CGIL FP  CISL FPS GIUSTIZIA UIL PA SAG-UNSA

COMUNICATO UNITARIO

 

Stato d’agitazione nazionale del personale

 

           

Roma, 20 luglio 2005

 

Sen. Roberto CASTELLI

Ministro della Giustizia

 

Pres. Giovanni TINEBRA

Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria

 

On.le Luigi VITALI

Sottosegretario Ministero della Giustizia

 

On.le Giuseppe VALENTINO

Sottosegretario Ministero della Giustizia

 

On.le Jole SANTELLI

Sottosegretario Ministero della Giustizia

 

 Sig. Ministro,

 

con la presente le Segreterie nazionali di CGIL – CISL - UIL e  SAG-UNSA  penitenziari la informano che unitariamente hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione nazionale di tutto il personale impiegato negli istituti e servizi dell’Amministrazione penitenziaria.

          È stata inoltre indetta, per il prossimo 20 settembre, una manifestazione nazionale dei lavoratori del settore a Roma, con contestuale conferenza stampa, per protestare contro il grave stato di decadimento del sistema penitenziario italiano, l’inadeguatezza dei metodi e delle scelte politico-amministrative attuate dal Governo e dalla dirigenza del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nei confronti del sistema carcere e degli operatori penitenziari.

         La consistente riduzione degli investimenti sul carcere, i forti tagli apportati sui capitoli di spesa del DAP, anche del personale (mancata retribuzione delle missioni), il robusto drenaggio apportato alle risorse economiche previste per l’assistenza sanitaria in carcere, il gravissimo sovraffollamento patito dalle strutture penitenziarie – ormai oltre 60.000 detenuti ospitati (30% extra comunitari), di cui almeno 20.000 tossicodipendenti, 8.600 affetti da epatite virale cronica, circa 8.000 sieropositivi per HIV e 6.500 disturbati mentali, 29 suicidi dall’inizio dell’anno (52 nel 2004), circa 1.100 tentativi di suicidio sventati dal 2004 con 4.850 episodi di autolesionismo, evasioni compiute per lo più da detenuti extra comunitari, nella stragrande maggioranza dei casi profittando del malfunzionamento dei sistemi antintrusione e allarme, rimasti senza manutenzione per la conclamata indisponibilità di fondi, la grande carenza di personale, l’assenza di interventi di sostegno al sistema, il metodico contenimento delle potenzialità di ogni singolo settore lavorativo, rendono il senso di una politica penitenziaria evidentemente inadeguata.

In tale contesto, inoltre, le discutibili scelte politiche e amministrative operate nei confronti dei lavoratori, quelle realizzate in tema di sicurezza sociale, hanno prodotto e produrranno, se il Parlamento licenzierà il disegno di legge ex Cirielli, ulteriore sovraffollamento.

Prevedere infatti, a giudizio di CGIL - CISL - UIL e  SAG-UNSA, l’esclusione dall’accesso ai benefici alla detenzione per tutti i soggetti recidivi, significherà trattenere “tutti dentro”. Circa l’80% dei detenuti e degli arrestati oggi in Italia risultano essere recidivi.

Un provvedimento che produrrà, a nostro avviso, danni ingentissimi..

         Un’involuzione pericolosa del sistema, che risente dell’abbandono delle istituzioni e che inevitabilmente concorso a far saltare tutte le priorità, azzerato i processi evolutivi e condotto l’Amministrazione penitenziaria in una profonda crisi economica e strutturale, avvilendo e svuotando d’ogni dignità le capacità professionali dei lavoratori impiegati nel carcere e nei servizi operativi.

 Il forte rallentamento del processo riformatore, unito all’incapacità di programmare il ricorso programmato alle assunzioni del personale necessario,sta dando vita a modelli contrattuali temporali (ragionieri e educatori a tempo determinato) che, previsti nell’emergenza, rischiano di diventare regola. Ciò, invero, potrebbe lasciare spazio ad un’idea sbagliata:  la strada della precarizzazione del rapporto di lavoro, o peggio, della privatizzazione e/o dell’esternalizzazione di taluni servizi penitenziari.

 Quanto questa idea sia sbagliata, lo dimostra il fatto che proprio nei giorni scorsi CGIL - CISL - UIL e  SAG-UNSA, dopo la manifestazione tenutasi avanti Palazzo Chigi,  hanno raggiunto una base d’intesa con il Governo per la stabilizzazione del rapporto di impiego dei lavoratori precari della Pubblica Amministrazione. Tra questi, i lavoratori a tempo determinato della Giustizia Minorile (ex LSU), per i quali l’impegno della S.V. dovrà essere quello della stabilizzazione.

