LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

  

Roma 16 giugno 2003 

 

Signor Ministro della Giustizia,

 

il sistema penitenziario già da anni attraversato da profondi malesseri, arretratezze e contraddittorie tendenze della politiche della giustizia e della sicurezza, vive ora anche un forte impoverimento delle politiche per il lavoro, per l’organizzazione delle strutture e per le risorse professionali ed economiche  indispensabili ad assicurare il funzionamento dei servizi.

 

PERSONALE,  LAVORO  E PROFESSIONALITA’

 

Gli organici del personale di direzione, d’intervento sociale ed educativo, di amministrazione e di gestione finanziaria degli Istituti penitenziari e dei servizi sociali hanno carenze medie del 30% con situazioni drammatiche in molte aree del  paese dove direttori, educatori, contabili, assistenti sociali sono costretti a coprire più incarichi in sede diverse,  con una mobilità continua e logorante.

 

I processi di riqualificazione professionale del personale avrebbero dovuto costituire l’investimento per una revisione dei modelli organizzativi e lavorativi,  improntati ad un coordinato coinvolgimento di tutti gli operatori nella progettazione degli interventi e dei servizi,  con forti sinergie con le istituzioni locali e con la società civile.

 Una visione superficiale e formalistica sta producendo, invece, solo una gerarchizzazione dei ruoli, una parcellizzazione delle funzioni, una burocratizzazione dei compiti.

 

Il confronto sindacale e le procedure negoziali si tengono distanti dalle  questioni più qualificanti che attengono al sistema dei diritti e delle tutele del personale, alla condizione lavorativa, alla organizzazione dei servizi e delle strutture in cui operano concretamente Direttori penitenziari, Agenti della Polizia penitenziaria, Operatori professionali sanitari,  socio-educativi, amministrativi e tecnici.

 

RISORSE FINANZIARIE

 

Il progressivo drenaggio delle risorse finanziarie devolute al settore sta riducendo interventi e servizi ad una gestione minimalista che  priva delle condizioni essenziali   la   qualità già misera della vita in carcere.

 

I servizi sanitari sono messi in crisi; i beni e le forniture per il mantenimento, l’assistenza, le attività lavorative, formative e scolastiche per i  detenuti sono assolutamente al di sotto del minimo necessario, i centri di servizio sociale sono minacciati di sfratto dalle loro sedi, i rimborsi spese e le indennità accessorie di servizio al personale sono pagate con grande ritardo.

 

Il livello di indebitamento dell’Amministrazione verso fornitori e verso i propri dipendenti è valutato in oltre 100 milioni di euro,  pari ai tagli che le ultime manovre finanziarie e gli altri  interventi di riduzione delle spese hanno imposto al settore penitenziario.

 

            L’ORGANIZZAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE

 

Le linee per l’ammodernamento e per la riorganizzazione dell’amministrazione, tracciate negli scorsi anni,  si sono appannate ed hanno subito arretramenti vistosi.

 

Il decentramento realizzato è di profilo burocratico anziché progettuale.

 

I livelli di autonomia e di responsabilizzazione della direzione centrale e decentrata non sono stati riconosciuti e messi in grado di operare.

 

I posti di dirigente, destinati alla direzione degli istituti penitenziari, dei servizi sociali, agli uffici dipartimentali ed ai Provveditorati regionali sono ancora scoperti al 95%.

 

 Questo ha impedito di riarticolare  i livelli di autonomia tecnico-professionale dell’azione amministrativa, degli interventi socio-riabilitativi, dell’assistenza sanitaria e delle funzioni di sicurezza degli istituti penitenziari.

 

Si è favorita una competizione fra le diverse componenti del sistema alle quale viene accreditata una virtuale, quanto subalterna rappresentanza di un mandato istituzionale, immiserito di cultura e di valore professionale.

 

Alternativamente, hanno assunto centralità la dimensione custodiale o la funzione direttiva di una categoria separata che fagocita ogni livello di responsabilità, relegando a funzioni di supporto o di mera competenza tecnica ogni altra componente professionale.

 

Una tendenza preoccupante di precarizzazione delle funzioni e delle professionalità che si manifesta anche nella scelta di sopperire alle più macroscopiche carenze delle piante organiche degli istituti penitenziari con assunzioni a tempo determinato che il Ministero sta predisponendo

 

Il sistema delle professioni penitenziarie può operare solo in una prospettiva di integrazione organica e di valorizzazione di tutte le competenze che possono concorrere a creare le  condizioni e le opportunità per dare all'esecuzione penale le finalità previste dall’ordinamento.

