CAMERA DEI DEPUTATI N. 5025

Disciplina del sostegno alle responsabilita` familiari

Presentata il 24 maggio 2004

 

Relazione

 

La presente proposta di legge intende promuovere un forte sostegno alle responsabilita` familiari e ai compiti di cura dei genitori. Parlando di responsabilita` familiari si intende dedicare attenzione, contemporaneamente, ai nuclei familiari e alle persone che li compongono, donne e uomini, sulla base della certificazione anagrafica.

Tutti lamentano la bassa natalita` in Italia, ma nessuno dice che le donne e gli uomini di questo Paese non riescono ad avere i figli che desiderano. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il 63 per cento delle donne vorrebbe due figli, il 28 per cento ne vorrebbe tre, e solo il 9 per cento vuole davvero fermarsi ad un figlio. Nei fatti, invece, ogni coppia ha in media solo un figlio perche´ enormi ostacoli si frappongono al desiderio di maternita` e di paternita` . Per consentire a ciascuno di avere i figli che desidera, abbiamo presentato la seguente proposta di legge, una vera « amica di famiglia », che aiuti a superare gli ostacoli nell’organizzazione della vita quotidiana, nel lavoro, nell’utilizzo delle risorse.

Farsi una famiglia e mandarla avanti e` un’impresa molto difficile. Vogliamo mettere in campo una politica che sia amica delle famiglie, che le accompagni e le sostenga nei loro compiti di cura quotidiana, che ribalti la tradizionale piramide per la quale la famiglia non e` mai prima nella agenda politica, ma ultima e trascurata. Con questa proposta di legge intendiamo « rovesciare la piramide » della politica italiana, ponendo la famiglia all’apice dell’attenzione, come grande priorita` del governo del Paese. Da « cenerentola», oggetto di qualche sporadico provvedimento di un sottosegretario di Stato, chiediamo che diventi il cuore dell’azione di governo, il « parametro » della politica economica e sociale. Perche´ dalla vita delle famiglie dipendono il benessere delle persone, l’equita` sociale, la solidarieta` fra generazioni. Al bonus o all’assegno vogliamo sostituire un « menu` » che preveda: buona e piena occupazione, scuola e sanita` efficienti, una rete integrata di servizi, sostegni al reddito e un fisco equo.

Gli aspetti cruciali di una politica a sostegno delle famiglie.

Nel nostro Paese ci sono piu` vecchi che bambini e ragazzi.

La quota di popolazione con eta` superiore ai 65 anni passera` dall’attuale 18 per cento al 28 per cento nel 2030 e al 34 per cento nel 2050. Mentre il tasso di fecondita` e` all’1,25 per cento.

Nel nostro Paese la spesa sociale destinata alla maternita` e alla famiglia e` del 3,7 per cento, mentre la media europea e` dell’8,5 per cento. Per colmare questo divario si dovrebbe sostenere un onere aggiuntivo di 13 miliardi di euro (25.000 miliardi di vecchie lire).

Cio` a fronte di un elevato costo dei figli. Non e` possibile quantificare il costo del mantenimento, della cura e dell’educazione dei figli in tutti i suoi aspetti. Anche il semplice costo economico sfugge a una valutazione di validita` generale: troppo diverse sono le istituzioni familiari.

Per farsi un’idea si possono tenere presenti le analisi effettuate nel Convegno internazionale di Bologna del 1996, dedicato all’esame del costo dei figli. Le ipotesi piu` attendibili formulate in quel Convegno prevedono che il mantenimento di un figlio comporti un costo della seguente dimensione media: 485 euro mensili per un bambino fino a 6 anni; 710 euro mensili per un ragazzo oltre i 6 anni.

Secondo studi effettuati da diversi economisti, il costo di un figlio e` pari a un aumento del 25 per cento del reddito familiare. All’arrivo del secondo e del terzo figlio si riduce la compensazione di reddito ulteriormente necessario alla famiglia: nel caso del secondo figlio le stime vanno da + 17 per cento a + 30 per cento e per il terzo figlio da + 18 per cento a + 35 per cento.

Nel nostro Paese c’e` un’asimmetria tra donne e uomini nella cura dei figli e nel lavoro familiare che, nonostante i passi in avanti confermati dall’utilizzo del congedo parentale (legge n. 53 del 2000), sembra poco scalfita. Secondo i dati ISTAT del 2002 il 50,4 per cento delle donne con bambini piccoli (sotto i cinque anni) lavora 60 o piu` ore alla settimana. Tale numero di ore e` condiviso solo dal 21,7 per cento dei padri.

Un grande numero di donne abbandona il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Il 20,1 per cento delle madri occupate al momento della gravidanza ha smesso di lavorare dopo la nascita del figlio. Per diversi motivi. Nel 69 per cento dei casi si sono licenziate, nel 23,9 per cento dei casi il contratto era scaduto, nel 6,9 per cento dei casi dichiarano di essere state licenziate.

In Italia una donna che lavora riesce ad avere un figlio, ma non riesce ad averne due o tre.

Nel 2001 il tasso di attivita` femminile tra le donne senza figli e` del 65,9 per cento, tra le donne con figli scende al 54,4 per cento.

Una interessante ricerca condotta dall’ISTAT e dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro sulle « neo mamme non lavoratrici » (2003) mette in risalto che e` piu` alta la fecondita` delle madri non occupate. Hanno due figli donne che hanno svolto almeno un’attivita` nel corso della vita e che al momento del secondo figlio non lavorano. Tra le occupate le primipare raggiungono il 57 per cento. Tra le donne che al secondo figlio hanno smesso di lavorare, il 70 per cento lo ha fatto per la necessita` di scegliere tra lavoro e famiglia. Di esse il 62 per cento vorrebbe tornare a lavorare. Tra le mamme che non hanno mai lavorato, il 65 per cento lo ha fatto per dedicarsi ai figli, il 25 per cento perche´ non ha trovato lavoro o non sa a chi lasciare il figlio.

Gli asili nido in Italia sono 3.800 e 732 sono i servizi integrativi, che, nell’insieme, riescono a coprire la popolazione da 0-2 anni di eta` pari solo al 7,4 per cento.

Ci sono molte persone, soprattutto anziane, non autosufficienti che richiedono una continuita` di cura e assistenza, svolta quasi per intero dalla rete familiare.

Gli anziani non autosufficienti, secondo fonti dell’allora Ministero della sanita` , sono stati nel 2000 1.967.000 e sono destinati a diventare 4.493.114 nel 2030, 4.932.164 nel 2050.

L’assistenza agli anziani non autosufficienti e` stimata in 3,883 miliardi di euro per quanto riguarda la componente di spesa pubblica (0,36 per cento del prodotto interno lordo - PIL) e 2,457 miliardi di euro per la componente privata di spesa (0,23 per cento del PIL). Inoltre, le famiglie offrono aiuti in casa agli anziani non autosufficienti il cui valore economico e` stimato in 4,841 miliardi di euro.

Analizzando il sistema di aiuto cui possono fare ricorso famiglie con seri problemi di assistenza perche´ hanno un componente con disabilita` o con fragilita` grave, il 63 per cento di queste famiglie conta sulle forze proprie. Solo nel 43 per cento dei casi, quando il bisogno e` piu` impegnativo, le famiglie ricevono un aiuto esterno che proviene in modo massiccio dalla rete familiare.

Oltre l’80 per cento dell’aiuto, in caso di bisogno grave, proviene dalla rete familiare, di residenza e allargata.

Nel nostro Paese c’e` un elevato costo dei figli che incide in modo rilevante sui redditi familiari. La riprova e` data dalla constatazione che la forma di poverta` piu` consistente, e anche piu` tenace, e` rappresentata dalla poverta` che colpisce le famiglie con molti figli.

Vi sono due tipi di costo dei figli: quello derivante dal fatto che i figli consumano beni e servizi e quello derivante dal fatto che i figli consumano tempo.

Per ridurre il costo dei figli bisogna incidere sull’accessibilita` ai servizi, sul fisco e prevedere interventi monetari mirati.

I giovani restano presso i genitori molto a lungo e con fatica costruiscono una loro famiglia. I giovani italiani vivono la « sindrome del rinvio »: rinviano l’ingresso nel lavoro, rinviano l’uscita dalla famiglia di origine, rinviano la formazione di una nuova famiglia. Tante volte questi « rinvii » si traducono nella « rinuncia » ad avere i figli che si desiderano.

Le politiche familiari nei Governi de L’Ulivo.

I Governi de L’Ulivo avevano avviato una politica per la famiglia che aveva perseguito i seguenti obiettivi: sostenere la maternita` e la paternita` ; promuovere i diritti dell’infanzia; sostenere il costo economico dei figli; favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; sostenere le famiglie piu` povere e con fragilita`.

Puntammo su un mix di strumenti:assegni monetari, detrazioni fiscali, rete dei servizi, congedi parentali.

Tale politica stanzio` nel quinquennio 21.000 miliardi di vecchie lire.

I provvedimenti piu` significativi sono stati:

Governo Prodi:

a) legge n. 285 del 1997, recante « Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunita` per l’infanzia e l’adolescenza»;

b) aumento degli assegni al nucleo familiare e aumento delle detrazioni fiscali per figli e familiari a carico;

c) istituzione dell’assegno di maternita` per le donne prive di copertura previdenziale;

d) istituzione in via sperimentale del reddito minimo di inserimento;

e) leggi a favore delle persone disabili;

f) legge n. 53 del 2000, recante « Disposizioni per il sostegno della maternita` e della paternita` , per il diritto alla cura ed alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citta` »;

g) legge n. 328 del 2000, recante « Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ».

Provvedimenti nelle politiche sociali e familiari dei Governi de L’Ulivo.

Interventi fiscali.

Nella seconda meta` degli anni novanta, si e` proceduto, nell’ambito della piu` complessiva riforma fiscale del centrosinistra, a una revisione delle aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) combinata con piu` generose detrazioni per i carichi familiari e per alcuni tipi di spese e a una razionalizzazione del prelievo sugli immobili con piu` consistenti detrazioni IRPEF per la casa in affitto e per la prima casa e la possibilita` per i comuni di ampliare il differenziale dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) a favore della casa di abitazione:

a) riduzione del numero delle aliquote e ampliamento degli scaglioni di reddito;

b) aumento e articolazione delle detrazioni per lavoro dipendente e autonomo, per redditi da pensione e per carichi familiari; queste ultime sono cresciute dal 1996 al 2000 di 5.800 miliardi di lire, arrivando in totale a circa 13.000 miliardi (stime Commissione di indagine sull’esclusione sociale), e sono stati ulteriormente aumentate con la legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000);

c) introduzione di forme di deduzione per servizi di assistenza;

d) ampliamento della deduzione IRPEF per la casa di abitazione e, in fine, sua totale esenzione (con effetti distributivi assai discutibili!);

e) introduzione di una detrazione per i canoni di locazione;

f) introduzione di una deducibilita` parziale delle spese per il recupero edilizio;

g) aumento da parte dei comuni delle detrazioni ICI per la prima casa;

h) agevolazioni dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) per la prima casa e per gli interventi di manutenzione;

i) forti riduzioni nell’imposta sulle successioni e donazioni.

Interventi sociali.

a) aumenti delle pensioni sociali e delle pensioni minime;

b) aumenti degli assegni familiari (con la previsione, con riferimento a questi ultimi, di un progressivo passaggio del loro finanziamento alla fiscalita` generale); lerisorse destinate a questo istituto sono cresciute di circa 3.000 miliardi di lire tra il 1996 e il 2000 (stime Commissione di indagine sull’esclusione sociale);

c) costituzione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISE);

d) introduzione dell’assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori e con ISE pro-capite inferiore a 13 milioni e 170 mila lire annue (l’assegno e` stato pari nel 2001 a 13 mensilita` dell’importo di 208 mila lire);

e) introduzione dell’assegno di maternita` per le donne prive di copertura previdenziale e con l’ISE pro-capite inferiore a 25 milioni e 549 mila lire annue (l’assegno e` stato pari nel 2001 a 500 mila lire mensili per cinque mensilita`);

f) sperimentazione in 39 comuni (e dal 2001 nei comuni appartenenti alla relativa area di patto territoriale) del Reddito minimo di inserimento (RMI) destinato a persone il cui reddito mensile pro-capite e` inferiore a 520 mila lire e il cui ammontare e` pari alla differenza tra questa soglia e il reddito effettivo (nel computo di quest’ultimo il reddito da lavoro entra al 75 per cento);

g) fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo destinata ad alunni della scuola dell’obbligo il cui nucleo familiare abbia un reddito annuo inferiore a 30 milioni di lire (non quindi in base all’ISE);

h) contributo per il pagamento di canoni di locazione non superiore a 6 milioni di lire l’anno e riservato a nuclei familiari con reddito annuo imponibile non superiore a due pensioni minime dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e incidenza del canone sul reddito non inferiore al 14 per cento;

i) congedi parentali che rendono piu` flessibile la gestione dell’astensione obbligatoria per la madre lavoratrice e allargano la possibilita` di astensione facoltativa per il padre.

Un progetto alternativo a quello del centrodestra.

Vogliamo prenderci cura della vita delle famiglie italiane. Esse sono una priorita` della nostra agenda politica.

