FP CGIL NAZIONALE

Convegno " Le donne nella Polizia penitenziaria "

LE DISPARI OPPORTUNITA’

 CONVEGNO SULLE PARI OPPORTUNITA’


Le donne nel Corpo di Polizia Penitenziaria

 

Il Corpo di Polizia Penitenziaria, a fronte di una presenza maschile superiore al 90% del totale, vede l’impegno di 3.140 lavoratrici. E’ utile ricordare come l’ammissione delle donne risalga alla fine degli anni Settanta e come, attualmente, siano particolarmente numerose tra gli Agenti e gli Agenti scelti (rispettivamente, in tali qualifiche sono collocate il 52% e il 27% delle lavoratrici del Corpo). Nel complesso, le lavoratrici in questione presentano livelli di istruzione nettamente più elevati rispetto ai loro colleghi: oltre il 70% è in possesso di un diploma di scuola media superiore (contro il 47% di uomini) ed è percentualmente maggiore anche il numero di laureate.

Le lavoratici intervistate

L’indagine di cui vengono presentati i primi risultati di sintesi ha coinvolto oltre il 10% delle dipendenti del Corpo. Nel 43% dei casi si tratta di lavoratrici impegnate nel Mezzogiorno e la maggior parte delle intervistate (il 59%) opera in istituti di dimensione medio-grande (fra 300 e 500 addetti). Forte la presenza di donne di età media: quasi la metà ha un’età compresa tra i 30 e i 45 anni e prevalgono lavoratrici con anzianità di servizio inferiore ai 10 anni.

Un’organizzazione ostile per le donne   

Il Corpo di Polizia penitenziaria, secondo quanto ci dicono le lavoratrici intervistate, presenta ancora numerosi ostacoli al pieno inserimento delle donne. Per la maggior parte di loro qualcosa sta cambiando ma resta ancora molto da fare per l’affermazione di una cultura di parità, per altre domina – senza che nulla e nessuno riesca a modificarla – una mentalità maschilista: nel complesso il 90% delle intervistate ritiene che il Corpo sia ancora ostile alla loro presenza.

A colpire è l’uniformità delle risposte critiche tra i diversi territori, le differenti classi di età e indipendentemente dalle dimensioni dell’istituto in cui si opera. A fare, sia pure parzialmente, la differenza è l’anzianità di servizio: tra le più "anziane" esiste la sensazione che la presenza di una cultura maschilista non sia mai venuta meno – o almeno nella misura in cui sarebbe stato necessario -; tra le più giovani – forse consapevoli che i cambiamenti in corso sono il frutto di un grande impegno delle donne che le hanno precedute – si riconosce che, se molto c’è ancora da fare, certamente qualcosa sta cambiando.

L’organizzazione, dunque, è tagliata sui modelli di vita maschile: nessuna cura per le esigenze di conciliabilità tra lavoro e vita familiare. A dirlo è quasi il 90% delle intervistate: per oltre il 60% è difficile conciliare famiglia e lavoro, per il 26% è semplicemente impossibile.

 

 

Disagio viene espresso dalle lavoratrici anche riguardo al riconoscimento delle loro capacità professionali. Una percentuale significativa (oltre la metà) ritiene che incarichi di responsabilità siano affidati in pari misura a uomini e donne, tuttavia sono ancora molte quelle che si sentono penalizzate nel percorso di carriera.

Non sono i rapporti con detenuti e detenute a costituire un problema. Oltre il 90% delle lavoratrici si sente "rispettata" esattamente come qualunque altro collega o anche più degli uomini. Come vedremo, il vero problema è rappresentato dai rapporti con i colleghi.

Solo la metà delle lavoratrici intervistate si sente pienamente accettata dai colleghi (uomini): il 45% ritiene infatti di essere meno considerata e una percentuale analoga viene ritenuta non adatta dagli uomini per compiti rischiosi.

Per svolgere attività difficili e pericolose: quasi l’85% si dichiara infatti disponibile ad impegnarsi nei "servizi a rischio".

Che il problema stia nel rapporto con i colleghi è messo drammaticamente in evidenza dalla grande quantità di donne che si dichiarano a conoscenza di molestie sessuali operate ai danni di loro colleghe.

E’ necessario aggiungere che tale fenomeno non è limitato a specifiche situazioni territoriali, né colpisce categorie particolari di lavoratrici. Le molestie sessuali sono segnalate infatti in tutte le realtà, sebbene sembrino più frequenti negli istituti del Nord Italia e in quelli di media dimensioni (tra i 100 e i 300 addetti) e siano denunciate soprattutto dalle donne che hanno fatto il loro ingresso nel Corpo di Polizia Penitenziaria da meno di 10 anni.

Nessun dubbio che comportamenti molesti e discriminazioni sul lavoro siano fenomeni congiunti: è il 75% delle donne ad affermarlo.

A tutto questo si deve rispondere e alcune soluzioni sono rappresentate dall’istituzione del Consigliere di fiducia (utile secondo il 69% delle intervistate) e dalla definizione di un codice di condotta (necessario per l’85% delle lavoratrici).