Ufficio per il personale

delle pubbliche amministrazioni

Servizio per il trattamento del personale

 

                                                                                     Roma, 15 marzo 2005

 

                                                               Lettera circolare

 

 

                                                             Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

- Ufficio del Segretario generale

A tutti i Ministeri

- Gabinetto

- Direzione generale affari generali e personale

 

Al Consiglio di Stato

- Ufficio del Segretario generale

 

Alla Corte dei conti

- Ufficio del Segretario generale

 

All’Avvocatura generale dello Stato

- Ufficio del Segretario generale

 

Alle Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo

(per il tramite dei Ministeri interessati)

 

Al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro  - Ufficio del Segretario generale

 

Agli Enti di cui all’articolo 70, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001

 

Alle Agenzie di cui al d.lgs. n. 300/1999

(per il tramite dei Ministeri interessati)

 

Agli Enti pubblici non economici

(per il tramite dei Ministeri vigilanti)

 

e, p.c.  Alla Presidenza della Repubblica

- Segretariato generale

 

All’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN)

 

Al Ministero dell’Economia e delle Finanze

Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - IGOP         

 

Loro sedi

 

 

OGGETTO: Disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per l’anno 2005) in materia di affidamento di incarichi di studio, di ricerca, di consulenza.

 

Premessa

            Alla luce delle numerose richieste di chiarimenti provenienti dalle pubbliche amministrazioni sul tema dell’affidamento di incarichi di studio, di ricerca e di consulenza appare opportuno fornire alcuni chiarimenti.

La legge 30 dicembre 2004, n. 311, in diversi commi dell’articolo unico, impone alle pubbliche amministrazioni alcuni limiti di spesa per il ricorso alle collaborazioni esterne, oltre che per le tipologie di lavoro flessibile, come i contratti a tempo determinato. Ciò in considerazione del fatto che il perdurante blocco delle assunzioni potrebbe determinare, come già di fatto avvenuto, un aumento della spesa per le collaborazioni, oltre che della spesa per il personale dovuto al ricorso al lavoro a tempo determinato, nonché un utilizzo non corretto di tali istituti contrattuali.

Le disposizioni che interessano sono contenute nei commi 11, 42 e 116 e presentano alcune difficoltà interpretative in quanto hanno per oggetto fattispecie differenziate, tetti di spesa e destinatari diversi e, conseguentemente, possono comportare problemi applicativi per le amministrazioni, non solo in termini finanziari ma anche dal punto di vista della configurazione giuridica della fattispecie. Pertanto, ad avviso dello scrivente, è opportuno, in questa sede, procedere ad una analisi approfondita delle richiamate disposizioni, anche a seguito delle “Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)” stilate dalle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti nell’adunanza del 15 febbraio 2005.

 

 

1. Gli incarichi ad elevato contenuto professionale

 

Le disposizioni della legge finanziaria riprendono in materia quanto già disciplinato dal decreto legge n. 168 del 2004, convertito con legge n. 191 del 2004, la cui efficacia deve, però, considerarsi esaurita al 31 dicembre 2004.

Dalla lettura sistematica dalle richiamate disposizioni della legge finanziaria emerge come il legislatore abbia stabilito una linea di demarcazione, costituita dalla tipologia di prestazione, fra le collaborazioni ad alto contenuto professionale, quali gli incarichi di studio, ricerca e consulenza di cui ai commi 11 e 42 e le collaborazioni coordinate e continuative in genere indicate al comma 116.

Si osserva, inoltre, come entrambe le disposizioni della legge finanziaria indichino i presupposti del ricorso agli incarichi di studio, ricerca e consulenza, che sono così individuati: “L’affidamentoa soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente… è possibile solo nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari” (art. 1, comma 11, secondo periodo), per le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 165 del 2001 salvo le specifiche previsioni del comma 42 per gli enti locali. Quest’ultimo individua come presupposto per il ricorso alle richiamate tipologie di lavoro autonomo l’”assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni.” (Legge quadro in materia di lavori pubblici).

Tuttavia non sembra che tali  disposizioni si pongano in contrasto con la disciplina vigente in tema di incarichi esterni, segnatamente previste dall’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dall’articolo 110, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 per le amministrazioni locali. Infatti come indicato dalla circolare n. 4 del 2004 di questo Dipartimento, il ricorso alle collaborazioni esterne di cui alle norme citate si sostanzia nella necessità di far fronte ad una esigenza di carattere eccezionale e peculiare che comporta il ricorso all’apporto di apposite competenze specifiche non rinvenibili al suo interno, poiché diversamente l’amministrazione è tenuta ad utilizzare le risorse professionali di cui dispone oppure tenere conto delle mutate necessità in sede di programmazione triennale dei fabbisogni, eventualmente ricorrendo alle procedure di progressione verticale od orizzontale. Oppure facendo ricorso alle procedure di mobilità, particolarmente favorite dal legislatore con l’ultima legge finanziaria, anche attraverso avvisi e procedure selettive. Tenuto conto di quanto premesso l’incarico ad un estraneo all’amministrazione può essere ritenuto legittimo solo quando costituisca fattispecie rientrante nelle tipologie previste dalla normativa generale o da leggi speciali che lo consentano.