La famiglia non e` una bandiera da sventolare gli uni contro gli altri per convenienze politiche. Le famiglie sono luoghi di costruzione di legami sociali, di assunzione di responsabilita` tra generazioni, di formazione e di crescita delle persone. Hanno bisogno di politiche concrete e non di scontri ideologici. Hanno bisogno di attenzione, di rispetto e non di una cinica e strumentale speculazione populista.

Con il Governo Berlusconi siamo tornati al « familismo amorale », quello che blandisce le famiglie, carica su di loro molte responsabilita` , ma non riconosce diritti e risorse. Per il nostro Governo non esistono famiglie normali ma solo famiglie giganti capaci di assumersi tanti onori e oneri da espletare in perfetta solitudine.

Famiglie riverite, ma che meritano, per il nostro Governo, solo il luccichio di qualche spot pubblicitario.

La previsione – contenuta nel decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, collegato alla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) – di un bonus bimbo, per il secondo figlio, di 1.000 euro, erogato a prescindere dal reddito alle donne italiane e comunitarie, ma non a quelle extracomunitarie (escluse, queste ultime, perche´ fanno gia` molti figli), e` un concentrato di cinismo, di valori regressivi, di inefficacia. Per il Governo, i bambini che meritano aiuto sono solo quelli nati dal 10 dicembre 2003 e fino al 31 dicembre 2004. E così, apprendiamo dall’ISTAT che beneficeranno di questo provvedimento, e dello sgravio del 36 per cento sulle ristrutturazioni edilizie, poco piu` di un milione di famiglie (su oltre 21 milioni di famiglie italiane), con un guadagno medio di 415 euro. In tal modo non contano i padri, le madri, i bambini; non contano l’equita` e l’efficacia redistributiva.

Conta solo il messaggio simbolico, il valore del nascere. Un valore deturpato, perche´ non accompagnato da una presa in carico reale del bambino che nasce, ma dall’illusione del potere magico di un misero incentivo economico. Vengono monetizzati, a basso costo, il desiderio di maternita` e la fatica di crescere un figlio.

Che si tratti di questo, del presupposto potere miracolistico dell’incentivo monetario per fare figli, e non del sostegno ai figli che nascono, lo conferma la cinica e disumana esclusione delle donne extracomunitarie con la motivazione che tanto gia` mettono al mondo molti figli. Stabilendo così che ci sono maternita` e figli piu` dignitosi di altre e di altri. Denunciamo la miseria e la disumanita` contenute in questo messaggio culturale. Ne denunciamo anche l’inefficacia e il cattivo uso delle risorse che arreca.

Sappiamo bene quanto siano rilevanti i costi che una coppia deve affrontare quando nascono dei figli. Per questo, con i Governi de L’Ulivo, avevamo promosso un sostegno universalistico alla maternita`.

Le coppie, le famiglie hanno bisogno non del regalo della cicogna, che fa sempre piacere, ma di una vera, seppure graduale, e coerente politica della famiglia.

Abbiamo detto graduale, perche´ sappiamo che le risorse sono scarse. Anche se le risorse sono frutto di scelte politiche. E il nostro Paese deve compierla in modo energico visto che esso dedica alle famiglie il 3,7 per cento della spesa sociale contro l’8,5 per cento della spesa europea. Proprio a fronte di risorse scarse, non si capisce perche´ una famiglia benestante debba avere lo stesso sostegno di una coppia di operai o di impiegati. L’intensita` di un valore – i figli – si esprime tanto piu` guardando agli effetti che essa sortisce.

Una redistribuzione iniqua e` un effetto perverso che offusca quel valore medesimo.

Vale la pena ricordare la frase di don Milani « parti eguali tra diseguali ». Le famiglie sono le piu` colpite dal declino economico e dal processo di impoverimento del nostro Paese. I dati ISTAT sulla poverta` relativi al 2003, che vedono l’aumento di 1 punto della poverta` assoluta e relativa al nord, segnalano che la vulnerabilita` sociale colpisce le zone di maggior benessere. Tante famiglie normali, tante persone fanno fatica a fare quadrare i conti del bilancio familiare a fronte dell’aumento del costo della vita e della perdita del potere di acquisto di salari e stipendi.

C’e` un legame tra declino economico e impoverimento del nostro Paese che porta con se´ l’aumento delle disuguaglianze.

Questo legame risiede in una politica economica che affida la crescita e la competitivita` del Paese alla semplice riduzione dei costi, del costo del lavoro innanzitutto, alle sanatorie, alle misure una tantum e alla crescita dell’evasione fiscale. Meno burocrazia, meno vincoli, meno tasse, meno welfare: questa e` la ricetta del centrodestra che sta dimostrando il suo fallimento.

Una politica per le famiglie non e` settoriale ma e` data dalla convergenza della politica fiscale, del lavoro, dell’istruzione, della salute, dei servizi sociali.

Mettere le famiglie al centro delle politiche del welfare significa scegliere indirizzi e priorita` delle politiche sociali. Significa scegliere politiche sociali orientate al sostegno della normalita` e della quotidianita` della vita delle persone; che valorizzino i legami e le relazioni tra le persone; che promuovano il sostegno alle capacita` delle persone. Una politica sociale che, in modo particolare, metta al centro la solidarieta` tra le generazioni.

Cio` comporta anzitutto la promozione di uno sviluppo economico che punti sulla valorizzazione del fattore umano attraverso buone politiche pubbliche che diventino così motore della crescita economica e non solo strumento per ottenere interventi redistributivi. Il problema e` aumentare la spesa sociale e rivedere la sua composizione. Il Patto di reciprocita` tra le generazioni e tra nativi e migranti e` la cifra vera non solo del welfare ma della societa` che dobbiamo costruire. E` la vera sfida di una politica riformista.

Patto di reciprocita` che sintetizziamo così: noi adulti, figlie e figli di una generazione che ha avuto molto e che ha potuto contare sulle conquiste dei nostri padri e delle nostre madri, dobbiamo essere consapevoli che la nostra qualita` della vita dipende dalla qualita` della vita dei nostri figli e dei nostri vecchi e dalla convivenza tra nativi e migranti.

Investire per loro significa investire per noi. Per la sostenibilita` sociale, per il futuro. Noi siamo disponibili a fare la nostra parte. Che vuol dire concretamente: a fronte di un assegno universalistico per i figli, di una indennita` di disoccupazione decente, di una scuola adeguata, di una rete di servizi socio-educativi per l’infanzia, di un adeguato finanziamento della sanita` pubblica, di un fondo per aiutare le persone non autosufficienti, saremmo anche disponibili a lavorare piu` a lungo.

L’opposto della politica del Governo, che rompe questa solidarieta` o, meglio, costruisce una solidarieta` tra perdenti: i bambini totalmente dimenticati; i giovani con un po’ di lavoro precario e il futuro di una pensione da fame; le famiglie stressate dal sovraccarico di responsabilita` ; gli anziani abbandonati.

Perche´, dei presunti risparmi prodotti dalla controriforma della previdenza, non c’e` traccia di destinazione per un welfare delle famiglie, dei bambini, dei giovani, degli anziani non autosufficienti.

Le famiglie non sono soggetti passivi delle politiche sociali. Questo riconoscimento e` gia` avvenuto nella nostra legislazione.

Si tratta dell’articolo 16 della legge n. 328 del 2000, che costituisce il punto piu` compiuto e alto di riconoscimento della soggettivita` delle famiglie, della loro insostituibile funzione nella promozione del benessere e della coesione sociali, oltre che nella formazione e nella cura delle persone.

Le famiglie sono giacimenti di saperi, di competenze, di risorse morali e affettive.

Questi giacimenti devono essere esplorati, riconosciuti e valorizzati nella loro capacita` di promuovere il benessere delle persone.

Per questo le politiche pubbliche devono offrire servizi e prestazioni alle famiglie, e promuovere un loro ruolo attivo nel soddisfacimento dei bisogni, nella promozione del benessere delle persone e della comunita`.

Mettere al centro i saperi e le relazioni delle famiglie significa mettere al centro la costituzione di un welfare che non si limiti a offrire prestazioni e servizi, ma promuova obiettivi di benessere. Un welfare che guardi non tanto alla sanita` ma alla salute, non tanto alla scuola quanto al sapere, non tanto all’assistenza quanto alla qualita` della vita di relazione.

Impostare il discorso in termini di stati di benessere piuttosto che di beni e di servizi e` importante anche perche´ consente di osservare che questi, per essere efficaci, devono convertirsi in quelli. I servizi devono convertirsi e promuovere stati di benessere. Tale processo di conversione e` molto affidato alle capacita` di utilizzo da parte delle persone delle opportunita` che sono a loro disposizione e alla capacita` di trasformare opportunita` e risorse in stati di benessere e in progetti di vita.

Pertanto la promozione del benessere deve valorizzare le capacita` delle persone e mobilitare le risorse dei destinatari. Per questo vanno sviluppate le attitudini del « mettersi in proprio » e del « prendersi cura ». Della imprenditivita` individuale e dell’apertura all’altro.

Le famiglie sono pertanto attori cruciali nella costruzione di un nuovo paradigma del welfare: quello del sostegno alle capacita`.

Inoltre, investire sulle responsabilita` familiari, sui diritti dei soggetti che le compongono, in particolare sulle donne e sui bambini, e` una condizione fondamentale per prevenire e contrastare le disuguaglianze sociali.

Ricordiamo, a questo proposito, i dati in costante crescita sulla poverta` minorile nel nostro Paese. Per contrastare la poverta`

minorile e combattere le disuguaglianze bisogna incidere sul peso dell’eredita` sociale e rendere indipendenti le potenzialita` di successo della vita dai privilegi sociali ereditari. Occorre sostenere le capacita` cognitive dei bambini nelle prime fasi della loro vita. Per fare questo bisogna attivare una doppia strategia: promuovere misure contro la poverta` minorile e rendere omogenei gli stimoli cognitivi ricevuti dai bambini in eta` scolare. Cio` comporta forti investimenti nella cura dei bambini, soprattutto attraverso il sostegno del lavoro delle madri e lo sviluppo di servizi socioeducativi per i bambini da 0 a 6 anni di eta`.

La promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza costituisce un punto di vista cruciale per riformare le politiche sociali e per realizzare una crescita economica capace di coniugare competitivita` ed equita` . Ricordiamo le proposte elaborate dalla Consulta « Gianni Rodari » nel corso della 1a Conferenza nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

I fondamenti e gli strumenti per una politica a sostegno delle famiglie.

Quali, allora, i fondamenti di una politica di sostegno alle famiglie che non presenti i rischi di vincolare le liberta` individuali e di creare forme di dipendenza obbligate, ma insieme incoraggi e sostenga assunzione di responsabilita` e di legami entro le famiglie e fra le generazioni?

Tali fondamenti risiedono:

a) nella riaffermazione della titolarita` dei diritti dei singoli; non si puo` indebolire tale titolarita` a favore dei diritti di gruppo, a partire dai diritti delle bambine e dei bambini;

b) nell’aumentare i gradi di liberta` degli individui e delle famiglie ampliando le opzioni, ma anche le risorse per farle valere, inclusa l’opzione di avere figli o di accudire familiari non autosufficienti senza per questo dover pagare prezzi troppo alti o irreversibili;

c) nel riconoscimento e nel sostegno del valore sociale della responsabilita` che ciascuno assume liberamente nei confronti di chi non e` ancora o non e` piu` autonomo, innanzitutto il valore delle responsabilita` tra generazioni.

E ancora:

a) nel coniugarsi della mutualita` , della solidarieta` e del lavoro di cura, soprattutto per quanto riguarda le donne, con i diritti di pari opportunita`;

b) nelle soluzioni al problema del tempo e della sua diversa distribuzione.

Quanto agli strumenti, continuiamo a pensare che solo un mix (fatto di servizi alle persone, interventi fiscali, trasferimenti monetari, insieme alla piena e buona occupazione, in particolare femminile, e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare) possa garantire un reale sostegno alle responsabilita` familiari. C’e` una peculiarita` italiana, la cui soluzione e` dirimente per avere i figli desiderati e dunque per un’efficace politica familiare: la difficile conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare.

Fare pace tra lavoro e famiglia: questa e` la scommessa che insieme, lavoratrici e lavoratori, imprese, sindacati, enti locali e governo devono vincere.

La pace tra lavoro e famiglia consente stili di vita piu` umani basati sulla mescolanza tra lavoro, cura, tempo per la famiglia, tempo per se´. La pace tra lavoro e famiglia e` anche un’opportunita` per le imprese perche´ consente loro di incrementare la produttivita` del lavoro valorizzando le risorse umane. Costruire un patto tra esigenze delle persone ed esigenze delle imprese puo` essere utile anche a queste ultime perche´ costruisce un clima collaborativi e incide sull’assenteismo, sulle malattie, sul turn-over.

Perche´ una legge e non solo un pacchetto di provvedimenti concreti a sostegno delle responsabilita` familiari?

Per proporre un messaggio culturale forte: ci prendiamo cura della vita quotidiana delle famiglie. Perche´ siamo consapevoli di quanto siano importanti i legami familiari nella formazione delle persone e nella promozione del loro benessere.

Perche´ siamo consapevoli che investire sulle famiglie significa costruire un welfare del futuro.

Ci muoviamo in continuita` con le politiche avviate durante i Governi de L’Ulivo.