La scelta di non valorizzare, consapevolmente e scientificamente, a giudizio delle scriventi, il sistema delle relazioni sindacali, ci preoccupa perché dimostra che c’è chi non vuole riconoscere il ruolo che le rappresentanze dei lavoratori storicamente hanno sempre esercitato nell’amministrazione che oggi pare, infatti, interpretare i rapporti non solo contro l’idea di sindacato, inteso come soggetto attivo in un sistema di democrazia partecipata, ma finanche contro gli stessi lavoratori.

 L’aumento insostenibile ed esponenziale dei carichi di lavoro individuali, l’assenza dei mezzi e degli strumenti necessari all’espletamento del servizio, l’indisponente e aprioristico rifiuto alla revisione degli organici del personale di entrambi i Comparti contrattuali hanno prodotto, come logica conseguenza, una devastazione del lavoro nel carcere.  

Una condizione critica, che rischia seriamente di esplodere nei prossimi mesi.

L’approssimarsi del periodo estivo e del caldo opprimente, infatti, come ogni anno, renderà davvero difficile la vita delle persone recluse e dei pochi operatori disponibili nei sovraffollati istituti penitenziari italiani.

          Per far fronte all’emergenza carcere, e provare a riportare la vita delle persone ristrette e dei lavoratori del settore ad una minima condizione di decenza, occorre tra l’altro almeno ridefinire, a giudizio di CGIL – CISL - UIL e  SAG-UNSA, in maniera condivisa, la soglia di tollerabilità delle carceri, non certo modificando il livello di recettività delle strutture, ma con un programma edilizio a breve termine.

 Nel quadro dellemergenza determinata dal sovraffollamento, CGIL - CISL- UIL e  SAG-UNSA  ritengono quanto meno opportuno il ricorso a provvedimenti di clemenza, quali l’amnistia e/o l’indulto 

Provvedimenti che possono rappresentare una prima  iniziale risposta per approntare con serietà - in un quadro più complessivo di riforma del sistema penitenziario italiano, che necessita di interventi strutturali non più rinviabili, mirati anche a favorire la  rideterminazione e l’adeguamento degli organici del personale penitenziario - un piano di sviluppo dell’Esecuzione penale interna ed esterna.

      Lavoro, diritti e democrazia sono i principi che hanno sempre informato e ispirato le attività di CGIL – CISL  UIL e  SAG-UNSA, e non è solo il nostro modo di essere sindacato confederale che li qualifica maggiormente, ma anche e soprattutto il fatto che mai come oggi, nel Ministero della Giustizia e nel Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, c’è bisogno di riaffermare concretamente questi valori per noi davvero irrinunciabili.

         Troppo frequentemente, infatti, la politica dimentica che alle semplici enunciazioni di principio devono poi necessariamente seguire i fatti.

 L’attuale situazione è grave, drammatica, ed esige l’impegno concreto del Governo e del Ministro della Giustizia per favorire l’individuazione di soluzioni appropriate e condivise, capaci di offrire risposte agli annosi problemi posti dall’emergenza, non  da oggi, e da CGIL – CISL- UIL e SAG-UNSA sul tema del lavoro nel carcere.

          Su quest’ultimo argomento, il DAP, e in particolare l’attuale direzione generale del personale, ha chiaramente palesato tutti i limiti di una gestione assolutamente sconfortante, inadeguata, dal punto di vista della risposta istituzionale, della programmazione e della realizzazione condivisa degli interventi sostenibili, ma anche dell’incapacità di proporre misure omogenee e funzionali alle esigenze dell’Amministrazione e dei lavoratori, portatori di diritti oltre che di doveri.

Prova ne è la nota recentemente diffusa dalla  direzione generale del personale del 21 giugno u. s., avente per oggetto  “rilevamento situazione mobilità del personale di Polizia penitenziaria”, sulla quale appare finanche superfluo commentarne i contenuti, visto che ancora una volta, trova conferma il pessimo giudizio che dell’attività di quella direzione generale CGIL – CISL - UIL e  SAG-UNSA  hanno ormai da tempo ricavato.