  

1.1 Criteri di legittimità

Gli incarichi di studio, ricerca e consulenza dovranno rispondere ai criteri di legittimità individuati dalla giurisprudenza della Corte dei Conti, puntualmente richiamata nella circolare n. 4 del 2004, e ripresi nelle linee di indirizzo dettate dalla Corte in relazione alla legge n. 311 del 2004 come di seguito riportato.

“….la giurisprudenza della Corte dei Conti, in sede di controllo e in sede giurisdizionale, ha elaborato i seguenti criteri per valutare la legittimità degli incarichi e delle consulenze esterni:

a)     rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’amministrazione;

b)     inesistenza, all’interno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dell’incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;

c)     indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico;

d)     indicazione della durata dell’incarico;

e)     proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’amministrazione.”

Si sottolinea come un altro elemento che assume particolare rilievo ai fini della legittimità del ricorso agli incarichi ad esterni sia costituito dal collegamento fra gli obiettivi del committente e l’oggetto dell’incarico. Infatti, poiché le pubbliche amministrazioni sono profondamente orientate da logiche programmatorie, finalizzate al controllo delle attività ed alla valutazione dei risultati, la  collaborazione esterna dovrebbe naturalmente inserirsi nell’ambito di  attività oggetto dell’indirizzo politico-amministrativo che trovano logica attuazione attraverso la definizione di obiettivi strategici ed obiettivi operativi. Ciò mette in evidenza l’importanza della fase della individuazione delle competenze necessarie cui si collega quella della valutazione della professionalità dei possibili collaboratori. Può essere, pertanto, opportuno ricorrere ad avvisi pubblici ed a metodologie qualificate di valutazione e selezione e comparazione dei curricula, in modo da garantire l’apporto più rispondente alle esigenze dell’amministrazione committente, oltre a garantire la trasparenza delle scelte dell’amministrazione e per gli enti locali prevedere tali procedure nei propri regolamenti sull’ordinamento e sui servizi o provvedere ad adottare appositi regolamenti.

 

1.2 Contenuto della prestazione

Le disposizioni contenute nei commi 11 e 42 fanno riferimento a fattispecie diverse che sono ricollegate dall’elemento della elevata professionalità. Si può  ritenere che nel caso degli incarichi di studio e di ricerca si tratti, in genere, di collaborazioni occasionali ben circoscritte nel contenuto e destinate ad esaurirsi in un breve lasso di tempo quali, appunto prestazioni occasionali. Mentre nell’ipotesi della consulenza tale prestazione potrebbe identificarsi anche con la collaborazione coordinata e continuativa nella quale, pur in presenza di una prestazione riconducibile ad un ambito ben definito, questa sia destinata a protrarsi nel tempo, in maniera coordinata con i fini del committente, seppure in modo sostanzialmente autonomo. In pratica tutte e tre le fattispecie possono considerarsi rientrare nella prestazione d’opera intellettuale disciplinata  dagli articoli 2229-2238 del codice civile.

Appare, però, utile chiarire in cosa si sostanziano le diverse tipologie di incarico richiamate dal legislatore, al fine evidenziare il contesto che ne legittima il ricorso, anche facendo riferimento alla disamina contenuta nelle linee di indirizzo fornite dalla Corte dei Conti.

Per quanto concerne gli incarichi di studio può farsi riferimento all’articolo 380 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, poi riprodotto nel regolamento di semplificazione d.P.R. 18 aprile 1994, n. 338 in materia di conferimento di incarichi individuali ad esperti da parte dei Ministri. Sul punto la medesima giurisprudenza della Corte,  aveva definito la tipologia in questione come lo studio o l’esame di un particolare problema con la finalità di produrre un risultato che diverrà proprio del committente e sarà da questi utilizzato.[1][1] L’incarico di studio concerne quindi lo studio e la soluzione di questioni inerenti all’attività dell’amministrazione committente.

Gli incarichi di ricerca si sostanziano in un’attività speculativa, ed in questo caso acquista una particolare importanza il legame con l’attività programmatoria delle amministrazioni sopra ricordata.

