FP CGIL NAZIONALE

Convegno " Le donne nella Polizia penitenziaria "

LE DISPARI OPPORTUNITA’

 

CONVEGNO SULLE PARI OPPORTUNITA’

Intervento di FILOMENA CRISPINO

 

Mi chiamo Filomena Crispino, sono un Ispettore di Polizia Penitenziaria e presto servizio presso la Casa Circondariale di Bologna dal 1979.

Provengo dal ruolo delle ex vigilatrici e ho svolto alcune esperienze professionali nel campo della Formazione in qualità di tutor.Benché siano ormai trascorsi 1 1 anni dall'istituzione del Corpo di Polizia Penitenziaria, ritengo che sia ancora estremamente difficile per una donna, che pur riveste un ruolo superiore, svolgere il proprio mandato istituzionale nel contesto operativo di riferimento, il carcere: istituzione totale ancora imperniata di retaggi culturali prevalentemente maschili.Sono stata impiegata per quasi due anni, con altre colleghe nei reparti maschili con funzioni di Sorveglianza Generale e abbiamo svolto da sole, interi turni di servizio serale e notturni senza nemmeno l'ausilio di un Sovrintendente o Assistente con funzioni di Sorveglianza di Reparto.

Questo non è un particolare di poco conto perché molti colleghi non hanno accettato la nostra presenza all'interno dei reparti maschili in quanto, essendo la loro anzianità di servizio inferiore alla nostra, venivano preposti ad incarichi, a loro parere, meno "prestigiosi": Tuttavia eravamo "utili" allorché li sostituivamo nei turni più disagevoli o perché potessero fruire di ferie o altre assenze. La situazione non era certamente semplice da gestire ma sicuramente chi gestì il tutto, nel tempo, ha lasciato alimentare forti conflittualità piuttosto che mediare affinché tra il personale scaturisse chiarezza e collaborazione professionale. Più volte siamo state utilizzate per sopperire a quelle esigenze che prima ho rappresentato e, sempre con modalità scorrette, insomma al bisogno : non una motivazione, non un confronto professionale e operativo..... solo tanta amarezza, delegittimazione e discredito. La nostra immagine di donna che riveste un ruolo professionale gerarchicamente superiore, screditata doppiamente anche agli occhi dei personale subalterno. Attualmente infatti il paradosso: pur essendo superiori gerarchici dipendiamo funzionalmente da inferiori gerarchici e discriminandoci ci impongono un turno dalle ore 6 del mattino, turno che i nostri colleghi uomini non effettuano.

Non possiamo esercitare i compiti istituzionali demandati al ruolo che rivestiamo, quello di ispettore, svolgiamo meramente i compiti dei capo-posto nel reparto femminile nel quale siamo state riassegnate fino a relegarci, dopo essere state usate per svolgere funzioni di Sorveglianza generale e dell'istituto. Nessuno ci ha mai contestato rilievo disciplinare né un richiamo per qualche mancanza durante lo svolgimento delle funzioni di sorveglianza generale. Eppure 4 ispettrici su 7 sono state relegate al Reparto femminile. Numero spropositato in rapporto al numero delle detenute presenti, l'obiettivo era preciso "ísolamento" anche perché potevamo essere impiegate, equamente in altre aree operative, prevío affiancamento, consentendoci di ampliare le proprie conoscenze professionali, il confronto operativo e pari opportunità.

Non è facile spiegarvi come può essere complesso e pesante per una donna che riveste un ruolo superiore operare in un contesto totalmente maschile, che tende ad appiattire la tua invidualità, la tua diversità di donna, non consentendoti di ampliare la tua conoscenza professionale e negandoti opportunità.

Ti si sbatte in faccia il tuo trascorso dì vigilatrice, come un passato vergognoso fatto di "camice", come se il ruolo ti fosse stato regalato o ricevuto senza alcun merito, ma sicuramente il tuo ruolo vale meno di quello di un uomo. Sei donna e non devi emergere, perciò se rappresenti problemi e disfunzioni fai polemiche, se riesci nei compiti assegnati forse dai anche fastidio, oppure ti si accusa di avere una connotazione isterica o un brutto carattere se non ricalchi fedelmente le loro modalità. L'esperienza di lavoro svolta nei reparti maschili è stato un momento di forte crescita professionale e di forte riconoscimento e collaborazione da parte del personale subordinato, poiché dopo una iniziale diffidenza ci hanno accordato la loro fattiva fiducia.