 

Deve essere ancora risolto il problema dell’accesso alla dirigenza per chi già ora esercita negli istituti penitenziari, nei servizi sociali, ai diversi livelli dell’amministrazione centrale e decentrata funzioni di responsabilità di questo tipo,; si devono accelerare e semplificare  le procedure che hanno causato i ritardi finora accumulati.

 

Così come devono  riprendere concretezza le politiche più qualificanti degli ultimi anni, che dovevano coinvolgere l’Amministrazione penitenziaria in un rapporto sinergico con le Regioni e gli enti locali, con il Servizio Sanitario nazionale, con il mondo dell’imprenditoria e delle cooperative e con il  volontariato.

 

La mancata attuazione della riforma della sanità in carcere (D.Lgs. 230/1999), le scarse forme di coordinamento nel sistema integrato dei servizi sociali sul territorio, da prevedersi con i piani di zona e con gli accordi di programma fra le Amministrazioni statali e locali (L.328/2000) le carenti opportunità di lavoro e di formazione professionale per i detenuti (D.P.R.230/2000 e L. 193/2000) stanno relegando il sistema penitenziario ad una prospettiva chiusa e inadeguata alle esigenze di cura e tutela della salute delle persone detenute, alle effettive opportunità di riabilitazione individuale e di reinserimento sociale.

 

Signor Ministro,

 

Fra qualche giorno si svolgerà la Festa nazionale del Corpo di Polizia penitenziaria e Lei, come da cerimoniale, interverrà personalmente con un  discorso alle donne ed agli uomini di questa Amministrazione.

 

Ci permettiamo di offrire, signor Ministro alcuni  elementi di riflessione utili, a nostro giudizio, per un intervento che possa essere considerato, da quelle donne e uomini che l’ascolteranno,  diversamente da come fin qui hanno percepito la sua azione di governo.

 

Ammetta un significativo ritardo  nell’attuazione del Suo programma verificando, punto per punto, lo stato di attuazione dei suoi progetti e  provi a rinnovare il patto che la lega ai lavoratori che Lei amministra.  Sarebbe un segno di responsabilità  apprezzato.

 

 Eviti altre promesse irrealizzabili, come quelle delle scorso anno, ma soprattutto  eviti dichiarazioni d’intenti astratte e prive di collegamento con le reali  politiche del governo.

 

Non dica, che l’obiettivo primario dell’istituzione carceraria è quello di rieducare e reinserire nel tessuto sociale i cittadini reclusi; non lo dica dopo aver permesso in due anni continui ed ormai insostenibili riduzioni di risorse per  questi programmi e senza aver intrapreso  iniziative per garantire interventi normativi e strutturali in questa direzione;

 

Non un educatore, né un assistente sociale è stato assunto durante i due anni del suo governo, né una giornata di formazione professionale è stata spesa per rafforzare la presenza e la qualità dell’azione della Polizia penitenziaria all’interno delle attività di osservazione e trattamento.

 

Non dica, come lo scorso anno, che il Corpo di Polizia penitenziaria è più attrezzato e moderno e che i suoi uomini, oggi, sono meglio retribuiti di ieri; non lo dica dopo aver passivamente accettato decurtazioni di risorse proprio per questi aspetti.

 

 Non ci parli della sua “frenetica attività tesa a migliorare le condizioni strutturali del carcere e di chi ci vive”; non lo dica perché è sotto gli occhi di tutti il declino di ogni progettualità  e di ogni politica attiva.

 

Crediamo  che gli uomini ed le donne della Polizia penitenziaria e dell’intera istituzione penitenziaria  abbiano chiara consapevolezza dello stato di salute dell’istituzione per la quale quotidianamente lavorano  e preferirebbero il silenzio ad un discorso lontano dai loro bisogni, dalla propria condizione di vita e di lavoro e dalle gratificazioni professionali  attese  nel giorno della celebrazione della loro festa. 

 

Distinti saluti.

 

                                                        Fabrizio Rossetti

                                                                                       Responsabile Nazionale Fp Cgil

                                                                                              Settore penitenziario