Quelle politiche si sono basate su un nucleo di valori condivisi: i diritti soggettivi; l’equita` tra le generazioni; la parita` tra i sessi e le pari responsabilita` nei confronti dei figli e dei compiti di cura; il valore della maternita` e della paternita`; la promozione della stabilita` dei legami familiari; il superamento di ogni forma di discriminazione.

Abbiamo operato una distinzione tra definizione giuridica della famiglia e ruolo delle politiche sociali. Della prima non e` stata messa in discussione la previsione contenuta nella Costituzione e nel diritto di famiglia. Ricordiamo pero` che non si puo` fare riferimento solo all’articolo 29 della Costituzione, ma si deve guardare anche all’articolo 30 che riconosce che ci sono rapporti familiari che non rientrano tra quelli « legittimi » e che tuttavia vanno socialmente riconosciuti e protetti. Si tratta dei rapporti di filiazione. Abbiamo interpretato le politiche sociali come politiche di cittadinanza, di inclusione, di sostegno ai legami sociali. Pertanto, esse si riferiscono a tutti i legami familiari e hanno come riferimento le famiglie anagrafiche.

Ci siamo posti come obiettivo il superamento di quel familismo amorale che attribuisce alle famiglie un sovraccarico di responsabilita` senza prevedere sostegni e interventi; per sostenere la solidarieta` dei legami e promuovere le liberta` delle persone.

Abbiamo assunto come riferimento valoriale e pratico il superamento della contrapposizione tra liberta` e famiglia. Se ogni individuo e` portatore di relazioni e di legami familiari una politica tesa a sostenere la liberta` non puo` ignorare quei legami specie se danno luogo a responsabilita` . D’altra parte se si guarda alla famiglia occorre mettere a fuoco i vari soggetti che la compongono e cogliere le molteplicita` di legami e delle interdipendenze entro la rete parentale che fanno la ricchezza della vita affettiva e che costituiscono una risorsa nella vita quotidiana di molti.

Non a caso, ogni misura che aiuti le donne e gli uomini a conciliare le responsabilita` di cura e la partecipazione nel mercato del lavoro e` una politica di ampliamento delle liberta` per gli individui e una politica per le famiglie. Ogni misura che offre ai bambini e agli adolescenti opportunita` educative e di esperienze e` insieme una politica a sostegno delle liberta` individuali e una politica per le famiglie nella misura in cui ne accompagna e ne integra i compiti di cura.

Sentiamo la necessita` di arricchire queste nostre proposte. E vogliamo farlo non solo nel confronto con le forze politiche, ma soprattutto, con gli attori sociali.

L’arricchimento che ci prefiggiamo si propone due obiettivi:

1) implementare le leggi gia` vigenti e prevedere nuovi strumenti e opportunita` a sostegno delle responsabilita` familiari;

2) superare ogni forma di discriminazione esistente in materia di diritti sociali e civili nei confronti delle convivenze al di fuori dal matrimonio.

I contenuti della proposta di legge.

A) L’introduzione del parametro famiglia, gli indicatori di benessere/malessere delle famiglie e il Piano di azione nazionale per la promozione e il sostegno finanziario delle responsabilita` familiari; la rete dei servizi e i livelli essenziali di assistenza.

La promozione e il sostegno delle famiglie non possono essere fatti sporadici e non possono essere affidati solo a leggi settoriali. Essi, per diventare effettivi, concreti e significativi devono orientare l’insieme delle scelte di politica economica, sociale, sanitaria, culturale, ambientale, di uso del territorio e della mobilita` . Devono vincolare e orientare risorse in tutti i settori della politica economica e sociale.

Per questo proponiamo l’introduzione del « parametro famiglia » definito dagli indicatori di benessere/malessere delle famiglie e l’obbligo del Governo di presentare, in concomitanza della sessione di bilancio, il Piano di azione nazionale per la promozione e il sostegno finanziario delle responsabilita` familiari. Si tratta di uno strumento di programmazione e di indirizzo che individua, di volta in volta, nell’ambito delle competenze dei singoli Ministri, le misure, i provvedimenti e le risorse che rendano attuativi quegli indirizzi medesimi. L’obiettivo del Piano di azione e` quello di qualificare gli interventi a sostegno delle famiglie, riconoscendo una priorita` alla rete integrata di servizi, di aumentare le risorse a suo favore per allineare la nostra spesa sociale per le famiglie con la media europea. La proposta di definire gli indicatori di benessere/malessere sociale prende come riferimento le scelte operate in sede europea. Si puo` fare riferimento al Rapporto Indicators for social inclusion in the European Union (Atkinson ed altri, 2001) preparato durante la Presidenza belga del Parlamento europeo con la finalita` di definire una guida per la costruzione di una piattaforma di indicatori sociali da impiegare per controllare e valutare le situazioni dei Paesi membri e le loro risposte alla politica sociale dell’Unione.

A seguito del mandato del Consiglio europeo di Lisbona – per gli Stati membri e la Commissione delle Comunita` europee – il lavoro si e` sviluppato nel Comitato per la protezione sociale che ha avuto un primo mandato per elaborare entro il 2003 indicatori nel campo della poverta` e dell’esclusione sociale (Relazione sugli indicatori nel campo della poverta` e dell’esclusione sociale, 2001).

Prendendo a spunto questa rilevante innovazione in atto in sede europea, proponiamo di definire indicatori per:

a) monitorare il grado di benessere/malessere delle famiglie e migliorare la comprensione dei fenomeni che inducono gli stati di benessere/malessere nelle famiglie;

b) valutare non solo la realizzazione di prestazioni e di servizi, ma anche e soprattutto i risultati (gli esiti sulla persona), gli impatti (gli esiti piu` generali raggiunti rispetto la qualita` sociale del territorio) delle politiche rivolte alle famiglie (in altri termini, sono privilegiati gli indicatori che si riferiscono agli esiti sociali, anziche´ ai mezzi utilizzati per conseguirli).

Gli indicatori dovranno rilevare condizioni di benessere/malessere legati sia a fattori personali dei componenti le famiglie, sia a fattori socio-ambientali.

Fattori personali/individuali:

1) livello di istruzione;

2) stato occupazionale degli individui;

3) la famiglia e il carico di « cura » per ogni componente;

4) la situazione abitativa;

5) lo stato di salute;

6) le risorse economiche (individuali e familiari);

7) i consumi.

Fattori socio-ambientali:

1) la qualita` dei servizi (sociali, sanitari, di avvio al lavoro, formativi, abitativi, di mobilita`);

2) la qualita` della vita:

il traffico;

l’inquinamento;

la sicurezza;

le aree verdi;

la fruibilita` del patrimonio artistico;

l’utilizzo del tempo libero;

il senso civico, la cittadinanza attiva;

la relazione e l’espressione multiculturale;

la solidarieta` sociale.

Principi metodologici per definire gli indicatori:

a) l’indicatore dovra` avere un’interpretazione normativa chiara e accettata;

b) l’indicatore dovra` essere omologato dal punto di vista statistico;

c) l’indicatore dovra` essere misurabile in modo sufficientemente paragonabile in tutte le regioni e comparabile con le norme applicate a livello nazionale;

d) l’indicatore dovra` essere tempestivo e soggetto a revisione;

e) il gruppo di indicatori dovra` essere il piu` possibile trasparente e accessibile per i cittadini italiani.

Gli indicatori dovranno essere condivisi dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997 e dai soggetti della governance previsti dall’articolo 1, commi 4 e 6, della legge n. 328 del 2000.

La priorita` della legge e` la realizzazione della rete integrata dei servizi e delle prestazioni sociali alle persone e alle famiglie.

Oggi esiste, pertanto, l’esigenza di applicare pienamente la legge quadro n. 328 del 2000 « per un sistema integrato di interventi e di partecipazione ».

Al titolo V della parte seconda della Costituzione, l’articolo 117, secondo comma, afferma che « Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...)

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ».

I livelli essenziali degli interventi e dei servizi sociali sono garantiti per:

a) disegnare e realizzare nuovi scenari adeguatamente strutturati, volti a garantire un’equa distribuzione delle possibilita` e l’effettivo esercizio dei diritti di cittadinanza;

b) affermare una nuova generazione di diritti in grado di investire sulle liberta` di ciascuno nonche´ di sostenere l’assunzione di compiti e di responsabilita`.

I livelli essenziali delle politiche sociali – previsti all’articolo 22 della legge n. 328 e dal Piano sociale nazionale 2001-2003 – perseguono obiettivi di benessere sociale, tutelano e promuovono il diritto a star bene di ogni individuo, ovvero:

1) a sviluppare e a conservare le proprie capacita` fisiche;

2) a svolgere una soddisfacente vita di relazione;

3) a riconoscere e a coltivare le risorse personali;

4) a essere membri attivi della societa`;

5) ad affrontare positivamente le responsabilita` quotidiane.

I diritti esigibili con i livelli essenziali, rispetto ai compiti e alle responsabilita` svolti dalle famiglie, dovranno garantire a ogni persona l’accesso ad una rete di sostegno e di « cura » integrata, monitorata per qualita` e per risultati.

Secondo quanto previsto all’articolo 22, comma 4, della legge n. 328 del 2000, i livelli essenziali garantiscono in ogni ambito territoriale i seguenti diritti:

1) diritto all’informazione;

2) diritto alla valutazione del caso individuale/familiare;

3) diritto alla definizione di un percorso personalizzato condiviso;

4) diritto all’accompagnamento nel percorso stabilito;

5) diritto a prestazioni e a servizi personalizzati per le diverse componenti di cura, di assistenza e di sostegno personale e familiare.

I punti nevralgici che competono alla responsabilita` del pubblico:

1) l’accesso ai servizi e` presidiato dal pubblico, per garantire equita` e prestazioni appropriate;

2) nei servizi di informazione il pubblico, con la Carta dei servizi, e` garante della qualita` dei servizi forniti dal sistema integrato pubblico-privato;

3) nella valutazione multidimensionale e nella predisposizione del progetto personalizzato, il pubblico garantisce la presenza di competenze professionali interdisciplinari, in grado di procedere a un esame delle risorse attivabili, proprie delle persone, delle famiglie, sociali e pubbliche;

4) per l’erogazione di prestazioni e di servizi da parte dei privati, al pubblico sono demandate le funzioni di autorizzazione e di accreditamento (articolo 11 della legge n. 328 del 2000, associazioni intercomunali, enti locali e terzo settore) per garantire il controllo e la valutazione della qualita` dei servizi e dei risultati raggiunti;

5) nel sistema integrato di interventi e di servizi sociali, al pubblico e` assegnato il compito di determinare la partecipazione al costo dei servizi da parte dell’utente sulla base delle condizioni economico-reddituali.

Lo Stato, sulla base delle indicazioni contenute nel Piano sociale nazionale 2000-2003, provvede al cofinanziamento dei livelli essenziali.

La domanda di diritti e` inestricabilmente correlata alla domanda di democrazia: i cittadini, le famiglie vogliono condividere le decisioni che li riguardano e incidere su di esse.

Nella costruzione del sistema integrato dei servizi le famiglie partecipano da protagoniste alla progettazione e alla realizzazione dei servizi.

Si afferma così un nuovo rapporto tra la rete dei servizi alla persona e tutto quello che in termini di relazione e di risorse reali esiste dal lato dei destinatari (i cittadini utenti, le famiglie).

Niente a che fare con il « Welfare fai da te » a cui si richiama il Governo di centrodestra.

Si tratta, invece, di individuare risorse nascoste della societa` , che sono possedute e impiegate direttamente dalle persone e dalle famiglie nei processi di riproduzione sociale (competenze, tempo, energie) e di integrarle con i servizi garantiti dal pubblico per conseguire risultati in termini di qualita` e di efficacia.

Una peculiare forma di « cittadinanza attiva dalla parte della domanda » che non si limiti a richiedere il rispetto dei diritti di cittadinanza, bensi che sia posta in condizioni di interagire secondo la regola del « decidere e fare insieme ».

B) La conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare.

A partire dal capo II della proposta di legge, sono indicate le linee di intervento in materia di sostegno delle responsabilita` familiari e del lavoro di cura che riguardano, in particolare, la conciliazione tra vita familiare (e personale) e vita professionale.

La scelta di intervenire sul tema si fonda sulle indicazioni comunitarie che chiedono di incrementare l’occupazione femminile e di garantire strumenti di conciliazione tra vita familiare e vita professionale, fino ad adottare la prospettiva della redistribuzione dei ruoli. Questo non significa dimenticare che, tuttora, sono soprattutto le donne a farsi carico in prevalenza dei ruoli familiari, anche quando lavorano a tempo pieno per il mercato, ma ribadire che una societa` e` democratica se la partecipazione di donne e di uomini, nel lavoro e nella famiglia, e` equilibrata e condivisa.

La strada scelta nella proposta di legge e` quella che assume come centrale il binomio « lavoro-famiglia », del tutto trascurato nelle indicazioni dell’attuale Governo (anche nel cosiddetto « Libro bianco per la famiglia »), che considera singolarmente tali fattori, con il risultato di risospingere le donne verso i lavori precari e nelle mura domestiche, anziche´ consentire la conciliazione tra vita professionale e vita familiare.