Come può, infatti, la direzione generale del personale di un dipartimento della P.A., quale esso sia, disconoscere, perché di questo evidentemente si tratta, l’esatta collocazione del proprio personale posto in mobilità? E nel frattempo, però, quei lavoratori che da anni attendono di essere trasferiti, compresi quelli che usufruendo della legge 104/92 sarebbero già dovuti essere trasferiti, restano inopinatamente bloccati nelle proprie sedi!

          In definitiva, trattasi di un dirigenza lontana dalle esigenze e dalle aspettative dei lavoratori, completamente avulsa dalla realtà, assolutamente refrattaria a dedicarsi concretamente, e con l’attenzione necessaria, ai gravi problemi evidenziati dalle articolazioni periferiche dell’amministrazione penitenziaria, colpevolmente sorda, inoltre, ai richiami ed alle grida d’allarme che quotidianamente lanciano le rappresentanze sindacali del personale penitenziario, anche attraverso i media. Una interpretazione davvero singolare del concetto di decentramento amministrativo.

         Grida dallarme che, per quanto riguarda la gestione del personale femminile del Corpo di polizia penitenziaria, avrebbero attirato finanche l’attenzione di una statua di pietra, ma che invece non trovano ascolto aggravando, giorno dopo giorno, lo stato di sofferenza ed esasperazione delle lavoratrici che operano negli istituti e nelle sezioni detentive.

         Oltre un terzo accertato del personale presente risulta impiegato, infatti, fuori dagli istituti e dalle sezioni per donne, violando il principio delle pari opportunità. Non quello riferito all’impiego in tutti i servizi in cui non si opera a diretto contatto con i detenuti uomini, ma quello che dovrebbe consentire a tutte, proprio tutte, le donne del Corpo di polizia penitenziaria di avere carichi di lavoro accettabili, pieno riconoscimento dei diritti normativi e contrattuali.

 Siamo invece all’assurdo, che in taluni istituti o sezioni femminili debbano essere gli uomini a prestare servizio, surrogando le colleghe assenti, senza che questo metta in apprensione i vertici della direzione generale del personale e del Dipartimento tutto, è inammissibile.

          Il grave stato di crisi palesato dall’Amministrazione penitenziaria ha costretto, nel frattempo, le rappresentanze regionali di CGIL, CISL,UIL e  SAG-UNSA  di almeno sette regioni – Sicilia, Sardegna, Lazio, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Veneto - talvolta anche insieme ad altre OO.SS., causa del perdurare dell’assenza di concreti provvedimenti anche da parte del Dipartimento e, nello specifico, della direzione generale del personale, ad accendere vertenze per le forti inadempienze  

Inutile girarci intorno: siamo alla paralisi!

Sono circa quattro anni che CGIL – CISL - UIL e  SAG-UNSA   sollevano, invano, questioni che richiedono soluzioni, anche avanzando proposte, regolarmente mai prese in considerazione, ai numerosissimi problemi che, forse anche per incapacità, non sono mai stati affrontati seriamente, ma che continuano, però, a condizionare fortemente l’accesso ai diritti dei lavoratori, rischiando di alimentare tensione e disagio.

Tra queste:

Ø      L’apertura del tavolo di confronto sugli organici

Ø      Il completamento dei percorsi riqualificazione, ovvero i passaggi di area, gli esami e le assunzioni del personale del Comparto ministeri;

Ø      Le gravissime problematiche concernenti l’esecuzione penale, interna ed esterna;

Ø      L’apertura della discussione sul GOM, più volte richiesta e mai ottenuta;

Ø      L’applicazione della legge 104/92;

Ø      Il passaggio nel ruolo amministrativo del personale di Polizia penitenziaria giudicato inabile al servizio nel Corpo;

Ø      L’avvio della discussione su un protocollo d’intesa sulla formazione, eluso fin dal 2002;

Ø      L’apertura del confronto sul recupero del personale di Polizia penitenziaria impiegato in compiti amministrativo-contabili;

Ø      La ripresa del confronto per la definizione del FUA 2005;

Ø      L’avvio della discussione sui risultati conseguiti con la sperimentazione del nuovo modello organizzativo del servizio traduzioni e piantonamenti;

Ø      Il ripristino delle normali attività del Comitato per le Pari Opportunità, inopinatamente bloccate da più di un anno;

Ø      La stabilizzazione, peraltro già ottenuta dagli altri Corpi di Polizia, dei circa 500 agenti ausiliari della Polizia penitenziaria che presto torneranno a casa;

Ø      Un intervento forte e deciso sul Governo, teso a:

riequilibrare la sperequazione esistente, giuridica ed economica, tra gli ispettori       della Polizia penitenziaria e quelli della Polizia di Stato;

a salvaguardare gli interessi del personale di Polizia penitenziaria, unica forza di      polizia uscita, dal punto di vista economico, fortemente penalizzata dagli ultimi      Contratti nazionali di lavoro.

