire [assumi e licenzia], i massicci interventi nell'assistenza sanitaria obbligatoria per il "contenimento dei costi" della sanità e gli sgravi fiscali per le imprese e per le fasce ad alto reddito sono soltanto alcuni esempi della politica dell'ex governo federale tedesco, che, secondo la sua interpretazione, avrebbe incentivato il clima congiunturale, creando così nuovi posti di lavoro. Nonostante la crisi asiatica e l'inizio della crisi russa, si prevedevano tassi di crescita di oltre il 3%, connessi con un sensibile alleggerimento sul mercato del lavoro. Il Cancelliere federale Helmut Kohl, che già da due anni, con il suo secco rifiuto dell'"Alleanza per il Lavoro", portata avanti politicamente dall'IG-Metall - il sindacato dei metalmeccanici - ed appoggiata da tutti i sindacati, aveva reso una maggioranza sensibile di individui contraria alla sua politica, si beava nella gloria dei presunti successi del suo operato politico.

Controversie in seno alla SPD

Alla luce dei successi conseguiti nella politica europea e nella politica estera, del prestigio internazionale del "Cancelliere della Riunificazione" e del suo governo e rafforzato indirettamente da una socialdemocrazia irrigidita nelle dispute personali tra il presidente della SPD nonché presidente della Saarland Oskar Lafontaine ed il Presidente della Bassa Sassonia Gerhard Schröder in relazione alla candidatura alla Cancelleria, la "Fortezza Bonn" appariva inespugnabile. E vero che all'inizio del 1998, i sondaggi di opinione attribuivano alla Bündnis 90/'I VERDI', una percentuale a due cifre - ma questo non riusciva a compensare, in termini di cifre, i disastrosi sondaggi di opinione per la SPD.

Ed i sindacati?

Fin dal 1997, i sindacati riuniti nella Confederazione tedesca dei sindacati, ovvero la DGB, avevano concordato al loro interno di realizzare, nel 1998, una campagna all'insegna del motto "il tuo voto per il lavoro e per la giustizia sociale" L'obiettivo della campagna era quello di mostrare e di promuovere pubblicamente le alternative alla politica dello smantellamento sociale. Ciò non significava una presa di partito unilaterale a favore di una determina corrente o di una costellazione politica, ma, con una spesa di circa 8 milioni di marchi tedeschi, intendeva portare all'istanza politica federale le richieste dei lavoratori organizzati (in Germania sono circa il 30% degli occupati). All'inizio della campagna di primavera, i partiti di governo e le confederazioni imprenditoriali sono insorte, come era dopo tutto naturale: oltre al ridicolo rimprovero di sfruttare le quote associative a fini politici, soprattutto le confederazioni degli imprenditori e dei datori di lavoro hanno messo in discussione la legittimazione stessa dei sindacati ad esprimersi sulla politica generale. Ciò appare tanto più strano, quando si pensa alle manifestazioni aperte di simpatia e di appoggio dei vertici dell'industria e delle associazioni datoriali con il governo federale conservatore-liberale guidato dallo stesso Kohl. A partire dall'estate del 1997, in Germania non passava giorno in cui un grande industriale od un presidente di un'associazione non lodasse la politica del governo federale e non propagandasse la continuazione di questa presunta politica del successo. Se, da alcuni anni, la maggior parte dei sindacati si adoperava consapevolmente per una politica di aumenti salariali moderati, allo scopo di offrire il suo contributo alla lotta contro la disoccupazione di massa - senza peraltro vedere alcun successo del suo contributo! - le confederazioni degli industriali e dei datori di lavoro chiedevano, sempre più apertamente, una continuazione di questa politica sindacale per i prossimi anni, per non dire decenni. Anche se era ovvio che, ad un certo momento, si sarebbe girato a vuoto, le azioni preliminari dei lavoratori e della loro rappresentanza rimanevano quanto meno unilaterali.

La svolta

La prima svolta nel clima politico tedesco è avvenuta a marzo, con le elezioni al Landtag in Bassa Sassonia: Gerhard Schröder aveva conseguito un grande successo elettorale, aveva costruito la sua maggioranza assoluta ed aveva fatto chiarezza sulla questione della candidatura alla Cancelleria della SPD. La sera stessa delle elezioni in Bassa Sassonia, Oskar Lafontaine fu costretto a riconoscere nonché ad ammettere che il suo sogno di una nuova candidatura alla Cancelleria dopo il 1990 era definitivamente sfumato.

