PENSIONI

Dlgs 165/97, armonizzazione regimi previdenziali personale militare, di polizia e vigili del fuoco

Sulla G.U. n. 139 del 17.6.1997 è stato pubblicato il Dlgs n. 165 del 30.4.1997 di attuazione delle deleghe conferite dall’art. 2, comma 23, della L. 335795, e dall’art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 662/96, in materia di armonizzazione del regime previdenziale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego, che ricomprende i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale della carriera diplomatica e prefettizia, i dirigenti generali, nonché i professori e ricercatori universitari.

In particolare, per quanto riguarda il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare (carabinieri e guardie di finanza) e civile (polizia di stato, polizia penitenziaria e forestali) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le disposizioni contenute nel decreto decorrono dal 1 gennaio 1998. Fino ad allora continuano ad applicarsi le disposizioni previste nei rispettivi ordinamenti (art. 8).

Per alcune disposizione è, però, fatta esplicita previsione di efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge (2 luglio).

Su questo aspetto, come su altri che vedremo in seguito, si rendono necessari, a nostro avviso, ulteriori chiarimenti ai fini di una corretta interpretazione ed applicazione della novella disciplina.

L’art. 2, fissa i nuovi limiti anagrafici per la cessazione dal servizio che, se inferiori, sono elevati al 60 anno di età con la seguente gradualità (art. 7, comma 1):

 

Anni 1998-2001 2002-2004 2005-2007 dal 2008
Limiti di età 57 58 59 60


Tale disposizione non interessa il personale della Polizia di Stato, né gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria nei cui confronti già da tempo vige il limite dei 60 anni di età.

Per i vigili del fuoco, invece, l’innalzamento del requisito anagrafico inizierà a partire dal 2002, permanendo fino a quella data l’attuale limite dei 57 anni di età.

L’art. 3, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), introduce rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità.

L’ausiliaria, giova ricordare, è la posizione giuridica in cui viene collocato, al termine del servizio effettivo, il personale appartenente alle forze armate, all’Arma dei Carabinieri e al Corpo delle Guardie di finanza, giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario.

Ai soggetti collocati in ausiliaria compete, in aggiunta al trattamento pensionistico, un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio. Al termine del periodo di ausiliaria, la cui durata è di 8 anni, viene liquidato un nuovo trattamento pensionistico, comprensivo anche del suddetto periodo, sulla base della retribuzione pensionabile al momento della cessazione dal servizio permanente, maggiorata degli aumenti maturati nel periodo di ausiliaria e dell’indennità di ausiliaria stessa.

Con il Dlgs 165/97, questo istituto ha subito una profonda modifica.

Innanzitutto, il collocamento in ausiliaria può avvenire soltanto a seguito di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età (art. 3, comma 1). Viene, pertanto, eliminata in via definitiva la possibilità di accedere all’ausiliaria nel caso di pensionamento anticipato.

Per un periodo di 10 anni dalla entrata in vigore del decreto, al personale con non meno di 40 di servizio effettivo viene, comunque, concessa la possibilità di essere collocato, a domanda, in ausiliaria, per un tempo non superiore a cinque anni (art. 7 comma 6). Come pure è consentito al personale in possesso del requisito dei 40 di servizio effettivo, collocato nella riserva per effetto dell’art. 1 del DL 505/96, dell’art. 1 del DL 606/96 e dell’art. 1, comma 178, della L 662/96, di chiedere il collocamento in ausiliaria entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (29 settembre).

Per quanto concerne il periodo massimo di permanenza in ausiliaria, si passa dagli attuali 8 a 5 anni (art. 3, comma 2), mediante una graduale riduzione di un anno ogni tre (art. 7 comma 2).