Non possiamo dimenticare il divario che passa tra le lavoratrici subordinate tipiche e quelle impegnate nelle altre tipologie lavorative, sempre piu` precarie e discontinue. Nel considerare le persone nel mercato del lavoro professionale si deve prestare attenzione a tutti i lavori, dal lavoro subordinato piu` tradizionale alla collaborazione coordinata e continuativa (che sta per diventare lavoro a progetto) fino al lavoro autonomo e imprenditoriale compreso.

Questo e` tanto piu` importante nell’attuale contingenza storica. Nel decreto legislativo n. 276 del 2003, sono state previste tipologie contrattuali capestro, come il lavoro intermittente, il lavoro ripartito (a coppia) e quello a tempo parziale, tutte sbilanciate verso la prevalenza delle esigenze del datore di lavoro.

Si pensi al lavoro intermittente: da qualsiasi parte lo si prenda (con o senza obbligo di rispondere alla chiamata), trasferisce su chi lo svolge il rischio dell’impossibilita` di prestare lavoro (figurarsi quanto diventino impensabili i congedi a scelta).

La riforma governativa del mercato del lavoro si muove all’insegna della forte riduzione dei diritti e della tutela dei diritti, soprattutto per le lavoratrici, con occasioni di lavoro frammentate e precarie che impediscono, anziche´ favorire, la gestione del tempo da parte di chi lavora.

Si pensi alle modifiche apportate alla disciplina del lavoro a tempo parziale. La riforma cerca di incrementare il ricorso al part time riducendo i vincoli e gli oneri del datore di lavoro; ma, così facendo, rende piu` difficile proprio per chi sceglie questa tipologia lavorativa conciliare il lavoro professionale e le altre occupazioni: dalla cura di figli e familiari alla propria formazione scolastica e professionale. Puo` bastare ricordare il punto critico relativo alle clausole flessibili. Mentre attualmente sono previste clausole che consentono di modificare la distribuzione dell’orario di lavoro con un ricco corredo di regole, con la riforma si rimuovono garanzie e si introducono disposizioni che consentono anche l’aumento della durata del lavoro.

Nella relazione illustrativa alla riforma governativa del mercato del lavoro, nel paragrafo dedicato all’inclusione sociale delle donne, si ribadisce che si punta all’inserimento o al reinserimento al lavoro delle donne, soprattutto di quelle uscite dal lavoro per l’adempimento di compiti familiari. In questa ottica la conciliazione tra vita professionale e vita familiare riguarda solo le donne; solo alle donne spetta l’adempimento di compiti familiari; anziche´ sospendere il rapporto di lavoro, meglio interromperlo e poi rientrare. Ma rientrare con quali garanzie?

Molto poche se non nulle.

Le donne che rientrano al lavoro appartengono alla categoria dei lavoratori svantaggiati. E se vengono assunte per il lavoro somministrato (ex lavoro temporaneo o interinale), l’agenzia puo` operare in deroga alla disciplina generale.

Si ricordi, ancora, che e` previsto il lavoro occasionale accessorio, cioe` quello che si svolge, ad esempio, per piccoli lavori domestici, piccoli lavori di giardinaggio, manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli, da parte di persone a rischio di esclusione sociale o non ancora entrate nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne. Queste persone sono i disoccupati, le casalinghe, gli studenti, i pensionati, i disabili e gli stranieri. Chi affida lavoro accessorio acquista un carnet di buoni da 7,5 euro. Alla persona che lavora spettano 5,8 euro per ora, esenti da tasse.

Non si puo` che essere indignati per la manipolazione e la falsificazione e per il risultato che ci attende:

a) non piu` tutela antidiscriminatoria, minata alle fondamenta da deroghe ed eccezioni:

b) non piu` conciliazione tra vita professionale e vita familiare, ma entrata e uscita dal mercato del lavoro, senza protezione sociale;

c) prevalenza delle ragioni dell’impresa, senza alcun tentativo di contemperamento con le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori.

Così si accentueranno i divari. Crescera` il divario tra un ristretto numero di ipergarantiti e una massa crescente di precari, ricattati e parificati al ribasso. Si radichera` l’idea che, poiche´ si deve passare dalla tutela nel posto di lavoro alla tutela nel mercato del lavoro (peraltro senza riforma degli ammortizzatori sociali), chi ha problemi di conciliazione non fara` che uscire dal mercato del lavoro, dedicarsi al lavoro di cura, e poi potra` rientrare nel mercato del lavoro o come lavoratore svantaggiato o con un contratto a chiamata o con uno sporadico lavoro accessorio.

Con la riforma si cerca di ottenere la quadratura del cerchio: le donne dovrebbero tornare tra le mura domestiche e l’occupazione femminile crescere, perche´ basta lavorare per poche ore per un datore di lavoro per risultare occupate.

L’Italia ha una legge sui congedi parentali – legge 8 marzo 2000, n. 53 – che e` assolutamente all’avanguardia nel panorama internazionale. L’esperienza applicativa ci suggerisce ulteriori miglioramenti nella direzione della fruibilita` del congedo, della universalizzazione dei diritti, del sostegno ai lavori meno tutelati, della promozione della responsabilita` del padre, di un maggior coinvolgimento delle imprese.

L’obiettivo degli interventi di seguito indicati e` quello dell’universalizzazione dei diritti, con modulazioni che tengano conto delle diverse situazioni e condizioni, anche al fine di non ricondurre le donne verso le mura domestiche. Il lavoro casalingo deve essere un « lavoro per scelta », non per imposizione.

Dare visibilita` al lavoro di cura, del resto, richiede un attento corredo di valutazioni e di interventi, anche alla luce del tasso elevato di lavoro nero e sommerso del nostro Paese.

Gli interventi sono interconnessi e cercano di fornire un primo rafforzamento del sistema di diritti e tutele che connotano il nostro ordinamento giuridico, tenendo conto sia della condizione lavorativa dei soggetti che svolgono lavoro di cura, sia della tipologia di familiari da assistere.

Gli interventi sono destinati:

a) a chi svolge lavoro subordinato tipico:

1) per chi e` impegnato nella cura di figli piccoli, mediante il miglioramento dei congedi parentali e il monitoraggio dei dati;

2) per chi e` impegnato nella cura di familiari, mediante il miglioramento del congedo per gravi motivi di famiglia;

3) nel caso in cui questi familiari siano disabili, mediante il miglioramento dei provvedimenti per la disabilita`;

b) a chi svolge lavoro meno protetto:

1) alle lavoratrici atipiche e discontinue;

2) alle straniere che svolgono lavoro di cura e di assistenza dei nostri familiari, consentendoci spesso di proseguire nell’attivita` lavorativa per il mercato, mediante il miglioramento dell’assegno di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue;

c) alle imprese che concedono flessibilita` positiva alle persone con responsabilita` familiari, mediante sgravi contributivi e/o credito di imposta, quale alternativa alla procedura troppo lenta di accesso ai finanziamenti previsti dall’articolo 9 della legge n. 53 del 2000.

Uno dei fili conduttori degli interventi proposti riguarda il rafforzamento della protezione economica.

E` una scelta inevitabile nell’ambito dei lavori precari e atipici. Ad esempio, nei contratti a progetto, la relativa autonomia di svolgimento della prestazione comporta la sterilizzazione di qualsiasi tentativo di introdurre diritti di accesso a periodi di sospensione dell’attivita` per svolgere lavoro di cura di familiari. Occorre, quindi, intervenire sulla protezione economica, innalzando l’assegno di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue.

Se le risorse sono scarse, come questo Governo continuamente afferma, non si puo` pensare di erogare l’assegno per il secondo figlio in modo indifferenziato a tutti, a prescindere da soglie di reddito. Gli assegni legati alla nascita di figli sono gia` stati previsti nella precedente legislatura.

Dobbiamo ora proseguire quel cammino e incrementare l’assegno di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue.

Rafforzare la protezione economica e` una scelta necessaria anche nel lavoro subordinato, in cui il diritto alla fruizione di congedi deve essere supportato da un trattamento economico sufficiente durante il periodo di assenza.

Venendo al merito della proposta di legge, il primo intervento riguarda il miglioramento di alcuni aspetti che si sono dimostrati critici della disciplina del congedo di maternita` e di paternita` (articolo 5).

Si tratta in particolare di:

a) portare alla copertura piena l’indennita` di maternita` , dato che correlativamente e` previsto un divieto di adibizione al lavoro della lavoratrice;

b) consentire la rideterminazione dell’indennita` qualora durante il periodo di assenza dal lavoro intervengano incrementi retributivi determinati dalla contrattazione collettiva. E` un doveroso adeguamento all’orientamento della Corte di giustizia delle Comunita` europee così come messo in rilievo nella relazione illustrativa al testo unico sulla maternita` e paternita` , di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001;

c) garantire che, in caso di parti pretermine, vi sia un periodo di almeno tre mesi per la lavoratrice per la cura del figlio. In alcuni casi, il figlio viene dimesso dopo una lunga permanenza presso le strutture sanitarie e la madre non ha sufficiente tempo a disposizione di congedo di maternita` per stabilire le prime indispensabili relazioni affettive;

d) consentire alla lavoratrice di limitare il periodo di divieto di lavoro nel caso in cui il figlio muoia.

Per quanto riguarda la conciliazione tra vita professionale e vita familiare e la ripartizione dei ruoli, un’importanza decisiva e` assunta dai congedi.

La disciplina del congedo parentale va migliorata sotto il profilo economico, mediante il riconoscimento sia per la madre lavoratrice subordinata sia per il padre lavoratore subordinato, di un trattamento economico per il primo mese di congedo pari all’80 per cento della retribuzione.

Attualmente, come e` noto, nel settore privato i primi sei mesi complessivamente fruiti dai genitori sono coperti con una indennita` pari al 30 per cento della retribuzione.

Con questa riforma (articolo 6) si innalza l’indennita` portandola, per il primo mese per ciascun genitore, all’80 per cento della retribuzione, parificandola all’attuale indennita` di maternita` o di paternita`.

Questo significa che, se entrambi i genitori sono lavoratori dipendenti, ciascuno percepira` , per un mese, un trattamento quasi equivalente alla retribuzione normalmente spettante. In questo modo si innalza la protezione per la madre e per il padre, rendendo piu` conveniente la fruizione del congedo parentale.

L’obiettivo e` quello di rendere effettiva la riforma introdotta nella legge n. 53 del 2000, che ha riconosciuto il diritto parentale a ciascun genitore. Puo` bastare ricordare quello che attualmente accade nel caso di padre lavoratore subordinato con madre casalinga, studentessa o disoccupata: ha diritto a fruire del congedo, ma nei fatti non lo puo` fare perche´ non si puo` permettere di perdere il 70 per cento della retribuzione.

Il miglioramento del trattamento economico avviene subordinatamente alla condizione che entrambi i genitori – e quindi anche il padre – fruiscano (almeno di quel mese) del congedo parentale.

Per quanto riguarda la gestione in concreto, e tenendo conto che sono ancora pochi i padri che fruiscono del congedo parentale, si prevede che la copertura economica del primo mese all’80 per cento della retribuzione spetti automaticamente al padre; mentre alla madre solo una volta che il padre abbia fruito di almeno un mese di congedo. La parziale disparita` di trattamento (la madre potrebbe ottenere la sua integrazione non contestualmente alla fruizione del congedo) trova giustificazione nel tentativo di realizzare una migliore ripartizione dei ruoli tra i genitori.

Si deve anche osservare come in questo modo si spinga a una fruizione ravvicinata del congedo parentale, per almeno un mese, da parte sia della madre sia del padre.

Il trattamento di maggior favore viene escluso nel caso in cui l’altro genitore non svolga attivita` lavorativa retribuita tale da consentire la fruizione del congedo parentale.

Per quanto riguarda il lavoro autonomo (articolo 7), si ricorda che alle lavoratrici autonome, a partire dal 2000, e` stato riconosciuto il diritto al congedo parentale, sia pure solo fino a tre mesi nell’arco del primo anno di vita del figlio. Anche alle lavoratrici autonome va pertanto riconosciuto l’innalzamento della percentuale del trattamento economico relativo al congedo parentale dal 30 all’80 per cento della retribuzione.

Finora tale diritto non e` stato riconosciuto ai padri lavoratori autonomi. E` questa l’occasione per la parificazione del trattamento.

Su questo punto occorre prestare attenzione.

L’inclusione, infatti, ha la conseguenza di escludere dal beneficio dell’innalzamento del trattamento la madre, qualora il padre non intenda fruire del congedo parentale. E si consideri che, nel campo del lavoro autonomo, durante il periodo di congedo parentale e` prevista la sospensione dell’attivita` . Non sempre questo e` possibile e non solo per fattori economici.

Con l’intervento che si propone si prevede, pertanto, un adeguamento progressivo, tale per cui il diritto al congedo parentale e il diritto al miglioramento del trattamento economico vengono estesi, consentendo che sia la lavoratrice sia il lavoratore autonomi che non sono nelle condizioni di sospendere l’attivita` produttiva possano dichiararne i motivi e consentire pertanto che l’altro genitore non sia penalizzato nella fruizione del beneficio dell’innalzamento della protezione economica.

Piu` in generale, si segnala che sarebbe da rivedere il metodo di calcolo basato sulla retribuzione minima giornaliera fissata annualmente. Ma non sembra essere questa la sede per un intervento sul punto.