La crisi dei VERDI

Nella primavera del 1998, il problema strategico di una nuova maggioranza a sinistra del centro era costituito dalla debolezza della Bündnis 90/'I VERDI' attribuibile allo stesso partito: inizialmente, il congresso di inizio marzo a Magdeburgo, Sachsen-Anhalt, appariva un congresso del tutto normale per l'adozione di un programma. Tuttavia, quando verso mezzanotte, la mozione sulla non partecipazione dei soldati tedeschi alle azioni in Bosnia fu adottata con la maggioranza di un solo voto e riferita (a ragione!) con commenti pubblici distruttivi i 'VERDI' caddero in un'enorme crisi che ebbe effetti sia interni che sui sondaggi d'opinione A causa di alcuni aspetti del programma, che si prestavano a malintesi, in merito alla riforma fiscale nel settore ecologico-sociale, si propose di aumentare gradualmente il prezzo della benzina a cinque marchi tedeschi al litro nel giro di dieci anni e di ridurre, nella stessa misura, i costi accessori del salario che, in Germania, sono molto elevati (oltre il 42%) - la prospettiva che la Bündnis 90/'I VERDI' andasse a Bonn sembrava quindi svanita. Tuttavia, si sottovalutava il fatto che un punto programmatico come questo, fondamentalmente corretto, è difficile da mediare, innanzitutto perché l'automobile resta il bambino più amato dei tedeschi e, secondo, perché i cittadini erano stanchi delle promesse di riforma la cui attuazione si traduceva immancabilmente in un onere netto a carico della popolazione.

"La riforma" come Ipoteca

Sotto questo aspetto è possibile dimostrare che, già da diversi tempo, con la controversia entrata nella storia come "Dibattito sui Cinque Marchi" anche 'I VERDI' dovevano sopportare le conseguenze di una politica di "riforma" conservatrice-liberale. Quella che, almeno negli ultimi anni, il Governo Kohl aveva venduto politicamente come "Riforma", inizialmente suonava sempre bene. In fondo, la parola "Riforma" è legata anche ad una politica positiva ed innovativa. Ma, in realtà, diveniva sempre più rapidamente chiaro che, tra le righe, "Riforma" significasse maggiori oneri per i cittadini. Sotto l'egida di Helmut Kohl (ed è anche confermato dai sondaggi di opinione), la parola "Riforma" è divenuta un vero e proprio insulto. Un'ipoteca della quale il Governo Schröder deve occuparsi fin dall'inizio del suo mandato, è stata raccolta: attraverso le riforme, rendere il Paese idoneo per il futuro e sano per il prossimo millennio.

Il Clima

Grazie al successo elettorale di Gerhard Schröder e nonostante la crisi dei 'VERDI', nel clima politico era avvertibile, e dimostrabile, un evidente cambiamento. Già alla fine della primavera, e per tutta l'estate, hanno avuto luogo manifestazioni elettorali di diverso tipo. Nel corso dei dibattiti con i rappresentanti dei vari partiti e nelle grandi manifestazioni organizzate dalle forze politiche interessate si discuteva sui concetti della politica. E la SPD è riuscita con grande abilità a presentare alla gente Gerhard Schröder - con i suoi 54 anni compiuti - come portatore di speranza e come garante del cambiamento generazionale nonché politico. Le persone che partecipavano alle manifestazioni, dimostrando così il loro interesse politico, dichiaravano all'unisono quanto segue: "Dopo 16 anni di Governo Kohl abbiamo ormai perso la speranza che un nuovo governo possa fare una politica diversa. E non siamo neanche convinti al cento per cento che i concetti dell'Opposizione siano migliori delle ricette del Governo Kohl. Inoltre, temiamo che, a causa della crisi dei 'VERDI' si arrivi ad una grande coalizione tra SPD e CDU e che, nella politica, non vi sia più alcun movimento. Tuttavia andremo comunque a votare anche se non sappiamo ancora per chi votare". Questo atteggiamento politico espresso molto spesso rendeva difficile agli attori politici trovare i mezzi e la strada per parlare con la gente. E non dobbiamo neanche sottovalutare il fatto che molti dei cosiddetti "Giovani Elettori" - con i loro 25 o 28 anni - dall'inizio del loro interesse politico avevano conosciuto soltanto Helmut Kohl. Per loro (e per molti altri) Kohl era divenuto il sinonimo della politica tedesca e non riuscivano ad immaginare una vita (politica) senza Kohl.

