FP CGIL NAZIONALE

Convegno " Le donne nella Polizia penitenziaria

LE DISPARI OPPORTUNITA’

 

CONVEGNO SULLE PARI OPPORTUNITA’

Intervento di ALESSANDRA GESTRO

 

Senza voler tediare con macchinosi discorsi idealistici, mi sembra, però, opportuno fare una generale premessa sul tema delle pari opportunità.

L’uguaglianza nei diritti ed opportunità è sancita non solo dalla nostra Costituzione all’art. 3, ma anche dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo agli art. 2 e 26 e questi sono documenti, ricordiamolo, risalenti a più di cinquanta anni fa e pare, a mio avviso, vergognoso ritrovarci ancor oggi a dover battagliare per la tutela degli stessi diritti. Molto è da imputare ad un ingombrante retaggio storico, parte integrante della cultura latina, che vede la donna creatura fragile ed insicura, pertanto incapace di sostenere un impegno gravoso e tantomeno una competizione alla pari con il " maschio ".

Ciò, e mi mortifica doverne prendere coscienza, oltre che affermarlo, porta ancora oggi alla strumentalizzazione della seduttività femminile per l’ottenimento di benefici, con i conseguenti possibili abusi. Come risolvere concretamente questa " atrofia del sistema " su modelli ancestrali?

Occorre, intanto, sensibilizzare attivamente l’opinione pubblica e spingere noi stesse all’autostima ed alla voglia di sfidare non solo gli altri, ma soprattutto gli inutili freni che ci derivano dal passato. Materialmente, invece, proponiamo l’introduzione di un Codice di Condotta che, all’interno degli istituti, disciplini ogni forma di pressione, ricatto o molestia, ricordando che la normativa attinente le sanzioni disciplinari della Polizia Penitenziaria, non annovera nessuna sanzione in materia di discriminazione di genere.

Inoltre, riconoscendo la delicatezza della materia trattata e la conseguente riluttanza nell’ammettere di essere oggetto di simili abusi, nonché la contraddizione di una eventuale denuncia all’Amministrazione di una molestia subita da un componente dell’Amministrazione stessa, proponiamo l’istituzione di un Consigliere di Fiducia, da individuarsi in un soggetto esterno all’Amministrazione, ma a conoscenza delle dinamiche della stessa, qualcuno che sappia dove, come, quando e quanto muoversi, ma, soprattutto, possa garantire un reale disinteresse, potendolo così identificare come un confidente a cui ricorrere con serenità.

Vogliamo possibilità eque di progressione professionale. Cito, ad esempio, l’art. 4 del D.Lg. 443/92 in cui si parla di svolgimento di compiti " in relazione alla professionalità posseduta ".

 

Con tale affermazione non si può, certamente, ravvisare una manifesta forma di discriminazione, bensì la possibilità per un’interpretazione talmente ampia da dare adito all’Amministrazione per applicazioni del tutto arbitrarie, così come avviene per la compilazione delle classifiche di fine anno, strutturate in voci che possono significare tutto ed il contrario di tutto, basate su parametri assolutamente non quantificabili. Inoltre, sempre per quanto concerne le classifiche, a nostro avviso, l’Amministrazione darebbe un segnale forte di sensibilità per il problema delle pari opportunità, se disciplinasse la loro compilazione con l’istituzione di un apposita commissione, composta in parti uguali da uomini e donne.

Continuando con una verifica della nostra normativa, vediamo che l’art. 6 della L. 395/90, al primo comma, esordisce con: " Il personale maschile e quello femminile del Corpo di Polizia Penitenziaria…", facendo spontaneamente sorgere una domanda: la donna è ancora da ritenersi una mera appendice di un corpo nato come maschile? Pare di sì, a livello sia ideologico che pratico. Vogliamo che rimanga tale? Pare, purtroppo, ancora di sì!

 

 

 

 

Abbiamo accennato precedentemente a quanto una mancata stima personale venga trasformata dall’Amministrazione in precedente per il discredito e come in tal modo venga fornito un appiglio per non proporre e non incentivare l’accesso femminile ad attività di comando e dirigenziali. Con l’entrata in vigore della L. 196/2000, e vado a citare l’art. 7, comma 5, dove si afferma: " in occasione di assunzioni, quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione professionale, tra candidati di sesso diverso, l’eventuale scelta del candidato di sesso maschile è accompagnata da una esplicita e adeguata motivazione", saremmo dovuti arrivare ad una svolta decisiva, ma la nostra Amministrazione, invece, restia persino all’avvio dei lavori per il Comitato per le Pari Opportunità, poi manifesta esplicitamente la propria arretratezza culturale con la riserva di legge per le donne nei concorsi per ruoli di concetto, ovvero per sovrintendenti ed ispettori.