La norma non chiarisce se la riduzione scatterà immediatamente, per la precisione dal 2 luglio, data di entrata in vigore del decreto, oppure fra tre anni. Noi propendiamo per questa seconda ipotesi, in base alla quale, a partire dal 2 luglio, per il personale già collocato o da collocare in ausiliaria, il periodo massimo di permanenza in tale posizione sarà il seguente:

 

periodo di riferimento 2.7.97 all'1.7.2000 2.7.2000 all'1.7.2003 2.7.2003 all'1.7.2006 2.7.2006 in poi
limite max di permanenza in ausiliaria 8 anni 7 anni 6 anni 5 anni

Inoltre, per fruire dell’indennità di ausiliaria gli interessati, al momento della cessazione dal servizio per limiti di età, debbono dichiararsi disponibili ad essere impiegati sia presso l’amministrazione di appartenenza che presso altre pubbliche amministrazioni, sempre nell’ambito della provincia di residenza, in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestiti (art. 3, commi 3 e 4).

Il decreto interviene anche sulla misura dell’indennità dell’ausiliaria che, dall’attuale 80%, è destinata a ridursi, a partire dal 1.1.1998, in ragione di un punto percentuale per ogni anno, al 70% (art. 3 comma 6):

 

anni 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
indennità ausiliaria 79% 78% 77% 76% 75% 74% 73% 72% 71% 70%

Su questo punto, la norma non chiarisce se la riduzione opera anche nei confronti del personale già collocato in ausiliaria a quella data.

Infine, sempre in una logica di riduzione, si dispone che sull’indennità di ausiliaria non si applicano gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni di cui all’art. 11 del DLgs 503/92, come modificato dall’art. 14 della legge 724/94.

Il comma 5, dell’art. 3, disciplina l’applicazione del sistema di calcolo contributivo per il personale in ausiliaria.

In proposito, si precisa che il trattamento pensionistico viene determinato applicando il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica posseduta dall’interessato all’atto del collocamento in ausiliaria, per essere successivamente riliquidato mediante applicazione del coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica raggiunta al momento della cessazione dall’ausiliaria. Anche su questo punto la norma non è sufficientemente chiara, dal momento che non specifica in base a quale coefficiente di trasformazione viene riliquidato il trattamento pensionistico dei soggetti cessati dall’ausiliaria con un’età anagrafica superiore a 65 anni. Letta in relazione a quanto disposto nell’art. 11, sembrerebbe che il coefficiente di trasformazione da applicare debba essere quello relativo all’età anagrafica dei 65 anni.

Di enorme rilevanza sono le disposizioni, contenute nel comma 7, che disciplinano l’applicazione del sistema di calcolo contributivo per il personale delle forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e forestali) e per i vigili del fuoco, esclusi, come è noto, dal beneficio dell’ausiliaria.

Per costoro, ma anche per il personale militare giudicato inidoneo al collocamento in ausiliaria, il montante contributivo individuale è determinato incrementando di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio, moltiplicato per l’aliquota di computo della pensione.

Per fare un esempio, se la retribuzione lorda dell’ultimo anno di servizio è di 40 milioni, il montante individuale di contributi per quell’anno sarà pari al 33% (aliquota di computo) di 200 milioni (40.000.000 *5), che andrà ad aggiungersi al montante contributivo individuale maturato a quel momento. Al montante complessivo, così determinato, si applicherà il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica di 60 anni (5,163).

In sostanza, mediante questo meccanismo compensativo, che agisce sul montante individuale dei contributi, si determina un trattamento pensionistico inferiore non di molto da quello che si sarebbe ottenuto attraverso la maggiorazione dei coefficienti di trasformazione.

Va, però, sottolineato che l’incremento della base imponibile opera solo nel caso di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età.

L’art. 4 è dedicato alla maggiorazione della base pensionabile.

Si tratta, come è noto, di quel beneficio, in godimento presso le forze armate e la polizia ad ordinamento militare e civile, che consiste nell’attribuzione, ai fini pensionistici e della buonuscita, di sei aumenti periodici di stipendio all’atto della cessazione dal servizio.