Diverso è stato con i colleghi sottufficiali. Molti di loro ci hanno osteggiato e prevaricato anche grazie ad atteggiamenti di alcuni superiori che pur "usandoci" nella sorveglianza generale non ci hanno sostenute in quei frangenti in cui emergevano le conflittualità. Forse ha dato fastidio il nostro riscuotere stima e collaborazione da parte degli Agenti e di qualche raro collega che forse andrebbe clonato.

Di questa dura problematica l'Amministrazione Centrale dovrà tenerne conto : i veri e sostanziali cambiamenti, che non sono solo di facciata ma reali, avvengono attraverso la gestione ottimale delle risorse umane e i percorsi formativi professionali qualitativamente elevati, mirati alla crescita culturale, non intesa come acquisizioni di sterili nozioni ma di capacità relazionali e di comunicazione e di nuovi modelli operativi. Crescita che deve interessare anche la classe Dirigente perché si rinnovi nelle modalità gestionali. Personalmente sono stata oggetto di una mirata ed infinita serie di atti vessatori, delegittimanti e discriminanti di specie e di genere agli occhi del personale. Di tali atti ho ritenuto doveroso informare per iscritto, nel corso degli anni più volte, gli organi Superiori Centrali rivolgendomi anche al Comitato per le pari opportunità, ma ancora oggi, nonostante tutto, subisco ritorsioni. Infine, sono stata costretta a rivolgermi a due legali per tutelare i miei diritti e difendere la mia dignità di soggetto leso oltre che di donna, visto che alcune vessazioni perdurano ancora accompagnandosi a ritorsioni, neanche troppo velate, come un' ispezione in camera subita in mia assenza. Spesso le dinamiche di tali atti vessatori o di ritorsioni sono decorrenti nelle modalità e susseguono relazioni di servizio riferite a disfunzioni o lagnanze subite. Ritengo che l'esercizio del potere non abbia connotazioni maschili o femminili, ma debba essere da parte di un Superiore adoperarsi con quella autorevolezza nell'intervenire adeguatamente nelle diverse situazioni; autorevolezza che porta a far diventare il Superiore un punto di riferimento per il personale da cui riceve stima e fiducia per la correttezza dei suo porsi nei loro confronti e nell'applicazione delle norme . Se essere donna significa inadeguatezza, laddove non si rappresenti il potere del ruolo con un autoritarismo militarista, ormai anacronistico, che si adoperi alla vessazione del debole più che al rispetto della dignità del subordinato, allora... sono fiera di essere un ispettore -donna! Attualmente il non essermi allineata con la modalità che vige nell'istituto ove opero mi viene fatto pesare come un macigno. Se il credere con passione e per senso dei dovere che il futuro debba essere volto ad una crescita della informazione e formazione della professionalità del Personale ove anche il più piccolo si senta parte attiva dei sistema, mi sento fiera di essere donna!

Ma non è facile spiegarvi quanto questo , giorno dopo giorno da circa 4 anni, mi sia stato fatto pesare.

Né quanto violento sia stato il cercare di annientarmi come persona, tutto ciò cercando di allontanarmi dai

colleghi più vicini e a coloro che mi stimano, denigrandomi ai loro occhi, facendomi passare per esaltata o

bugiarda ed intimorendo velatamente chi mi era vicino.

Tutto ciò ha consentito ad emarginarmi e lasciarmi sola.

Sì, perché tutto ciò ti condanna ad una pesante solitudine che ti addolora enormemente dal punto di vista fisico, morale e psicologico: ti distrugge!!

Giunge a modificarti nel lavoro, nel doverti difendere continuamente, ti colpisce negli affetti laddove non vuoi esporre gli altri a causa tua, ma sicuramente non sei disposta a scendere a compromessi quando il prezzo è farti calpestare dai tuoi Superiori nella tua dignità ed individualità di persona, di donna.

Divengono un incubo ed una violenza senza fine soltanto perché cerchi di difenderti ma nessuno vuole ascoltarti!!

Roma, 9 aprile 2001