          Un approfondimento a parte merita la gestione dei servizi “centrali”  GOM ed UCIS, che incidono in maniera ormai inaccettabile sulla disponibilità di risorse umane negli istituti.

Soprattutto il GOM sta via via mutando “pelle” assorbendo nuovi servizi in aggiunta a quelli previsti dal DM istitutivo dell’ormai lontano 1999.

In un quadro di crisi profonda, quale quella che si registra negli istituti penitenziari italiani, è sempre più difficile accettare che alle esigenze del GOM si faccia fronte con provvedimenti provvisori, che di fatto sembrano avere elevato da 700 unità, previste, a 1200 il numero del personale impiegato, mentre alcune sezioni detentive – Parma, CCF Rebibbia Roma - sono ancora affidate al personale degli istituti ove sono ubicate.

 Anche su questo tema il confronto avviato sembra essersi arenato, mentre si definisce un quadro di scelta del personale, sia pure provvisorio, di provenienza territoriale diversa, ovvero soprattutto proveniente da quei Provveditorati che stando al D.M. del 2001 risultano essere in esubero di personale, violando il principio di pari opportunità tra il personale del Corpo.

         Per ultimo, certo non per importanza, la questione relativa al distacco di alcuni vice commissari della Polizia penitenziaria presso il DAP, e altri uffici centrali.

 Più volte in sede di confronto sull’argomento CGIL - CISL- UIL e  SAG-UNSA , hanno chiesto di definire limpiego dei Commissari e dei Vice commissari del ruolo speciale che non fosse limitato all’assegnazione nei soli istituti penitenziari.

         In quelle occasioni, autorevoli esponenti del DAP, dichiararono la propria contrarietà alle richieste avanzate dalle OO.SS..

   Oggi, senza alcun criterio condiviso, lo stesso Dipartimento “scopre” la necessità di avvalersi dei funzionari del Corpo nelle strutture centrali

         L’ennesima dimostrazione di un sistema di relazioni sindacali irrazionale e l’assenza di un progetto complessivo che, per l’assegnazione dei commissari, ha determinato l’assegnazione addirittura a NTP di dimensioni ridotte, e per contro, ha lasciato privi di commissari istituti di assoluta rilevanza strategica, per detenuti ristretti e personale impiegato..

 Più volte abbiamo invano segnalato la necessità di affrontare compiutamente i risvolti legati all’ingresso in ruolo dei commissari, sia del ruolo ordinario che speciale, e la sorte dei comandanti degli istituti interessati.

         CGIL - CISL- UIL e  SAG-UNSAquindi, per quanto sopra rappresentato reputano che la grave situazione esistente sia anche, se non soprattutto, dovuta alle inadempienze amministrative poste in essere dalla direzione generale del personale, in palese inosservanza del disposto di cui all’art.16 decreto Leg.vo 165/2001.

 In tale ambito, inoltre, va contestualmente richiamata, ad avviso delle scriventi, anche la responsabilità del vertice del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, che ha evidentemente sottostimato la gravità dell’attuale situazione e la crisi di gestione della predetta direzione generale del personale.

 Le scriventi OO.SS., pertanto, in considerazione anche di quanto previsto dal 2° comma dell’art.16 del suddetto decreto, Le chiedono di porre in essere ogni utile iniziativa tesa al ripristino della corretta gestione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

         Ciò al fine di favorire, nei fatti, un proficuo sistema di relazioni sindacali finalizzato all’individuazione di soluzioni appropriate e condivise da ricercare in una modalità di confronto accentuata e scevra da condizionamenti e inutili pregiudizi di parte.

         Diversamente, è appena il caso di accennarlo, seguiranno ulteriori azioni di lotta.

        

Cordiali saluti.

 

FP CGIL FPS CISL Penitenziario UILPA Penitenziari Sag-Unsa
F. Quinti/La Monica M.Mammucari M.Tesei Martinelli