In base a quanto disposto nell’art. 4, comma 1, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto (2 luglio), i sei scatti stipendiali sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile, al momento della cessazione dal servizio da qualunque causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati a contribuzione previdenziale.

Così formulata, la norma non esclude che, ai fini della determinazione dell’importo della pensione relativo al periodo dall’1.1.1993 fino alla cessazione dal servizio (quota B), i sei scatti possano essere computati non già nella media delle retribuzioni, bensì in aggiunta ad essa.

I sei scatti sono attribuiti anche in caso di dimissioni, previo pagamento del contributo previdenziale calcolato in riferimento ai limiti di età previsti per il grado ricoperto (art. 4, comma 2).

Anche qui, la norma non dice con chiarezza in quale modo si procederà al pagamento dell’aliquota.

Per i soggetti, nei cui confronti continua ad operare il sistema retributivo, l’assoggettamento a contribuzione delle maggiorazioni stipendiali consiste in un progressivo incremento, secondo le percentuali di seguito riportate, della ritenuta previdenziale a loro carico (art. 4, comma 3).

 

anni 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
% di incremento 0,20 0,22 0,24 0,26 0,28 0,30 0,32 0,34 0,38 0,38 0,40

Anche su questo punto il decreto presenta alcune incongruenze.

Mentre si dispone l’assoggettamento a contribuzione dei sei scatti a decorrere dal 2 luglio, data di entrata in vigore della normativa, al tempo stesso, in base alla tabella A allegata al decreto, l’addizionale contributiva è introdotta a decorrere dal 1988. Non è dato, dunque, comprendere come, nell’anno in corso, questa disposizione possa essere applicata.

Al personale il cui trattamento è calcolato in tutto o in parte con il sistema contributivo, in luogo dei sei scatti stipendiali corrisposti al momento della cessazione dal servizio, viene attribuito un aumento figurativo della base imponibile pari al 15%. In sostanza, incrementando il montante contributivo individuale si mantiene inalterato, anche nel sistema contributivo, il beneficio derivante dalla normativa sugli aumenti stipendiali.

L’art. 5 riordina la complessa materia degli aumenti figurativi, legati al computo dei servizi operativi.

Ad eccezione dei vigili del fuoco, per i quali gli aumenti figurativi sono attribuiti soltanto in riferimento ad alcune specializzazioni (servizio di navigazione e di volo), per gli appartenenti a tutti gli altri corpi sono riconosciuti aumenti del periodo di servizio effettivo, in molti casi cumulabili, per effetto delle diverse disposizioni in materia di servizio operativo.

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, gli aumenti del periodo di servizio effettivo, computabili ai fini pensionistici, non possono superare complessivamente i 5 anni. Sono, in ogni caso, fatti salvi gli aumenti dei periodi di servizio, eccedenti il limite dei 5 anni, maturati alla data di entrata in vigore del decreto. In questo caso, viene escluso il riconoscimento di ulteriori maggiorazioni (art. 7, comma 3).

Nel caso di pensione liquidata in tutto o in parte con il sistema di calcolo contributivo, gli aumenti del periodo di servizio effettivo, nel limite massimo di 5 anni, concorrono alla maturazione dei 40 anni di anzianità contributiva. In questo caso, in presenza di un’età anagrafica inferiore a 57 anni si applica il coefficiente di trasformazione relativo a questa età (art. 5, comma 2).

Il decreto riconosce, altresì, previo pagamento dei relativi oneri contributivi, gli aumenti dei periodi di servizio effettivo, sempre nel limite massimo di 5 anni, anche per periodi di servizio prestato in ambiti che escludono aumenti figurativi.

In proposito, la norma, oltre a non indicare la misura del contributo, non specifica se "il periodo di servizio comunque prestato" debba intendersi sempre nell’ambito del corpo di appartenenza, o, più in generale, nella pubblica amministrazione.