Tale modello va esteso, con le medesime caratteristiche, alle madri libere professioniste e ai padri liberi professionisti, cui attualmente non e` riconosciuto il diritto al congedo parentale (articolo 8).

La proposta di legge si basa su un intervento promozionale (e non repressivo) per spingere anche i padri a fruire del congedo parentale e nel contempo intende migliorare il trattamento economico sia per le madri sia per i padri.

Si ottiene inoltre un avvicinamento a quanto previsto dalla contrattazione di comparto nel lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, che gia` ora prevede la retribuzione piena per i primi trenta giorni di congedo.

Questo contribuisce anche a risolvere il problema della attuale applicazione del trattamento contrattuale di maggior favore per soli trenta giorni cumulativamente per la coppia di genitori, se entrambi dipendenti di amministrazioni pubbliche.

La copertura economica all’80 per cento della retribuzione del congedo parentale viene vincolata alla fruizione del congedo per l’intero mese, al fine di garantire la possibilita` al datore di lavoro di provvedere alla sostituzione della lavoratrice o del lavoratore.

Infine, e` da considerare la situazione dei genitori single, in riferimento alla situazione di fatto e non solo a quella giuridica, con il riconoscimento del diritto a due mesi di congedo parentale coperti all’80 per cento.

Anche in riferimento alle libere professioni, e ancora una volta come profilo generale, si segnala che sarebbe da rivedere il metodo di calcolo dell’indennita` , che si basa su dati risalenti nel tempo anche a due anni precedenti l’utilizzazione del congedo.

Per quanto riguarda le garanzie di tutela della maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue, le difficolta` che si incontrano nell’estensione normativa dei diritti non possono scoraggiare dal cercare soluzioni.

Nel caso delle lavoratrici atipiche e discontinue si dovrebbe operare su due livelli:

1) politiche attive del lavoro appositamente dedicate, che comprendano anche l’organizzazione di un servizio di sostituzione in caso di impossibilita` di adempiere la prestazione;

2) incremento economico degli assegni di maternita`.

Oggi e` necessaria una revisione e una semplificazione della disciplina sia dell’assegno di maternita` di base (cosiddetto « per le casalinghe »), sia dell’assegno di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue (articolo 9).

L’assegno di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue e` stato introdotto in attuazione del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del 22 dicembre 1998, contemporaneamente alla parziale fiscalizzazione degli oneri di maternita` a carico dei datori di lavoro, con l’obiettivo di attuare progressivamente una migliore ripartizione solidaristica del sostegno economico alla maternita`.

In quel momento si e` realizzato un equilibrio, dato che:

1) si sono mantenute soglie selettive dotate del requisito della ragionevolezza, consistenti nelle condizioni di lavoro (per gli assegni di maternita` per le lavoratrici atipiche e discontinue) e di reddito (per le casalinghe), in attuazione del principio costituzionale di parita` sostanziale;

2) si e` riconosciuta la maggiore onerosita` delle nascite gemellari, si e` esteso il trattamento, in caso di necessita` , al padre, si e` considerata la filiazione giuridica, in modo da indirizzare il sostegno economico verso il figlio, in ottemperanza anche agli orientamenti della Corte costituzionale;

3) si e` ampliata la tutela, per consentire una progressione piu` equilibrata e una piu` ampia estensione temporale di riferimento tra il sostegno alle spese nell’area del non lavoro e il sostegno al reddito in quella del lavoro « tutelato », in modo da evitare di introdurre provvidenze economiche che possano disincentivare l’ingresso o la presenza delle lavoratrici nel mercato « ufficiale » del lavoro incrementando fenomeni di lavoro sommerso o di concorrenzialita` del lavoro non retribuito;

4) si e` cercato di rendere piu` oggettivo e omogeneo il contributo economico destinato al momento in cui si verifica l’evento maternita`.

Si e` realizzata così una doppia rete di protezione: l’uscita o l’assenza di riconoscimento della tutela piena viene frenata e protetta da quella del livello intermedio e, qualora anche questa non possa applicarsi, da quella del livello di base, che e` spettante, per differenza, in ogni ipotesi, mantenendo la soglia selettiva di reddito ISE (circa 25.000 euro per un nucleo familiare di tre componenti).

Ora, si deve rimodulare l’assetto dell’intervento.

Poiche´ l’assegno di maternita` di base e` pari a circa 1.250 euro, si deve portare l’assegno per le lavoratrici atipiche da 1.500 a 2.500 euro e semplificare la regolamentazione per la sua concessione, ad esempio per quanto riguarda le straniere, rimuovendo il vincolo del possesso della carta di soggiorno.

E` uno dei profili piu` delicati dell’intervento, che incrocia le collaborazioni coordinate e continuative e, piu` in generale, il lavoro economicamente dipendente (collaborazioni ma anche la nuova tipologia, in parte sostitutiva, del lavoro a progetto).

Inoltre, e` introdotto il congedo parentale a tempo parziale (articolo 10), per rispettare le indicazioni della direttiva europea in materia.

L’equivalenza del mese di congedo parentale a 154 ore deriva dal seguente calcolo: 154 ore e` il risultato di 36 ore settimanali per 4 settimane.

Gia` con l’attuale sistema, ma ancora di piu` con quello di cui si propone l’introduzione, e` necessario che siano conoscibili i dati della fruizione dei congedi parentali, in particolare di quelli coperti dall’INPS.

L’INPS deve diramare i dati, utilizzando i codici. Lo stesso devono fare le amministrazioni pubbliche. Questo nella fase transitoria.

A regime viene prevista una Carta dei congedi del bambino, che consenta di registrare i congedi fruiti dai genitori, anche quelli privi di copertura economica o previdenziale, in modo da poter contare su un dato certo, sia per l’incrocio tra posizioni lavorative diverse, sia per il successivo monitoraggio del fenomeno. La Carta viene consegnata al momento della registrazione della nascita o dell’adozione o dell’affido (articolo 11).

Finalmente sapremo con certezza quanti padri utilizzano le disposizioni sul congedo parentale.

Per quanto riguarda le tipologie lavorative attualmente meno tutelate, si deve intervenire sul lavoro domestico.

Il primo intervento da realizzare e` quello dell’estensione legislativa della tutela contro il licenziamento in caso di maternita` (articolo 12).

In chiusura del capo II, viene dedicata attenzione all’esigenza di garantire un ulteriore progresso nella tendenziale equiparazione tra filiazione naturale e filiazione legittima. Per questo e` previsto (articolo 13) il medesimo miglioramento del trattamento economico nel periodo di congedo parentale (dall’80 al 100 per cento).

Il periodo attualmente previsto e` di tre mesi a partire dal momento in cui il minore entra nel nucleo familiare. Il comma 2 si occupa dei problemi piu` volte segnalati in caso di adozione internazionale, prevedendo una copertura economica anche per i primi due mesi della permanenza all’estero.

Il comma 3 limita a otto anni il periodo in cui fruire del diritto ai permessi orari giornalieri dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Come e` noto l’attuale disciplina, che faceva coincidere il primo anno con il primo anno di vita del figlio, e` stata giustamente ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale senza peraltro poter individuare un tetto massimo di eta`.

Il capo III disciplina il sostegno al lavoro di cura.

Per quanto riguarda il congedo per gravi motivi di famiglia (articolo 14), viene previsto il miglioramento del trattamento anche, ma non solo, sul versante della contribuzione figurativa, agganciandolo a una fruizione continuativa per un certo periodo di tempo, dato che questo consente al datore di lavoro una sostituzione del lavoratore o della lavoratrice.

D’altro canto e` necessario provvedere all’innalzamento della durata possibile del congedo ed evitare che il calcolo sia effettuato con riferimento all’intera vita lavorativa della persona, ma con riferimento al singolo rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda l’assistenza di familiari disabili (articolo 15), la maggior parte delle modificazioni riguarda la disciplina prevista dall’articolo 33 della legge n. 104 del 1992:

a) previsione espressa del diritto ai tre giorni di permesso anche nel caso del coniuge, nonche´ del convivente disabile (attualmente escluso);

b) risoluzione della questione relativa alla trasformazione dei giorni in ore, soprattutto quando il contratto e` diverso da quello subordinato a tempo pieno;

c) introduzione di miglioramenti alla tutela del trasferimento e al diritto al trasferimento:

1) anche se la situazione di disabilita` del familiare si verifichi dopo la stipulazione del contratto di lavoro;

2) prevedendo obblighi all’interno dei gruppi di imprese private e collegamenti tra strutture pubbliche o privatizzate (come le aziende sanitarie locali).

L’equivalenza, prospettata al comma 2, dei tre giorni a 18 ore di permesso utilizza il metodo attualmente applicato nel lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Si ritiene necessario procedere velocemente a un ripensamento dell’articolo 9 della legge n. 53 del 2000, che prevede il finanziamento ai datori di lavoro per gli interventi contrattati di flessibilita` positiva per le lavoratrici e i lavoratori impegnati in lavoro di cura.

Così com’e` rischia di essere completamente inefficace. Il numero delle richieste continua a rimanere esiguo e i fondi ripartiti sono irrisori rispetto alla cifra stanziata. La disposizione rischia di apparire come una grande scommessa, una intuizione felice, che si sta scontrando con le difficolta` del sistema di relazioni sindacali e con le lentezze burocratico-amministrative.

I due problemi principali sono:

1) quello del finanziamento ai datori di lavoro di forme di flessibilita` favorevoli alle persone impegnate nel lavoro di cura: determinazione dei costi, individuazione effettiva dell’intervento positivo;

2) quello della celerita` nella distribuzione dei fondi: se si intendono finanziare risposte a specifiche esigenze, queste devono essere immediate.

L’intervento proposto intende introdurre un meccanismo semplice e automatico: qualora il datore di lavoro rientri nelle condizioni indicate, ottiene sgravi contributivi o credito d’imposta.

Data la riforma della disciplina legislativa in materia di lavoro a tempo parziale, contrassegnata dalla prevalenza delle ragioni e delle esigenze dell’impresa, il principale strumento di intervento deve diventare proprio il lavoro a tempo parziale, la cui articolazione e regolazione consenta di favorire le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori.

Viene così previsto (articolo 16) che sia finanziato automaticamente il datore di lavoro che assume personale a tempo parziale per la parte di tempo liberato di lavoro professionale in favore di lavoratrici o lavoratori con problemi di lavoro di cura.

La trasformazione da lavoro a tempo pieno a lavoro a tempo parziale nei confronti di chi chiede la conciliazione tra vita familiare e vita professionale deve contenere:

1) l’esclusione delle clausole elastiche e di quelle flessibili (secondo la nuova tipologia che verra` introdotta con la riforma del mercato del lavoro);

2) l’esonero del lavoro supplementare o straordinario;

3) l’applicazione della flessibilita` dell’orario di ingresso e di uscita dal lavoro;

4) la reversibilita` della scelta al termine dell’esigenza di cura di familiare.

L’altra tipologia nei cui confronti viene previsto il sostegno finanziario al datore di lavoro e` quella della flessibilita` degli orari (articolo 17), anche in questo caso a fronte della nuova disciplina dell’orario di lavoro che tende a prolungare e a intensificare l’attivita` lavorativa.

Viene così finanziato automaticamente il datore di lavoro che adotta meccanismi di orario favorevoli alle persone con problemi di lavoro di cura. A titolo esemplificativo: la fruizione del tempo accantonato nella banca delle ore al momento in cui si manifesta l’esigenza della lavoratrice o del lavoratore, indipendentemente dalle esigenze produttive; l’articolazione dell’orario multiperiodale che tenga conto dei periodi in cui la lavoratrice o il lavoratore non possono intensificare il ritmo lavorativo, di nuovo indipendentemente dalle esigenze produttive.

C) L’assegno di sostegno alle responsabilita` familiari.

Finalita`.

Concorrere con piu` risorse al costo per la cura dei figli sostenuto dalle famiglie.

Garantire meglio il sostegno anche nel caso di disoccupazione o di lavori discontinui.

Rafforzare il sostegno alle famiglie con redditi bassi.

Avviare un riordino di detrazioni e di assegni familiari coerente con tali obiettivi.

Istituzione dell’assegno per i figli.

L’assegno sostituisce l’attuale assegno al nucleo familiare e i vecchi assegni familiari per i lavoratori autonomi.

L’assegno si compone di due parti: una detrazione IRPEF in cifra fissa, pari a 520 euro per ogni figlio minore a carico; l’attuale assegno al nucleo familiare per i lavoratori subordinati e parasubordinati, maggiorato del 10 per cento per il primo, per il secondo e per il terzo figlio e del 5 per cento per il quarto; analoga maggiorazione si opera per gli attuali assegni familiari per i lavoratori autonomi.

In caso di incapienza fiscale (reddito inferiore al minimo imponibile), la detrazione viene corrisposta come trasferimento (imposta negativa) in misura pari alla differenza tra ammontare complessivo delle detrazioni e imposta dovuta per la quota parte imputabile alle detrazioni per figli minori a carico; per il lavoratore subordinato o parasubordinato, per il quale la detrazione e` gia` corrisposta dal datore di lavoro in busta paga, quest’ultimo corrisponde in busta paga anche il trasferimento al lavoratore incapiente rivalendosi sull’INPS in forma analoga a quanto oggi avviene per gli assegni al nucleo familiare; nel caso di perdita del lavoro, la detrazione viene corrisposta su base mensile direttamente dall’INPS (in quest’ultimo caso, in sede di saldo IRPEF viene portata in ulteriore detrazione solo la parte residua, ossia il valore della detrazione annua al netto di quanto erogato dall’INPS in corso d’anno); il lavoratore autonomo incapiente gode, a condizione che il reddito dichiarato sia coerente con gli studi di settore, del trasferimento corrispondente all’eccedenza della detrazione (come sopra calcolata) come credito d’imposta.

