REGIONALE SARDEGNA

 

Cagliari 21.11.2006

 

 

 

Al Signor Provveditorato regionale A.P per la Sardegna Dott. Massidda

Agli organi di informazione

 

 

                          Richiesta incontro urgente.

 

   

 

           La FP CGIL Regionale e Nazionale, con preoccupazione, denunciano ancora una volta  l’incapacità e l’arroganza di chi non vuole confrontarsi con le OO.SS. e i lavoratori sull’organizzazione del lavoro e sul ruolo  e le competenze dei lavoratori della Polizia Penitenziaria.   

 

Non possiamo non esprimere forte preoccupazione per quanto sta accadendo nell’istituto penitenziario di Mamone per effetto delle decisioni recentemente assunte dalla direzione, non solo perché adottate  in violazione di ogni e qualunque norma in materia di relazioni sindacali, quanto per gli effetti che già stanno producendo e che in parte sono stati enunciati all’opinione pubblica dallo stesso direttore.

 

            Anzitutto l’abrogazione del progetto organizzativo frutto di incontri con le OO.SS, che aveva fatto sperare al superamento di quelle condizioni di precarietà e di incertezza organizzativa che non poche ingiustizie e difficoltà operative aveva determinato e che oggi si corre il rischio di riproporre.

 

            Inoltre la chiusura dei posti di servizio, e il conseguente abbandono del territorio, misura radicale e non isolata per poter impiegare tutti gli operatori sui quattro turni che comporterà di fatto assieme all’evidente contrazione dei presidi una limitazione dei progetti trattamentali per il recupero dei detenuti.

 

Da ultimo e non irrilevante l’aspetto economico che deriva dalla messa in crisi del già fragile sistema produttivo dell’istituto problema che non può e non deve essere affrontato snaturando il ruolo degli operatori di polizia penitenziaria come ci è parso di capire dalle notizie apparse di recente sulla stampa.

 

In tal modo si  ripropone l’interrogativo mai chiarito del tutto sul ruolo che l’Istituto di pena sarà chiamato a svolgere nel contesto del sistema detentivo della Sardegna, perché quanto accaduto assieme al progressivo disimpegno, allo stato di abbandono di diverse aree produttive con  la forte riduzione del carico di bestiame, non possono non  spingerci  a pensare che il destino di questa struttura sia ormai segnato e vada ben oltre lo stato più generale in cui versano le altre strutture carcerarie del nuorese.

  

E se ciò trovasse conferma nei fatti si scontrerebbe drasticamente con la forte mobilitazione del territorio dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, perché prima ancora che essere struttura detentiva, posto di lavoro, elemento cardine di una economia povera, il carcere di Mamone risponde alla richiesta sociale di controllo del territorio condizione questa a cui non vogliamo e non possiamo rinunciare

 

Di certo resta tutta l’amarezza per una situazione che vede ancora una volta una struttura dalle grandi potenzialità come Mamone messa nelle condizioni di non poter funzionare a pieno regime per ragioni incomprensibili e gli operatori secondo come apparso sulla stampa,che parrebbero destinati impropriamente a svolgere  funzioni diverse rispetto al proprio ruolo,  nel tentativo di attenuare il danno economico che deriverà da questo stato di cose; e se cosi fosse qualcuno dovrà assumersene le responsabilità.

 

Le cause sono da ricercare nell’assenza di un adeguata programmazione regionale che assieme ai limiti che l’attuale direzione ha manifestato in tema di organizzazione hanno portato la struttura in questa inaccettabile condizione.

 

Per questi motivi abbiamo più volte sollecitato l’apertura di un confronto teso a creare condizioni credibili di rilancio della struttura, e per le stesse ragioni abbiamo sin dal principio rigettato l’ipotesi poi tradotta in atti dalla direzione perché eravamo ben consci degli effetti immediati e futuri.

 

Perciò ribadiamo oggi l’esigenza non più prorogabile dell’avvio di un confronto serio per individuare un percorso in grado di rilanciare l’insediamento carcerario, e definire in quell’ambito un assetto organizzativo conforme al dettato contrattuale, in grado di assicurare la funzionalità della struttura e contemperare le esigenze dei lavoratori.

 

Come crediamo che sia indispensabile e moralmente dovuto l’avvio di una inchiesta che faccia luce sull’ipotizzato impiego degli operatori di polizia penitenziaria in compiti impropri  quali la cura del bestiame e delle colture, accertando le responsabilità che con eccessiva disinvoltura ha messo in discussione pesantemente il ruolo e le funzioni dell’operatore di polizia penitenziaria.

 

           Questa O.S., per quanto sopra chiede a lei Dr. Francesco Massidda un incontro urgente e non rinviabile per trovare soluzioni condivise, in quanto la richiesta interviene in una situazione a dir poco imbarazzante per l’Amministrazione Penitenziaria che lei rappresenta.

 

            Cordiali saluti.

 

 

 

p. La Segreteria Il Coordinatore Nazionale Polizia penitenziaria FP CGIL
Antonio Cois Francesco Quinti