La destra e la sinistra in ascesa?

Nel dibattito elettorale, un grande fattore di insicurezza era costituito dai risultati che sarebbero stati ottenuti dai partiti di estrema destra come "Deutsche Volksunion" o "Republikaner" e dal "Partei des Demokratischen Sozialismus" (PDS), il successore della SED (Sozialistische Einheitspartei) della RDT. Il PDS era rappresentato all'ultimo Bundestag e nelle elezioni al Landtag dei cinque nuovi Länder aveva ottenuto più del 20%. Anche se nella parte occidentale sono praticamente senza importanza e vantano solo l'1% dei voti, i risultati conseguiti dal PDS nella parte orientale, sostenuti da una regolamentazione speciale del diritto elettorale, hanno portato alla loro presenza in Parlamento. Questa volta, con sorpresa di molti, il PDS ha superato l'ostacolo del 5%, che deve essere sormontato per entrare al Bundestag ed è rappresentato in Parlamento come gruppo parlamentare. Le elezioni dell'aprile 1998 al Landtag nel Sachsen-Anhalt sono state uno vero e proprio shock per l'opinione pubblica a causa della percentuale a due cifre ottenuta dal partito dell'estrema destra "Deutsche Volksunion" (quasi 14% dei voti!). Da allora, l'unione - un conglomerato di idioti che si presentano come populisti e pronunciano permanentemente tetri slogan nazisti, finanziato e guidato politicamente da Gerhard Frey, editore e speculatore immobiliare di Monaco - è rappresentata nel Landtag del Magdeburgo. Per tutta l'estate, i sondaggi di opinione hanno scorto il pericolo di un eventuale raggruppamento di estremisti di destra al nuovo Bundestag. Fortunatamente - oltre al cambiamento di potere è il secondo risultato soddisfacente delle elezioni - questo pericolo non è divenuto realtà.

Con una dura lotta

La "fase calda" della lotta elettorale, dalla fine di agosto al giorno delle elezioni del 27 settembre, è stata condotta in modo polemico ed a volte addirittura offensivo dallo stesso Kohl e dai suoi seguaci. Con le diffamazioni personali del candidato alla Cancelleria della SPD e con l'evocazione permanente del pericolo del "Caos rosso-verde", la CDU ha cercato spasmodicamente di conservare il potere. Le confederazioni degli industriali minacciavano di trasferire interi settori all'estero in caso di vittoria elettorale rosso-verde e vedevano in grande pericolo la ripresa economica appena agli inizi. Infine, era stato varato un piano statale a favore dell'occupazione nei cinque nuovi Länder, efficace a breve termine (e, ovviamente, ormai concluso) ed era stato possibile ridurre a breve termine il numero dei disoccupati registrati ufficialmente. Quanto più si avvicinava la data del 27 settembre, alle grandi manifestazioni dei partiti con le loro "Star", Helmut Kohl (CDU), Gerhard Schröder (SPD) e Joschka Fischer (Bündnis 90/'I VERDI') erano sempre più chiare le voci che dicevano: "Kohl deve andare via". Lo dimostravano anche i sondaggi di opinione, anche se fino a poco prima delle elezioni quasi tutti gli istituti di sondaggio prevedevano una corsa 'testa a testa' dei grandi partititi con il presumibile risultato di una grande coalizione.