Come, pure, risulta confusa la norma che prevede la ricongiunzione, ai fini previdenziali, del servizio militare prestato anche anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto (art. 5, comma 4).

In ultimo, il decreto affronta la complessa e delicata materia delle pensioni di anzianità, prevedendo, in aggiunta a quelle stabilite dalla legge 335/95, un’ulteriore possibilità di uscita anticipata, senza penalizzazioni, subordinata al possesso dell’anzianità massima contributiva unitamente ad una determinata età anagrafica.

Prima di illustrare questo ulteriore canale d’uscita, giova ricordare, per sommi capi, le diverse modalità d’accesso alla pensione di anzianità, previste nella legge 335/95.

1° Canale

La prima modalità di uscita, la cui applicazione riguarda tutti i lavoratori sia pubblici che privati, si articola in due ipotesi che non prevedono penalizzazioni. - Prima ipotesi: 35 anni di contributi e vincolo anagrafico:

 

anni età anagrafica anzianità contributiva
1996-1997 52 35
1998-1999 53 35
2000-2001 54 35
2002-2003 55 35
2004-2005 56 35
dal 2006 57 35

     Seconda ipotesi: indipendentemente dall’età anagrafica ma con almeno 36 anni di contributi:

Anni 1996-1998 1999-2003 2004-2005 2006 -2007 dal 2008 in poi
Limiti di età 36 37 38 39 40

2° Canale

La seconda modalità d’uscita, che si applica esclusivamente ai dipendenti pubblici, mantiene il vincolo anagrafico previsto nella 1° ipotesi del 1° canale, mentre, per quanto riguarda i requisiti contributivi, rimanda all’art. 8 del Dlgs 503/92.

 

Anni 1996-1997 1998-1999 2000-2001 2002-2003 2004-2005 2006 in poi
età anagrafica 52 53 54 55 56 57
anzian. contrib.   requisiti contributivi maturati ai sensi dell'art. 8 del Dlgs 503/92
In questo caso si applicano le penalizzazioni previste nell'art.11, comma 16 della legge 537/93 in relazioni agli anni mancanti al raggiungimento del requisito contributivo di 35 anni
anni mancanti 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
% riduzione 1% 3% 5% 7% 9% 11% 13% 15% 17% 20% 23% 26% 29% 32% 35%

Con successive circolari, si è precisato che nei confronti degli iscritti appartenenti a categorie che raggiungono il massimo della pensione con anzianità inferiori a 35 anni, le penalizzazioni operano rispetto agli anni mancanti a quel limite (30 anni). Dal momento che il Dlgs in esame, come vedremo, innalza progressivamente il limite di anzianità massima contributiva, va chiarito se le penalizzazioni seguiteranno ad operare sul limite dei 30 anni, oppure, di volta in volta, in riferimento ai nuovi limiti, fino al raggiungimento dei 35 anni.

3° Canale

Quest’ultima modalità d’uscita, anch’essa applicabile esclusivamente ai pubblici dipendenti, non implica vincoli anagrafici ma introduce nuovi requisiti contributivi in relazione all’anzianità maturata al 31.12.1995.

anzianità contributiva al 31.12.1995

da 19 al 21

da 22 a 25

da 26 a 29

anzianità contr.iva necessaria al pension.to

32

31

30

Anche in questo caso si applicano penalizzazioni, la cui misura è rapportata agli anni mancanti al raggiungimento del nuovo requisito contributivo di 37 anni.
anni mancanti 1 2 3 4 5 6 7
% di riduzione 1% 3% 5% 7% 9% 11% 13%

Come si è detto, il Dlgs 165/97, proprio nel rispetto delle peculiarità dei settori oggetto della delega, ha previsto una ulteriore modalità d’uscita anticipata (4° canale), senza penalizzazioni, a decorrere dall’ 1.1.1998. Fino a quella data continuano ad applicarsi le disposizioni previste nei rispettivi ordinamenti.