Attraverso gli incarichi di consulenza il committente si assicura pareri, valutazioni, espressioni di giudizio su specifiche questioni tramite prestazioni professionali, eventualmente anche in maniera coordinata e continuativa, ma che in tal caso rientrano nelle previsioni contenute nel comma 116.

Sempre in tema di legittimo ricorso all’apporto esterno si rinvia alla distinzione operata dalla Corte, la quale ritiene che siano escluse dal novero degli incarichi definiti ai commi 11 e 42:

§         le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici o strutture a ciò deputati;

§         la rappresentanza in giudizio ed il patrocinio dell’amministrazione;

§         gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi, necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione,

ciò in quanto difetta ogni facoltà discrezionale dell’amministrazione, come peraltro sottolineato dalla espressa esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge quadro sui lavori pubblici contenuta nel comma 42.

           

2. Gli adempimenti connessi all’affidamento di incarichi

 

            Il legislatore nel fissare limiti di spesa per il ricorso alle collaborazioni esterne ad elevato contenuto professionale ha posto, nei commi 11 e 42, ulteriori obblighi a carico delle amministrazioni. Infatti tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere  gli atti di affidamento di incarichi e consulenze conferiti a soggetti estranei all’amministrazione alla Corte dei Conti e gli enti locali debbono trasmettere anche la valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria.

Tali previsioni hanno posto alcuni problemi interpretativi poiché il legislatore non ha specificato come l’obbligo di trasmissione degli atti alla Corte si inserisca nel vigente sistema dei controlli sulla gestione ed anche in considerazione del fatto che in entrambi i commi si prevede che l’affidamento di incarichi al di fuori delle previsioni ivi contenute costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

         Al riguardo è la Corte medesima a definire la portata della norma, come già in precedenza accaduto in relazione all’articolo 1, comma 9, del decreto legge n. 168 del 2004. Infatti nelle linee di indirizzo già richiamate viene chiarito che l’obbligo di trasmissione degli atti alla Corte deve ritenersi rientrante fra le competenze alla medesima attribuite in tema di controllo sulla gestione e, pertanto, è da escludersi l’ipotesi di un invio alle Procure regionali infatti ciò “contrasterebbe con la funzione istituzionale degli organi requirenti, che hanno il compito di esercitare l’azione per l’accertamento della responsabilità amministrativa o contabile e che possono ricevere, perciò, soltanto gli atti dai quali emergano elementi di danno per l’erario”. In particolare gli atti inviati saranno utilizzati nell’ambito del controllo successivo sulla gestione. Solo se in tale sede si verrà a conoscenza di ipotesi di illecito contabile si procederà alla segnalazione alla competente Procura regionale. La Corte ha, inoltre, ricordato che rimane a carico degli organi amministrativi e di controllo interni l’obbligo di denuncia alla Procura regionale di tali ipotesi.

         Il comma 42 dell’articolo unico prevede, quindi, che gli incarichi ad estranei all’amministrazione affidati da parte degli enti locali devono essere comunicati alla Corte corredati dalla valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale.

In precedenza l’articolo 1, comma 9 del decreto n. 168 del 2004 aveva imposto la comunicazione preventiva agli organi di controllo ed agli organi di revisione di ciascun ente, pertanto erano sorti diversi interrogativi sulla natura dell’attività che tali organi erano chiamati ad effettuare e sull’incidenza di un esito negativo del controllo sull’effettivo affidamento dell’incarico. Ora la legge finanziaria nel riferirsi espressamente alla valutazione degli organi di revisione degli enti  fa rientrare l’adempimento nelle tradizionali competenze dell’organo.

         Anche su tale profilo è opportuno fare riferimento alle linee di indirizzo della Corte dei Conti nelle quali è chiarito che il collegio dei revisori dei conti deve valutare la regolarità contabile, finanziaria ed economica dell’atto, con particolare riguardo all’osservanza del limite di spesa posto dalla legge n. 311 del 2004. L’attività in questione corrisponde, quindi, a quella definita dall’articolo 239, lett. b) del decreto legislativo n. 267 del 2000, che in relazione alle funzioni degli organi di revisioni, stabilisce che gli stessi forniscono:

“b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione”.

 

3. Le collaborazioni coordinate e continuative

 

Sempre in relazione alla natura  dei rapporti di lavoro per i quali la legge finanziaria pone dei tetti di spesa  è opportuno ricordare le disposizioni contenute nel comma 116 dell’articolo unico, laddove si prevede che le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzione ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001. Tali limitazioni non si applicano alle regioni e alle autonomie locali che, pertanto, non hanno un tetto di spesa, con l’eccezione, però, degli enti locali che per l’anno 2004 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno, le quali, pertanto, non possono ricorrere al lavoro a tempo determinato, alle convenzioni ed alle collaborazioni coordinate e continuative.