Per i lavoratori subordinati o parasubordinati l’assegno per i figli e` corrisposto anche in caso di perdita del lavoro, in questo caso direttamente dall’INPS e per un periodo pari a quello previsto per l’indennita` di disoccupazione dalla proposta di legge di riforma degli ammortizzatori sociali presentata dai gruppi parlamentari de L’Ulivo (12 mesi estendibili fino a 24 mesi in particolari situazioni).

L’onere per la finanza pubblica ammonta a 3 milioni di euro: 1.350 milioni di euro per corresponsione delle detrazioni come trasferimento agli incapienti; 550 milioni di euro per l’aumento degli assegni; 1.100 milioni di euro per l’allungamento del periodo di godimento degli assegni da parte dei disoccupati.

Alla sua copertura si provvede utilizzando parte delle risorse liberate dalla abrogazione della legge delega dell’attuale Governo per la parte che prevede la riduzione dell’IRPEF a favore dei contribuenti a redditi elevati.

In prospettiva, l’assegno per i figli (comprensivo delle detrazioni da corrispondere come trasferimento nel caso di incapienza) andra` ulteriormente rimodulato in modo da incrementare i trattamenti, semplificare e rendere piu` trasparente il sistema, nonche´ per estenderlo anche ai lavoratori autonomi.

D) L’istituzione della dotazione di capitale per i giovani.

Finalita`.

Dotare ogni giovane di risorse proprie che lo aiutino, al compimento della maggiore eta` , a rendersi autonomo dalla famiglia di origine.

Aumentare le opportunita` di scelta dei giovani nella delicata fase di avvio della propria attivita` lavorativa.

Aumentare il livello di istruzione e di formazione professionali dei giovani.

La dotazione di capitale sostituisce le detrazioni per figli maggiorenni a carico.

Al momento della nascita, lo Stato apre un conto individuale vincolato a favore del neonato e, tenendo conto delle condizioni economiche della famiglia, lo alimenta fino al compimento del diciottesimo anno di eta` con un contributo annuo di 1.000 euro in media per bambino (maggiore per i bambini delle famiglie in condizioni piu` disagiate, riducendosi in funzione dell’ISE); i contributi annui si capitalizzano a un saggio di interesse pari al saggio di crescita del PIL pro-capite; il conto puo` essere ulteriormente alimentato anche da donativi di parenti e di amici.

Al compimento del diciottesimo anno di eta` , il giovane puo` utilizzare la dotazione accumulata per finanziare periodi di studio o di formazione professionale, periodi di ricerca del lavoro, avviamento di attivita` imprenditoriali, acquisto della prima casa (nel caso di un tasso di crescita reale medio annuo del PIL pro-capite dell’1,5 per cento, 1.000 euro annui, implicano al compimento dei diciotto anni di eta` una dotazione di capitale pari a 20.500 euro in valori 2004); la dotazione resta a sua disposizione fino al ventottesimo anno di eta`.

La parte utilizzata verra` successivamente restituita a tasso zero in un arco di tempo concordato tra il giovane e il fondo regionale e della provincia autonoma di riferimento, comunque non superiore a trenta anni.

Per per quanti al 1o gennaio 2004 sono in eta` compresa tra 0 a e 17 anni, vengono istituiti analoghi conti individuali, alimentati fino al compimento del diciottesimo anno e successivamente utilizzabili alle stesse condizioni prima indicate; al compimento del diciottesimo anno il giovane opta o per l’utilizzo della dotazione accumulata o per il godimento della detrazione IRPEF come figlio maggiorenne a carico (si tratta di istituti alternativi).

E` istituito un apposito fondo, da articolare su base regionale e delle province autonome per la copertura degli oneri finanziari.

L’erogazione della dotazione e` effettuata da banche e da istituti finanziari previa convenzione con il fondo di cui alla lettera f), nella quale e` stabilito un tasso di interesse sui crediti omogeneo su tutto il territorio nazionale; l’onere degli interessi e la garanzia per la copertura dei rischi sui crediti sono a carico del medesimo fondo.

L’onere dell’introduzione della dotazione di capitale per i giovani e`, per la finanza pubblica, di entita` molto limitata, consistendo essenzialmente nell’onere per interessi, e risulta coperto dal risparmio sulle detrazioni IRPEF per i figli maggiorenni a carico che, a regime, vengono sostituite dalla dotazione di capitale.

Il finanziamento della riforma.

Lo spostamento di risorse a favore delle politiche familiari fino al raggiungimento del livello medio europeo e` finanziato utilizzando, per la parte corrispondente, le risorse che l’attuale Governo ha stanziato per portare a regime la modifica dell’IRPEF prevista dalla legge delega n. 80 del 2003 in materia fiscale. Si tratta di circa 15 miliardi di euro che la citata legge delega destina interamente alla riduzione delle imposte a favore del 20 per cento dei contribuenti, quelli con i redditi piu` elevati. Si tratta di abrogare le norme previste dalla medesima legge delega e di destinare quelle risorse, invece che a pochi contribuenti ricchi, al finanziamento dei servizi sociali e delle prestazioni economiche per la grande massa delle famiglie italiane, alla riforma degli ammortizzatori sociali, all’ammodernamento e al rafforzamento del sistema di sicurezza sociale.

 

Testo

 

PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI

FASSINO, TURCO, VIOLANTE, LUCA` , POLLASTRINI, ABBONDANZIERI, ADDUCE, ALBONETTI, AMICI, ANGIONI, BATTAGLIA, BELLINI, BENVENUTO, BIELLI, BOLOGNESI, BONITO, BORRELLI, BOVA, BUGLIO, CALZOLAIO, CAPITELLI, CARBONI, CARLI, CAZZARO, CHIAROMONTE, CHITI, COLUCCINI, CRISCI, DE BRASI, DI SERIO D’ANTONA, DUCA, FILIPPESCHI, GAMBINI, GASPERONI, GIACCO, GIULIETTI, KESSLER, LABATE, LUCIDI, MAGNOLFI, MANZINI, PAOLA MARIANI, RAFFAELLA MARIANI, MARIOTTI, MAURANDI, MAZZARELLO, MONTECCHI, MOTTA, NIGRA, OLIVERIO, OLIVIERI, OTTONE, PETRELLA, PIGLIONICA, PINOTTI, PISA, PREDA, QUARTIANI, RANIERI, RAVA, ROSSIELLO, ROTUNDO, RUZZANTE, SCIACCA, SEDIOLI, SERENI, SINISCALCHI, TIDEI, TOLOTTI, TRUPIA, MICHELE VENTURA, VIANELLO, VIGNI, ZANOTTI, ZUNINO

 

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

ART. 1.

Finalita`

 

1. La presente legge disciplina il sostegno delle responsabilita` familiari, e si applica ai nuclei familiari e alle persone che li compongono, donne e uomini, sulla base della certificazione anagrafica.

2. La presente legge ha le seguenti finalita`:

a) sostenere le responsabilita` familiari, in particolare nei confronti delle bambine e dei bambini, attraverso la rete integrata di servizi, il riconoscimento, il sostegno e la promozione del ruolo attivo delle persone e dei nuclei familiari nel soddisfacimento dei loro bisogni e nella crescita del benessere della comunita` , ai sensi di quanto disposto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, con particolare riguardo agli obiettivi della solidarieta`, della coesione sociale e dello sviluppo socialmente ed economicamente sostenibile;

b) concorrere al costo per la cura dei figli sostenuto dalle famiglie, garantendo il sostegno anche nel caso di disoccupazione o di lavori discontinui; rafforzare il sostegno alle famiglie con redditi bassi;

c) sostenere l’autonomia dei giovani aumentandone le opportunita` di scelta al compimento della maggiore eta`;

d) garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali concernenti i diritti sociali, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e dall’articolo 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328;

e) prevedere l’adozione di un Piano di azione nazionale triennale per la promozione e il sostegno finanziario delle responsabilita` familiari, individuando le risorse finalizzate allo scopo, al fine di raggiungere, entro sei anni, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il livello di spesa media europea destinata alle politiche familiari;

f) contemperare le esigenze delle persone ai fini della conciliazione tra vita professionale e vita familiare e della redistribuzione dei ruoli tra donne e uomini, in quanto valori di una societa` civile piu` coesa e democratica, avendo riguardo anche alla concreta applicazione nella gestione delle persone come risorsa dell’organizzazione del lavoro;

g) ridurre le disparita` di trattamento esistenti nell’ordinamento giuridico in relazione alle responsabilita` familiari, a seconda della tipologia di lavoro svolto, del sesso del genitore che lavora, indipendentemente dai destinatari dell’attivita` di cura.

 

ART. 2.

Piano di azione nazionale per la promozione

e il sostegno finanziario delle responsabilita` familiari

 

1. Il Governo, in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, provvede all’adozione, in sede di sessione di bilancio, del Piano di azione nazionale triennale per la promozione e il sostegno finanziario delle responsabilita` familiari, di seguito denominato « Piano di azione ».

2. Il Piano di azione e` adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati. Sullo schema del Piano di azione sono acquisiti l’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonche´ i pareri delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale, degli enti e delle associazioni nazionali interessati maggiormente rappresentativi a livello nazionale.

3. Lo schema del Piano di azione e` trasmesso alle Camere al fine dell’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per gli aspetti finanziari. Sulle parti del Piano di azione sulle quali nella Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, non si sia realizzata l’intesa, il parere parlamentare e` adottato a maggioranza assoluta dei componenti le Commissioni.

4. Il Piano di azione prevede, in particolare:

a) il monitoraggio dell’impatto sulle persone e sui nuclei familiari delle norme di legge e di regolamento vigenti in materia nonche´ delle norme in via di emanazione, con particolare riferimento al mainstreaming di genere;

b) la modulazione, sulla base degli indicatori di benessere/malessere economico e sociale delle persone e dei nuclei familiari, di cui al comma 4 dell’articolo 3, della destinazione delle risorse finanziarie, destinate allo scopo, nei settori della politica economica e sociale.

5. Il Piano di azione vincola alla progressiva destinazione a sostegno delle responsabilita` familiari delle risorse finanziarie previste dalla presente legge, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2, lettera e).

 

ART. 3.

Livelli essenziali delle prestazioni sociali ai fini della valorizzazione e del sostegno delle responsabilita` familiari

 

1. Il presente articolo reca norme per l’attuazione dell’articolo 16 della legge 8 novembre 2000, n. 328, in materia di valorizzazione e di sostegno delle responsabilita` familiari, in conformita` a quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ai fini della definizione e della realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili nel territorio nazionale.

2. La determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali per il sostegno alle responsabilita` familiari e` finalizzata a garantire alle persone, con particolare riferimento ai bambini, all’interno di una rete integrata di interventi e di servizi, i seguenti diritti che costituiscono il decalogo della loro cittadinanza attiva: diritto all’informazione, diritto alla valutazione del caso individuale e familiare, diritto alla definizione di un percorso personalizzato condiviso, diritto all’accompagnamento nel percorso stabilito, diritto a prestazioni e servizi personalizzati per le diverse componenti di cura, di assistenza e di sostegno personale e familiare.

3. Le prestazioni garantite dai livelli essenziali sono erogate presso apposite strutture locali dei servizi sociali, denominate « sportelli per il cittadino », facilmente raggiungibili e individuabili dai cittadini nei diversi territori. Tali strutture svolgono le funzioni di informazione, accesso, accompagnamento e definizione del progetto personalizzato condiviso, nonche´ di aiuto nella compilazione di moduli e di formulari. Tali strutture garantiscono, altresì, l’integrazione delle prestazioni sociali, sanitarie, formative, di avvio al lavoro, abitative e di mobilita` al fine di perseguire l’inclusione attiva dei cittadini e delle famiglie. Le strutture locali di cui al presente comma sono progettate dal servizio pubblico che assicura ad esse le necessarie competenze professionali e la partecipazione alla loro realizzazione degli attori sociali, delle famiglie e dei cittadini, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, commi 4 e 6, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

4. Per la definizione dei livelli essenziali di prestazioni sono individuati indicatori di benessere/malessere economico e sociale delle famiglie e delle persone, al fine di valutare la realizzazione dei servizi, nonche´ i risultati e gli impatti delle politiche rivolte alle famiglie. Gli indicatori devono rilevare condizioni di benessere/malessere legate sia a fattori personali dei componenti le famiglie, sia a fattori socioambientali.

Gli indicatori sono definiti di intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa consultazione degli attori sociali, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, commi 4 e 6, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

5. I principi metodologici che devono essere seguiti per definire gli indicatori di benessere/malessere previsti dal comma 4 sono i seguenti:

a) l’indicatore deve essere omologato dal punto di vista statistico;

b) l’indicatore deve essere misurabile in modo paragonabile in tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e comparabile con le norme applicate a livello nazionale;

c) il gruppo di indicatori deve essere trasparente e accessibile a tutti i cittadini.

6. Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa consultazione degli attori sociali, provvede alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali previste dal presente articolo. Lo Stato provvede al finanziamento dei medesimi livelli essenziali ai sensi di quanto disposto dall’articolo 119 della Costituzione.

7. I livelli essenziali delle prestazioni sociali sono garantiti ai cittadini e alle famiglie attraverso l’erogazione di servizi e appositi trasferimenti. Lo Stato, ove occorra, garantisce l’erogazione delle prestazioni esercitando i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 120 della Costituzione.

 

ART. 4.

Partecipazione e responsabilita` attiva delle famiglie nel sistema dei servizi

 

1. Nella costruzione del sistema integrato dei servizi, le famiglie e le persone partecipano da protagoniste alla loro realizzazione, al fine di realizzare un nuovo rapporto tra la rete dei servizi e i destinatari, costituito dalle reciproche relazioni e dalle risorse reali.

2. Al fine di integrare nella rete garantita dal pubblico le risorse di cui al comma 1, le famiglie e le persone assumono, all’interno del sistema integrato, compiti e responsabilita` di coprogettazione e di concorso alla realizzazione dei servizi.

3. Al fine di attuare una organizzazione sociale che valorizzi tutte le risorse e di conseguire una maggiore qualita` ed efficacia dei servizi, le famiglie partecipano alla redazione dei piani di zona previsti all’articolo 19 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

 

CAPO II

SOSTEGNO AI GENITORI CHE LAVORANO

 

ART. 5.

Sostegno al congedo di maternita` e di paternita` nel lavoro subordinato

 

1. Durante il periodo in cui e` previsto, ai sensi dell’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita` e della paternita` , di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, il divieto di lavoro per congedo di maternita` , la madre lavoratrice subordinata ha diritto a percepire il 100 per cento della retribuzione.

2. La misura dell’indennita` , stabilita all’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e` rideterminata qualora durante il periodo di congedo siano maturati incrementi retributivi ad opera del contratto collettivo applicato nell’unita` produttiva interessata.

3. Nel caso di parti pretermine, la disciplina prevista dall’articolo 16, comma 1, lettera d), del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, va interpretata nel senso che il congedo di maternita` deve avere una durata complessiva che comprenda un periodo di almeno tre mesi dalla data di effettivo ingresso del figlio nel nucleo familiare.

4. In caso di morte del figlio, la disciplina prevista dall’articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, va interpretata nel senso che la lavoratrice ha la facolta` di limitare il periodo di divieto di lavoro a non piu` di tre mesi decorrenti dalla data della morte del figlio.

 

ART. 6.

Sostegno al congedo parentale nel lavoro subordinato.

 

1. Per la durata di trenta giorni di congedo parentale, fruiti continuativamente, la madre lavoratrice subordinata e il padre lavoratore subordinato hanno diritto a una indennita` pari all’80 per cento della retribuzione.

2. Qualora risulti dalla certificazione anagrafica che nel nucleo familiare sia presente un solo genitore lavoratore subordinato, l’indennita` di cui al comma 1 e` corrisposta per sessanta giorni.

3. Il padre lavoratore subordinato ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti entro i primi tre anni di vita del bambino.

4. La madre lavoratrice subordinata ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale, fruiti entro i primi tre anni di vita del bambino, qualora il padre non sia lavoratore subordinato a tempo indeterminatoe no n abbia un contratto di lavoro intermittente o di lavoro ripartito.

5. Qualora il padre sia lavoratore subordinato a tempo indeterminato e il contratto non sia di lavoro intermittente o di lavoro ripartito, la madre lavoratrice subordinata ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti successivamente a quelli del padre ed entro i primi tre anni di vita del bambino.

6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano anche ai dipendenti di pubbliche amministrazioni. Sono fatti salvi i trattamenti di maggior favore, fermo restando che i benefici legislativi e contrattuali previsti non sono cumulabili.

 

ART. 7.

Sostegno al congedo parentale nel lavoro autonomo

 

1. All’articolo 69 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

« 1-ter. Per la durata di trenta giorni di congedo parentale, fruiti continuativamente e con interruzione dell’attivita` , la madre lavoratrice autonoma e il padre lavoratore autonomo hanno diritto a una indennita` pari a quella di maternita` di cui all’articolo 68.

1-quater. Qualora risulti dalla certificazione anagrafica che nel nucleo familiare sia presente un solo genitore lavoratore autonomo, l’indennita` di cui al comma 1-ter e` corrisposta per sessanta

giorni.

1-quinquies. Il padre lavoratore autonomo ha diritto alla indennita` prevista al comma 1-ter per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti entro il primo anno di vita del bambino.

1-sexies. La madre lavoratrice autonoma ha diritto alla indennita` prevista al comma 1-ter per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti entro il primo anno di vita del bambino, qualora:

a) il padre non sia lavoratore subordinato a tempo indeterminato e non abbia un contratto di lavoro intermittente o di lavoro ripartito;

b) il padre non sia lavoratore subordinato e dichiari di non poter fruire del congedo parentale, indicando i motivi che non gli consentono di sospendere l’attivita`.

1-septies. Qualora il padre sia lavoratore subordinato a tempo indeterminato e il contratto non sia di lavoro intermittente o di lavoro ripartito, la madre lavoratrice autonoma ha diritto alla indennita` prevista al comma 1-ter per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti successivamente a quelli del padre ed entro il primo anno di vita del bambino ».

 

ART. 8.

Sostegno al congedo parentale nelle libere professioni

 

1. Dopo l’articolo 73 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, e` inserito il seguente:

« ART. 73-bis – Sostegno al congedo parentale nelle libere professioni

1. Per la durata di trenta giorni di congedo parentale, fruiti continuativamente e con interruzione dell’attivita` , la madre libera professionista e il padre libero professionista hanno diritto a una indennita` pari a quella di maternita` di cui all’articolo 70.

2. Qualora risulti dalla certificazione anagrafica che nel nucleo familiare sia presente un solo genitore libero professionista, l’indennita` di cui al comma 1 e` corrisposta per sessanta giorni.

3. Il padre libero professionista ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale, fruiti entro il primo anno di vita del bambino.

4. La madre libero professionista ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale, fruiti entro il primo anno di vita del bambino, qualora:

a) il padre non sia lavoratore subordinato a tempo indeterminato e non abbia un contratto di lavoro intermittente o di lavoro ripartito;

b) il padre non sia lavoratore subordinato e dichiari di non poter fruire del congedo parentale, indicando i motivi che non gli consentono di sospendere l’attivita`.

5. Qualora il padre sia lavoratore subordinato a tempo indeterminato e il contratto non sia di lavoro intermittente o di lavoro ripartito, la madre libero professionista ha diritto alla indennita` prevista al comma 1 per i primi trenta giorni di congedo parentale fruiti successivamente a quelli del padre ed entro il primo anno di vita del bambino ».

 

ART. 9.

Incremento dell’assegno di maternita` per lavori atipici e discontinui

 

1. L’assegno di maternita` previsto all’articolo 75 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal presente articolo, e` incrementato, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, di 1.000 euro.

2. All’articolo 75 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 e` aggiunta, in fine, la seguente lettera: « c-bis) quando la donna straniera e` in possesso del permesso di soggiorno ed e` residente nel territorio italiano da almeno un anno »;

b) al comma 6, le parole: « sono emanate le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione del presente articolo » sono sostituite alle seguenti: « sono emanate le disposizioni regolamentari per l’attuazione del presente articolo, tenendo conto dell’esigenza di portare a conoscenza le norme ivi previste nonche´ di semplificare e snellire le procedure ivi stabilite ».

 

ART. 10.

Congedo parentale a tempo parziale

 

1. Il congedo parentale nel lavoro subordinato, autonomo e nelle libere professioni puo` essere fruito a tempo parziale, come riduzione giornaliera dell’orario di lavoro.

2. Il lavoratore o la lavoratrice possono chiedere di fruire del congedo parentale a tempo parziale per una durata non inferiore a sei mesi.

3. Un mese di congedo parentale equivale a 154 ore.

 

ART. 11.

Carta dei congedi del bambino

 

1. Ogni bambina e bambino riceve, al momento della nascita o dell’effettivo ingresso nel nucleo familiare, la Carta dei congedi, nella quale sono registrati i periodi di congedo fruiti dai genitori, naturali o adottivi, o dagli affidatari.

2. La Carta dei congedi e` predisposta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, secondo le procedure e le modalita` stabilite con apposito regolamento dello stesso Ministro da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. I dati sui congedi parentali fruiti dai genitori, naturali o adottivi, o dagli affidatari, sono trasmessi da parte dei datori di lavoro e delle amministrazioni pubbliche ad una banca dati informatizzata, costituita ai sensi di quanto previsto dal regolamento di cui al comma 2.

 

ART. 12.

Tutela del licenziamento nel lavoro domestico

 

1. A integrazione di quanto stabilito dall’articolo 62, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il divieto di licenziamento previsto all’articolo 54 del medesimo testo unico, e successive modificazioni, si applica anche al lavoro domestico.

 

ART. 13.

Sostegno all’adozione e all’affidamento

 

1. Le disposizioni di cui all’articolo 5 della presente legge si applicano anche al congedo di tre mesi fruito in caso di adozione e di affidamento previsto dall’articolo 26 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

2. I primi due mesi del congedo richiesto per la permanenza nello Stato straniero sono coperti dall’indennita` di maternita` nella misura prevista dall’articolo 5. Conseguentemente, al comma 2 dell’articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole:

« Il congedo non comporta indennita` ne` retribuzione » sono soppresse.

3. Le disposizioni in materia di riposi si applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro i primi otto anni di vita del bambino. Conseguentemente, al comma 1 dell’articolo 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole: « il primo anno » sono sostituite dalle seguenti: « i primi otto anni ».

 

CAPO III

SOSTEGNO AL LAVORO DI CURA

 

ART. 14.

Sostegno al congedo per gravi motivi di famiglia

 

1. A integrazione di quanto previsto all’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, il periodo di congedo per gravi motivi di famiglia fruito continuativamente per non meno di sei mesi, e` computato nell’anzianita` di servizio, a tutti gli effetti, ed e` coperto da contribuzione figurativa, calcolata ai sensi di quanto previsto dall’articolo 35, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

2. Al fine di sostenere la mobilita` professionale dei lavoratori e delle lavoratrici, la disposizione di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, secondo la quale il periodo di congedo per gravi motivi di famiglia non puo` essere superiore a due anni, si interpreta nel senso che tale periodo viene calcolato con riferimento al singolo rapporto di lavoro e non all’intera vita lavorativa.

 

ART. 15.

Sostegno alla cura di familiari disabili gravi

 

1. A integrazione di quanto previsto all’articolo 33, commi 3 e 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, i tre giorni di permesso retribuito mensile ivi previsti spettano anche per l’assistenza del coniuge o del convivente.

2. I tre giorni di permesso retribuito mensile di cui al comma 1 equivalgono a 18 ore.

3. La disposizione di cui all’articolo 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, si applica anche qualora l’accertamento della disabilita` sia avvenuto successivamente alla data di stipulazione del contratto di lavoro da parte del lavoratore che assiste il familiare gravemente disabile, e si applica con riferimento ai gruppi di imprese private e alle strutture pubbliche dei comparti delle pubbliche amministrazioni.

 

ART. 16.

Incentivi al lavoro a tempo parziale finalizzato alla conciliazione
tra vita professionale e vita familiare

 

1. Allo scopo di favorire il ricorso a forme di flessibilita` dell’orario favorevoli alle esigenze delle persone, il datore di lavoro che assume un lavoratore o una lavoratrice a tempo parziale o che accoglie la richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ha diritto alla riduzione delle aliquote contributive pari al 25 per cento qualora:

a) il lavoratore o la lavoratrice siano impegnati in lavoro di cura in favore di un familiare;

b) il contratto di lavoro a tempo parziale preveda una riduzione dell’orario pari ad almeno il 25 per cento;

c) nel contratto di lavoro a tempo parziale sia escluso il ricorso a clausole elastiche e a clausole flessibili;

d) nel contratto di lavoro a tempo parziale sia previsto il consenso del lavoratore o della lavoratrice allo svolgimento di lavoro supplementare e il rifiuto non costituisca infrazione disciplinare.

2. Il datore di lavoro, qualora abbia stipulato un contratto di lavoro a tempo parziale a seguito della richiesta del lavoratore o della lavoratrice di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e accolga la richiesta del lavoratore o della lavoratrice di ripristinare il rapporto di lavoro a tempo pieno, dopo un periodo di lavoro a tempo parziale di durata non inferiore a due anni, continua a fruire per un anno dello sgravio contributivo di cui al comma 1.

3. Il lavoratore o la lavoratrice con contratto di lavoro a tempo parziale stipulato ai sensi del presente articolo ha diritto di fruire della flessibilita` di orario in ingresso e in uscita prevista dal contratto collettivo applicato nell’unita` produttiva interessata.

4. Al finanziamento dell’incentivo di cui al comma 1 si provvede riservando una quota pari al 50 per cento dello stanziamento annuale previsto ai sensi dell’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53.

 

ART. 17.