4° Canale

Dall’1.1.1998, il diritto alla pensione di anzianità si consegue, senza penalizzazioni, al raggiungimento dell’anzianità contributiva massima, prevista nei rispettivi ordinamenti, come modificata in ragione dell’aliquota annua di rendimento pari al 2%, e in corrispondenza della seguente età anagrafica:

Anni 1998-2000 2001-2003 2004-2006 dal 2007
età anagrafica 50 51 52 53

In merito all’aliquota annua di rendimento del 2%, va ricordato che la legge 724/94 (finanziaria ‘95) all’art. 17, comma 1, ne dispose l’estensione, a decorrere dall’1.1.1995, anche ai regimi pensionistici esclusivi, senza eccezione alcuna.

Anche se non derogati da questa disposizione, nei confronti dei soggetti destinatari della delega, in base ad una circolare interpretativa del Ministero del Tesoro, il trattamento pensionistico ha continuato, in questi anni, ad essere liquidato in base alla vecchia aliquota annua del 3,6%.

Infatti, come è noto, per raggiungere l’anzianità massima contributiva, sono richiesti ancora 30 anni di servizio, comprensivi degli aumenti figurativi derivanti dal computo dei servizi operativi e dei servizi prestati con percepimento di indennità di istituto.

In tal modo, si matura il rendimento massimo, pari all’80% della base pensionabile, in virtù di un sistema di calcolo che attribuisce, per i primi 20 anni di servizio utile, un rendimento del 44%, incrementato del 3,6% per ogni ulteriore anni di servizio, fino al raggiungimento del limite di 30 anni.

 

anni servizio 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
% rendimento 44 47,6 51,2 54,8 58,4 62 65,6 69,2 72,8 76,4 80

Questo sistema, come si è detto, seguiterà ad operare per tutto il 1997, consentendo di percepire la massima pensione di anzianità, con 30 di servizio utile, a prescindere dall’età anagrafica. Dall’1.1.1998 non sarà più così. Innanzitutto, per effetto dell’aliquota annua di rendimento del 2%, gli anni di servizio necessari al raggiungimento dell’anzianità massima contributiva non saranno più 30, ma aumenteranno gradualmente, fino a raggiungere a regime, nel 2015, il limite massimo di 38 anni. Inoltre, occorrerà possedere, insieme al requisito contributivo massimo, anche quello dell’età anagrafica, nei limiti sopra descritti.

Prima di vedere gli effetti di queste disposizioni sui soggetti con un’anzianità di servizio al 31.12.1997, inferiore a 30 anni, è il caso di occuparci di coloro il quali hanno maturato, o matureranno entro l’anno, la massima anzianità contributiva.

Fino al 31.12.1997, a costoro è garantita la possibilità di andare in pensione avvalendosi delle disposizioni previste nei rispettivi ordinamenti. Vale a dire, almeno 30 di servizio utile, senza alcun vincolo anagrafico, e senza decurtazione di sorta.

Dall’1.1.1998, pur in possesso dell’anzianità massima di servizio, potranno andare in pensione, senza penalizzazioni, a condizione abbiano maturato almeno 50 anni di età. In mancanza del requisito anagrafico, potranno ugualmente andare in pensione, ma in questo caso scatteranno le penalizzazioni in misura percentuale agli anni mancanti al limite contributivo di 37 anni (3° Canale). Infine, potranno ugualmente accedere al trattamento pensionistico, senza penalizzazioni, indipendentemente dal requisito anagrafico, purché abbiano maturato almeno 36 anni di servizio (2° ipotesi del 1° Canale).