Continuano a non essere affidati incarichi di responsabilità alle donne, un esempio per tutti è il fatto che non vi sia ( né vi sia mai stato ) un Comandante di Reparto donna in un istituto maschile. Come già sopra affermato, l’Amministrazione dovrebbe motivare la scelta di un uomo, invece in tali situazioni continua a sussistere una totale arbitrarietà.

A sostegno di quanto fin ora rivendicato, possiamo fare riferimento anche all’art. 1, comma 2, della L. 125/91, che propone un " riequilibrio della presenza femminile nelle attività e posizioni gerarchiche ove sussista un divario ". Non è sicuramente facile staccarsi dalle abitudini e dalle sorpassate ricerche di mercato, che registravano una maggioranza maschile interessata a dette tipologie di carriera, ma è necessario se ciò a cui si ambisce è il progresso. A tal fine si auspica anche l’incentivazione alla formazione, non dovendo continuare, per esempio, a penalizzare le madri di minori, ma offrendo loro l’equa possibilità di seguire corsi in sedi vicine ai luoghi di residenza, questo non solo formalmente attraverso l'esplicitazione di una norma, ma anche attraverso una razionalizzazione e pianificazione coerente da parte dell'Ufficio della Formazione, tenendo in considerazione, a livello sostanziale, quanto sopra evidenziato.

Non dimentichiamo che il " problema-donne", perché pare questo il modo in cui veniamo affrontate dall’Amministrazione, non è più procrastinabile. Nell’ultimo quinquennio la presenza femminile nel corpo è triplicata. Senza nulla voler togliere alle colleghe che, usando un gergo militaresco ( haime’!!), siamo solite chiamare " anziane" ( ovviamente riferendoci agli anni di servizio ), colleghe che possiedono un bagaglio di esperienze incommensurabile, non si può non riconoscere che di concerto con l’incremento numerico si è registrato anche un sensibile aumento qualitativo: giovani donne colte, consapevoli del proprio valore e ricettive , che non desiderano certo l’estemporanea ricomparsa di una società amazzonica ", ma pretendono semplicemente il puro riconoscimento del proprio valore sostanziale.

La L. 125/91 sulle pari opportunità ha aperto, finalmente, un varco verso la totale integrazione , ma la nostra Amministrazione, che ha aderito solo di recente al progetto, e sembra superfluo ricordare le vicende rocambolesche per poter arrivare alla formazione di un idoneo comitato nazionale per le pari opportunità, non cita assolutamente, nell’Accordo Quadro Nazionale, previsioni concrete di sostegno.

Discorsi filosofici sembrano rendere possibile l’utopico, ma sono i mezzi oggettivi e pratici, il sostegno finanziario, logistico ed organizzativo, a consentire l’edificazione materiale dell’intento.

L’uomo è stato fornito del dono della parola probabilmente anche per creare poliedriche illusioni, ma è al dono della ragione che si deve fare appello ed alla volontà e forza creativa propria della donna, per trasformare le mere illusioni in proficua realtà, anche perché la mancata adozione di un progetto, intendendo con questo anche tutti gli sforzi necessari per porre in essere le conseguenti previsioni, porta alla decadenza del beneficio.

E’ valsa la pena lottare per secoli se ancora oggi ci si lascia sopraffare? Pretendiamo di poterci dedicare alla nostra difesa ed affermazione utilizzando spazi, mezzi e strutture formalmente e sostanzialmente costituiti, e con ciò faccio riferimento anche al sostegno economico, senza dover fare sempre riferimento al sacrificio personale, inficiando ancora una volta gli spazi familiari, o comunque sottratti alla propria vita privata.

In conclusione, ricordiamo ai presenti che nella norma preferiremo la dicitura " donne e uomini appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria ", anziché l’asettica " agenti di Polizia Penitenziaria ", neutra ed impersonale.

Vorremmo che nella nostra Amministrazione la donna crescesse preservando e valorizzando la propria diversità, senza dover essere penalizzata per le proprie peculiarità. Nelle occupazioni tradizionalmente maschili la donna ha sempre teso a difendersi emulando l’uomo, con un risultato talvolta disastroso e , spesso, deludente e mortificante. Noi siamo diverse e diversamente affrontiamo i problemi ed offriamo le soluzioni.

Questa, ricordiamolo, è la nostra forza, non il nostro limite. Dovremmo smetterla di vivere come " rambo castrati "!!!

 

Roma, 9 aprile 2001