Incentivi alla flessibilita` degli orari finalizzata alla conciliazione

tra vita professionale e vita familiare

 

1. Allo scopo di favorire il ricorso a forme di flessibilita` dell’orario funzionali alle esigenze delle persone, il datore di lavoro che consente la fruizione dei riposi compensativi, previsti dalla disciplina della banca delle ore del contratto collettivo, all’atto di presentazione della relativa domanda da parte del lavoratore o della lavoratrice impegnati in lavoro di cura di un familiare, o che determina l’orario multiperiodale previsto nel contratto collettivo sulla base delle esigenze del lavoratore o della lavoratrice impegnati in lavoro di cura di un familiare, ha diritto alla riduzione delle aliquote contributive pari al 15 per cento.

2. Al finanziamento dell’incentivo di cui al comma 1 si provvede riservando una quota pari al 50 per cento dello stanziamento annuale previsto ai sensi dell’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53.

 

CAPO IV

ASSEGNO DI SOSTEGNO ALLE RESPONSABILITA` FAMILIARI

 

ART. 18.

Assegno di sostegno alle responsabilita` familiari

 

1. Nelle more della realizzazione di provvedimenti di sostegno al reddito finalizzati a garantire diritti di sicurezza sociale in materia di tutela attiva del lavoro e del reddito, a decorrere dal 1o gennaio 2005, le disposizioni in materia di assegno per il nucleo familiare di cui al decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni, nonche´ le disposizioni previste dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, sono integrate dalle norme stabilite dal presente articolo.

2. L’assegno per il nucleo familiare, gli assegni familiari e ogni altro trattamento di famiglia, comunque denominato, sono denominati « assegni di sostegno alle responsabilita` familiari ».

3. Nella determinazione dei componenti il nucleo familiare si tiene conto anche del convivente, qualora risulti dalla certificazione anagrafica una durata della convivenza pari ad almeno un anno.

4. L’assegno di sostegno alle responsabilita` familiari e` composto da due parti:

a) una detrazione ai fini dell’imposta personale sul reddito, determinata in cifra fissa e pari a 520 euro per ogni figlio minore a carico;

b) un trasferimento pari all’assegno per il nucleo familiare per i lavoratori subordinati, per i lavoratori economicamente dipendenti e per i soci di cooperative, e all’assegno familiare per i lavoratori autonomi incrementato nella misura del 10 per cento per il primo, per il secondo e per il terzo figlio e del 5 per cento per il quarto figlio.

5. In conformita` a quanto previsto al comma 4, lettera a), in caso di in capienza fiscale, la detrazione ivi prevista e` corrisposta come trasferimento in misura pari alla quota parte della differenza tra l’ammontare complessivo delle detrazioni e l’imposta personale sul reddito imputabile alle detrazioni per figli minori a carico cui il contribuente ha diritto. Per la lavoratrice o il lavoratore subordinato o economicamente dipendente, la detrazione e` corrisposta dal datore di lavoro che si rivale sull’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) in forma analoga a quanto previsto per gli assegni per il nucleo familiare. Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, la detrazione e` corrisposta su base mensile direttamente dall’INPS e, in sede di saldo dell’imposta sul reddito, viene portata in ulteriore detrazione solo la parte residua, pari al valore della detrazione annua al netto di quanto erogato dall’INPS nel corso dell’anno.

Per la lavoratrice o il lavoratore autonomo e` previsto il credito d’imposta corrispondente all’eccedenza della detrazione, calcolata ai sensi del presente comma, a condizione che il reddito dichiarato sia coerente con gli studi di settore.

6. Fatte salve discipline di maggior favore, ai lavoratori subordinati ed economicamente dipendenti in stato di disoccupazione, l’assegno di sostegno alle responsabilita` familiari e` corrisposto direttamente dall’INPS, per un periodo pari a dodici mesi, elevati a sedici mesi per i lavoratori che hanno compiuto quarantacinque anni di eta` e a venti mesi per i lavoratori che hanno compiuto cinquanta anni di eta` . Nei territori con tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale, la durata e` elevata, rispettivamente, a quattordici, venti e ventiquattro mesi.

 

ART. 19.

Reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni

e modifica della tassazione sulle rendite finanziarie

 

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, e` ripristinata l’imposta sulle successioni e donazioni, nelle misure e con le modalita` previste dalle disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001, n. 383. Conseguentemente, l’articolo 13 e il comma 1 dell’articolo 14 della citata legge n. 383 del 2001 sono abrogati.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sugli interessi dei depositi bancari e postali di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e` applicata una ritenuta fiscale pari al 23 per cento. A decorrere dalla medesima data sugli interessi corrisposti sul rendimento dei titoli obbligazionari e dei titoli del debito pubblico di cui al medesimo articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e successive modificazioni, emessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, nonche´ sugli interessi dei titoli indicizzati al rendimento dei buoni ordinari del tesoro e` applicata una ritenuta fiscale pari al 23 per cento.

 

ART. 20.

Copertura finanziaria

 

1. L’onere derivante dalle disposizioni contenute nei capi da I a IV e` valutato in 3 milioni di euro in base d’anno, a decorrere dall’anno 2005.

2. All’onere di cui al comma 1 si provvede quanto a 650 milioni di euro con le entrate derivanti dal ripristino dell’imposta sulle successioni e donazioni stabilito dall’articolo 19, comma 1, e quanto a 2.350 milioni di euro con le entrate derivanti dall’applicazione della ritenuta fiscale prevista dal medesimo articolo 19, comma 2.

 

CAPO V

MISURE PER PROMUOVERE LE CAPACITA` E L’AUTONOMIA DEI GIOVANI

 

ART. 21.

Dotazione di capitale per i giovani

 

1. I benefici di cui al presente articolo sono attribuiti ai figli dei soggetti residenti nel territorio dello Stato, cittadini italiani o comunitari, ovvero cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea o apolidi che sono in possesso di regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro e regolarmente soggiornanti da almeno tre anni nel territorio dello Stato.

2. A decorrere dal 1o gennaio 2005 per ogni giovane di eta` inferiore a diciotto anni e per ogni nuovo nato e` istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un conto individuale vincolato, alimentato con un contributo figurativo di 1.000 euro su base annua. Il conto individuale puo` essere ulteriormente alimentato da donazioni di contribuenti deducibili dall’imposta sul reddito. I contributi e le donazioni di cui al presente comma siano capitalizzati a un saggio di interesse annuo pari al saggio di crescita del prodotto interno lordo (PIL) pro-capite. Conseguentemente, al numero 3) della lettera c) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80, sono aggiunte le seguenti parole: « donazioni dei contribuenti per il finanziamento del conto individuale, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a favore di ogni giovane di eta` inferiore a diciotto anni e di ogni nuovo nato ».

3. Al compimento del diciottesimo anno di eta` , il giovane ha diritto a richiedere di utilizzare in tutto o in parte la dotazione di capitale del proprio conto individuale a condizione di avere adempiuto all’obbligo formativo previsto dall’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. Il diritto di cui al presente comma decade al compimento, da parte del soggetto beneficiario, del ventottesimo anno di eta`.

4. La dotazione di capitale del conto individuale e` destinata a una o piu` delle seguenti finalita`:

a) formazione qualificata, con l’acquisizione di specifiche conoscenze e competenze professionali, mediante frequenza in Italia o in altro Paese appartenente all’Unione europea di corsi di laurea universitari, di corsi universitari post-laurea, di corsi di formazione riconosciuti, di tirocini professionali o similari;

b) avviamento di un’attivita` imprenditoriale o professionale;

c) acquisto della prima casa di abitazione.

5. I soggetti beneficiari, all’atto della domanda per l’utilizzazione della dotazione di capitale di cui al comma 3, specificano la finalizzazione della medesima dotazione con il relativo piano di spesa; ove non pienamente impegnata, la dotazione puo` essere utilizzata, per la parte residua ed entro il limite temporale di cui al medesimo comma 3, su ulteriore richiesta previa specificazione della finalita` e del relativo piano di spesa.

6. Nel caso il soggetto beneficiario risulti fiscalmente a carico di altro soggetto, quest’ultimo deve rilasciare dichiarazione, da allegare alla domanda di cui al comma 3, di esplicita rinuncia alla detrazione ai fini dell’imposta sul reddito per carichi familiari relativa al soggetto beneficiario della dotazione di capitale. Nel caso di utilizzo posticipato rispetto al compimento del diciottesimo anno di eta` , la dotazione e` ridotta in misura pari all’ammontare, maggiorato dell’interesse calcolato a un tasso annuo pari al saggio di crescita del PIL pro-capite, della detrazione ai fini dell’imposta sul reddito eventualmente goduta nel periodo di tempo intercorso tra il compimento del diciottesimo anno e la presentazione della domanda di cui al citato comma 3.

7. A decorrere dal primo rateo di utilizzo della dotazione di capitale di cui al presente articolo, il soggetto beneficiario e` tenuto a restituire, con le modalita` e nell’arco di tempo concordato con il fondo di cui all’articolo 22, comunque non superiore a venti anni, la somma utilizzata, al netto della parte costituita da donazioni private, a un tasso di interesse pari, per ogni anno di restituzione, al tasso di variazione dell’indice dei prezzi al consumo per la collettivita` nazionale calcolato dall’Istituto nazionale di statistica per l’anno precedente. In caso di mancato rispetto delle scadenze di restituzione, il beneficiario corrisponde gli interessi correnti per il ritardato rimborso calcolati a un tasso pari all’interesse legale. In caso di estinzione anticipata, il beneficiario restituisce la somma residua senza interessi e senza alcun onere di anticipata estinzione.

 

ART. 22.

Istituzione del fondo per l’autonomia dei giovani e convenzione con il sistema bancario

 

1. Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e` istituito, a decorrere dal 1o gennaio 2005, il fondo per l’autonomia dei giovani, di seguito denominato « fondo », destinato alla copertura degli oneri relativi alla differenza tra interessi dovuti, in base alla convenzione di cui al comma 3 del presente articolo, alle banche e agli istituti finanziari che erogano le dotazioni di capitale e gli interessi pagati, ai sensi del comma 7 dell’articolo 21, dai beneficiari in sede di restituzione della dotazione utilizzata.

Il fondo e` destinato altresì alla copertura degli oneri relativi ai rischi sui crediti erogati. Il fondo e` costituito da un ammontare pari a 15 milioni di euro per l’anno 2005, a 45 milioni di euro per l’anno 2006 e a 90 milioni di euro per l’anno 2007. Il Piano di azione aggiorna la dotazione del fondo per ogni anno del triennio successivo e la legge finanziaria delibera gli stanziamenti corrispondenti utilizzando a tale fine le risorse computate ai sensi del citato articolo 21, comma 6.

2. Il fondo provvede altresì a tenere la contabilita` dei conti individuali vincolati di cui all’articolo 21 mantenendo distinti, all’interno di ogni conto, i contributi figurativi dello Stato e le donazioni private e aggiornando la loro capitalizzazione ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 21.

3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze stipula una convenzione con l’Associazione bancaria italiana relativa all’erogazione ai beneficiari, da parte di banche e di istituti finanziari, della dotazione di capitale di cui all’articolo 21. La parte della dotazione costituita dalle donazioni private di cui al medesimo articolo 21, comma 2, e` erogata direttamente dal fondo. La convenzione stabilisce un tasso di interesse sui crediti corrispondenti alla parte utilizzata delle dotazioni di capitale omogeneo su tutto il territorio nazionale. La convenzione prevede le opportune modalita` per la sua periodica revisione, in particolare in relazione al tasso di interesse. L’onere relativo alla differenza tra interessi dovuti, in base al tasso stabilito dalla convenzione, alle banche e agli istituti finanziari che erogano le dotazioni di capitale e gli interessi pagati, ai sensi del comma 7 del citato articolo 21, dai beneficiari in sede di restituzione della dotazione utilizzata, e` a carico del fondo. A carico del medesimo fondo e` posta anche la garanzia per la copertura dei rischi sui crediti erogati.

4. La banca o l’istituto finanziario che eroga la dotazione di capitale e` tenuto a monitorarne l’effettivo utilizzo per le finalita` di cui alla presente legge secondo le modalita` stabilite dalla convenzione di cui al comma 3.

 

ART. 23.

Fondi regionali e delle province autonome

 

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con propri provvedimenti, possono:

a) istituire con risorse proprie fondi regionali e provinciali per l’autonomia dei giovani, di seguito denominati « fondi », destinati alla copertura degli oneri per interessi e per la garanzia dei rischi sui crediti connessi a integrazioni della dotazione di capitale per i giovani da contabilizzare in appositi conti individuali su base regionale o provinciale. Le modalita` di finanziamento, di erogazione e di restituzione delle integrazioni sono stabilite autonomamente dalle regioni e dalle province autonome che possono avvalersi allo scopo della convenzione di cui al comma 3 dell’articolo 22;

b) stabilire le modalita` per il cofinanziamento dei fondi da parte di enti territoriali e locali nonche´ da parte di privati cittadini, societa` , associazioni ed enti, tra cui gli enti conferenti disciplinati dal decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni;

c) definire i criteri per il monitoraggio dell’effettivo utilizzo delle integrazioni previste dalla lettera a) per le finalita` stabilite dai relativi provvedimenti regionali e delle province autonome.