Riassumendo, i soggetti in possesso, al 31.12.1997, dell’anzianità massima di servizio possono andare in pensione alle seguenti condizioni:

entro il 31.12.1997, in base alle vigenti disposizioni

dall’1.1.1998

  • senza penalizzazioni, con almeno 50 di età
  • con penalizzazioni, se non hanno 50 anni di età
  • senza penalizzazioni, se non hanno 50 anni di età, ma con almeno 36 anni di servizio

Per i soggetti, invece, con un’anzianità di servizio, al 31.12.1997, inferiore a 30 anni, il raggiungimento della massima anzianità contributiva non avverrà più nel limite dei 30 anni, ma richiederà una maggiore permanenza in servizio, la cui durata varierà a seconda dell’anzianità maturata al 31.12.1997.

Per fare un esempio, un soggetto con 29 anni di servizio al 31.12.1997 (rendimento maturato 76,4%), in base alla vecchia aliquota annua ( 3,6%), avrebbe raggiunto il rendimento massimo (80%) nel 1998.

Invece, per effetto dell’aliquota annua del 2%, il prossimo anno maturerà non già l’80%, bensì il 78,4%. Per raggiungere il rendimento massimo dovrà restare in servizio ulteriori 10 mesi (2*10/12=1,6).

Pertanto questo soggetto potrà andare in pensione di anzianità con il massimo di rendimento nel 1999, a condizione però abbia maturato almeno 50 anni di età. In assenza del requisito anagrafico, potrà ugualmente andare in pensione, ma in questo caso subirà le penalizzazione in relazione agli anni mancanti al requisito contributivo di 37 anni (3° canale d’uscita).

Nel prospetto che segue abbiamo riassunto i nuovi requisiti contributivi ed anagrafici necessari ai soggetti con un’anzianità di servizio, al 31.12.1997, inferiore a 30 anni, per acquisire il diritto alla pensione massima di anzianità.

Tabella esplicativa delle nuove anzianità richieste per raggiungere il rendimento massimo (80%) e per l’accesso alla pensione di anzianità

 

anni di servizio al 31.12.1997 rendimento maturato periodo mancante al raggiungimento 80% anni servizio richiesti anzianità richiesta arrotondata età anagrafica decorrenza diritto a pensione
29 76,4% 1 a. 10 m. (3,6%) 30 a.10 m. 31 50 1999
28 72,8% 3 a. 8 m. (7,3%) 31 a. 8 m. 32 51 2001
27 69,2% 5 a. 6 m. (10,9%) 32 a. 6 m. 33 51 2003
26 65,6% 7 a. 4 m. (14,6%) 33 a. 4 m. 33 52 2004
25 62% 9 a. 2 m. (18,3%) 34 a. 2 m. 34 52 2006
24 58,4% 11 a. (21,9%) 35 a. 35 53 2008
23 54,8% 12 a.10 m. (25,6%) 35 a.10 m. 36 53 2010
22 51,2% 14 a. 8 m. (29,3%) 36 a. 8 m. 37 53 2012
21 47,6% 16 a. 6 m. (32,9%) 37 a. 6 m. 38 53 2014
20 44% 18 a. 4 m. (36,6%) 38 a. 4 m. 38 53 2015

Naturalmente, per coloro che intendessero andare in pensione anticipatamente, senza il requisito della massima anzianità contributiva, valgono le disposizioni di carattere generale previste dalla legge di riforma sulle pensioni di anzianità (i 3 canali d’uscita).

Per completezza di esposizione, ricordiamo che gli artt. 9 e 10 riguardano il personale non contrattualizzato, i cui limiti di età, nella generalità dei casi, superano quello dei 65 anni.

Per questi soggetti, il decreto equipara a pensione di vecchiaia la cessazione dal servizio con 65 anni di età, ovvero 60 anni di età se donna. Proprio in ragione del più elevato limite di età per il collocamento a riposo di queste categorie, il decreto rinvia ad un successivo decreto interministeriale (Lavoro e Tesoro) la individuazione di coefficienti di trasformazione, integrativi di quelli indicati nella tabella A della legge 335/95, nel caso di cessazione dal servizio dopo i 67 anni di età.

 

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