Dalla lettura sistematica delle disposizioni della legge finanziaria si evidenzia una differenza fra le collaborazioni di cui ai commi 11 e 42, rispetto alle collaborazioni coordinate e continuative indicate al comma 116. Differenza che la legge finanziaria pone nell’elevato contenuto professionale e nella particolare competenza specialistica rinvenibile negli incarichi di studio, ricerca e consulenza rispetto alle collaborazioni coordinate e continuative di cui al comma 116, che da queste debbono essere tenuti distinti e per i quali è posto l’obbligo di comunicazione alla Corte dei Conti.

         Al riguardo è, infatti, il caso di ricordare che per individuare i casi oggetto di tale adempimento è necessario riferirsi al contenuto della prestazione ed alle modalità di svolgimento della stessa e non alla tipologia contrattuale cui si fa ricorso, poiché le attività di studio, ricerca o consulenza possono essere oggetto di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa oltre che di prestazione occasionale.

         E’ tuttavia necessario sottolineare che seppure il legislatore abbia operato un riferimento indifferenziato per quanto riguarda il ricorso a personale a tempo determinato o a contratti di collaborazione coordinata e continuativa le amministrazioni dovranno orientare la scelta della tipologia lavorativa in relazione alla specifica necessità cui debbono dare soluzione. Infatti laddove si debba rispondere ad una esigenza quantificabile e definita nel tempo sarà necessario un effettivo inserimento nell’organizzazione lavorativa e l’esercizio del potere direttivo del datore di lavoro. Pertanto l’amministrazione stipulerà contratti di lavoro a tempo determinato. Qualora invece ci si trovi in circostanze eccezionali, e pertanto temporanee, cui non si possa far fronte con le risorse in dotazione si ricorrerà ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa. In tal caso rileva la competenza necessaria a svolgere l’attività richiesta in autonomia, seppure in coordinamento con i fini dell’amministrazione committente. Infatti sul punto la giurisprudenza della Corte dei Conti ha affermato l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi.

 

 4. Tetti di spesa

 

            Per quanto concerne la spesa si rinvia ai commi 11, 42 e 116 dell’articolo unico della legge finanziaria nei quali il legislatore ha posto limiti diversi per le singole amministrazioni e per le diverse tipologie contrattuali.

         Al riguardo si segnala che, secondo quanto evidenziato dalla Corte dei Conti nelle già citate linee di indirizzo, il tetto di spesa stabilito al comma 11 per gli incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione si applica a tutte le pubbliche amministrazioni pubbliche, comprese le regioni, le province ed i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, con la sola esclusione  delle università e degli enti di ricerca.

          In conclusione si rammenta che le tipologie professionali e contrattuali indicate nei richiamati commi 11, 42 e 116 vanno adottate con prudenza e non debbono costituire fenomeni permanenti tali da generare aspettative di stabilizzazione non compatibili con le disposizioni sull’accesso nella pubblica amministrazione e con quanto previsto in materia di assunzioni nella legge 30 dicembre 2004, n. 311.

         Rileva, pertanto, richiamare il principio guida contenuto nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che vede tra le proprie finalità quella di “realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni”, in particolare in sede di programmazione dei fabbisogni, di programmazione delle attività di formazione e di contrattazione integrativa decentrata, nonché ricorrendo all’utilizzo dell’istituto della mobilità.

 

 

                                                                            Il Direttore dell’Ufficio

                                                                               Francesco Verbaro


 

ALLEGATO 1

COMUNICAZIONI ALLA CORTE DEI CONTI

 

 

Ai fini della trasmissione degli atti le amministrazioni dovranno, pertanto, attenersi a quanto di seguito evidenziato:

 

Amministrazioni centrali dello Stato

Atti corredati da certificazione sul rispetto del limite di spesa dell’Ufficio centrale di bilancio

Sezione centrale del controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti

Enti pubblici nazionali

Atti corredati da certificazione sul rispetto del limite di spesa dei competenti servizi di ragioneria

Sezione del controllo sugli enti della Corte dei Conti

Regioni, Province e Comuni

Amministrazioni decentrate dello Stato

ASL, CCIA, Enti pubblici regionali non economici

Atti corredati da certificazione sul rispetto del limite di spesa dei competenti servizi di ragioneria

Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti

Enti che adottano la contabilità economica

Attestazione dell’organo che esercita il controllo contabile

Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti per gli enti territoriali oppure Sezione sul controllo degli enti

 

[1] Corte dei Conti Sez. Contr., det. N. 1453 del 21 maggio 1984, Ministero del bilancio e della programmazione economica (p. d. 101666).