Svolta storica

Il risultato elettorale e le sue conseguenze significano per la storia della Repubblica Federale Tedesca una svolta storica. Per la prima volta, un governo federale in carica è stato esautorato direttamente dai cittadini. Finora, tutti i cambiamenti di potere erano stati realizzati prima in Parlamento, con le mozioni costruttive di sfiducia dopo il cambiamento dei partner della coalizione e confermati soltanto successivamente dalle elezioni. Ma ciò significa anche una seconda ipoteca per il nuovo governo federale. Proprio nei sondaggi di opinione è divenuto quanto mai palese che, agli elettori non interessava aiutare un nuovo governo ad entrare in carica. Il motivo principale del risultato elettorale è stato chiaramente il non voler riconfermare Helmut Kohl ed il suo governo dopo 16 anni di mandato e non la volontà dei cittadini di affermare una nuova politica con concetti nuovi e riforme degne del loro nome. Ciò rende difficile per il nuovo governo attuare in modo rigoroso le sue riforme - tanto più che anche i sondaggi di opinione dimostrano che la maggioranza della popolazione avrebbe preferito una grande coalizione. Alla vigilia delle elezioni era incerto se i voti sarebbero stati sufficienti per una maggioranza della coalizione rosso-verde al Bundestag - dove erano presenti cinque partiti - oltre alla CDU, alla SPD, alla Bündnis 90/'I VERDI' anche l'FDP ed il PDS . Un motivo di più per rallegrarsi della rapida conclusione delle trattative per la coalizione e dell'atmosfera di cambiamento dovuta, almeno in parte, all'entrata in carica del nuovo governo.

Difficoltà iniziali

Tuttavia l'inizio dei lavori del nuovo Governo federale non è stato privo di difficoltà. In politica, esiste la tradizione dei "100 giorni di grazia" per un nuovo governo. Il problema sta nel fatto che il nuovo Governo federale tedesco non si concede questi 100 giorni. Ciò è dovuto, da una parte, al fatto che molte delle promesse elettorali devono essere soddisfatte già entro il 1° gennaio 1999 con l'emanazione di leggi. I disegni di legge con errori "artigianali" e le incoerenze sono stati dapprima il risultato di un frenetico operato politicamente deliberato. Del resto - ed è incontestabile - in Germania, la mole di riforme accumulate è davvero ingente e richiede una rapida soluzione mediante iniziative di riforma, per portare nuovamente in movimento la politica. Nelle sue prime settimane di mandato, il nuovo Governo federale tedesco è almeno riuscito a realizzare un "pezzo di bravura" - quello di provocare la contrarietà di quasi tutte le forze sociali, e su alcuni punti anche dei sindacati - in relazione ad importanti progetti fiscali, economici e sociopolitici. Nella politica interna, un operato più calmo e meno agitato sarà perciò necessario entro la fine del 1999 - e questo è stato promesso anche dai partner della coalizione. Per il resto - almeno come si ritiene in Germania - le prime visite ufficiali del Cancelliere federale Gerhard Schröder, del Ministro degli Esteri Joschka Fischer e di altri Ministri presso i vicini Paesi europei, negli Stati Uniti ed in Russia, sono riuscite ad eliminare il timore dei partner e degli amici che il cambio di governo in Germania potesse portare ad un totale cambiamento della politica estera. Continuità e rinnovamento nella politica estera saranno i tratti caratteristici del nuovo governo.

Prospettive

Dopo il cambio di governo in Germania, in undici dei 16 governi dell'UE, prendendo come base il classico schema dei partiti, esiste una partecipazione della socialdemocrazia od una maggioranza a sinistra del centro. Ne emerge una prospettiva che, con tanti elementi partecipativi, sarà possibile configurare l'UE da un punto di vista democratico, sociale ed ecologico, nel senso di un progetto dei cittadini. Tuttavia ne deriva anche la possibilità di portare avanti le riforme da tempo necessarie dell'Europa dell'UE - Agenda 2000, Allargamento a Est, rinnovamento strutturale dell'UE. Nel suo trattato della coalizione, il nuovo Governo federale tedesco ha fissato alcuni punti fondamentali ambiziosi per un vasto ammodernamento, sia all'interno che all'esterno. L'antiquato diritto di cittadinanza tedesco sarà riformato - una riforma fiscale ecologico-sociale porterà a sgravi per i lavoratori e ad un riduzione del carico ambientale, oltre che a sgravi superiori alla media per i nuclei familiari con figli; una riforma sanitaria porrà fine alle ingiustizie ed un gran numero di oneri che gravano sui lavoratori a causa delle leggi del vecchio Governo federale sarà revocato. La politica verso l'Europa e la politica estera saranno caratterizzate da affidabilità nella politica estera e da iniziative di riforma per l'UE. In tal modo, il nuovo Governo federale costituito dalla SPD e dalla Bündnis 90/'I VERDI' diventerà un decisivo potere di riforma e di configurazione dell'Europa. La presidenza tedesca nel primo semestre del 1999 lo renderà chiaro.