SENTENZA DELLA CORTE

3 ottobre 2000 (1)

«Politica sociale - Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttive 89/391/CEE e 93/104/CE - Ambito di applicazione - Medici di unità di pronto soccorso - Durata media del lavoro - Inclusione del tempo delle permanenze - Lavoratori notturni e lavoratori turnisti»

Nel procedimento C-303/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana (Spagna), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Sindicato de Médicos de Asistencia Pública (Simap)

e

Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana,

domanda vertente sull'interpretazione delle direttive del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1) e 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida (relatore), D.A.O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: A. Saggio,


cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale,

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il Sindicato de Médicos de Asistencia Pública (Simap), dall'avv. D. Rivera Auñón,

- per la Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana, dal signor J. Pla Gimeno, giurista presso il servizio giuridico della Generalidad Valenciana, in qualità di agente,

- per il governo spagnolo, dalla signora M. López-Monís Gallego, abogado del Estado, in qualità di agente,

- per il governo finlandese, dalla signora T. Pynnä, valtionasiamies, in qualità di agente,

- per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dal signor D. Anderson, barrister,

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor D. Gouloussis, consigliere giuridico, e dalla signora I. Martínez del Peral, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del Sindicato de Médicos de Asistencia Pública (Simap), con l'avv. D. Rivera Auñón, della Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana, rappresentata dal signor J. Pla Gimeno, del governo spagnolo, rappresentato dalla signora N. Díaz Abad, abogado del Estado, in qualità di agente, del governo finlandese, rappresentato dalla signora T. Pynnä, e della Commissione, rappresentata dal signor D. Gouloussis e dalla signora I. Martínez del Peral, all'udienza del 28 settembre 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 dicembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.

Con ordinanza 10 luglio 1998, pervenuta in cancelleria il 3 agosto seguente, il Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), cinque questioni pregiudiziali relative all'interpretazione delle direttive del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1, in prosieguo: la «direttiva di base») e 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18).

2.

Tali questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra il Sindicato de Médicos de Asistencia Pública de la Comunidad Valenciana (sindacato dei medici della pubblica assistenza della Regione di Valencia, in prosieguo: il «Simap») e la Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana (Ministero della Sanità della Regione di Valencia), organo quest'ultimo citato in giudizio con ricorso collettivo, proposto dal Simap, relativamente al personale medico assegnato alle unità di pronto soccorso dei centri sanitari di detta Regione.

Il contesto normativo

La normativa comunitaria

La direttiva di base

3.

La direttiva di base è la direttiva quadro in materia. Essa fissa i principi generali successivamente sviluppati da una serie di direttive particolari, tra le quali figura la direttiva 93/104.

4.

L'art. 2 della direttiva di base definisce il suo campo di applicazione nei seguenti termini:

«1. La presente direttiva concerne tutti i settori d'attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative, ecc.).

2. La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo. In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate, tenendo conto degli obiettivi della presente direttiva».

La direttiva 93/104

5.

La direttiva 93/104 mira a promuovere il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori sul lavoro. Essa è stata adottata sul fondamento dell'art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE).

6.

I primi due articoli della direttiva 93/104 definiscono il suo oggetto, il suo campo di applicazione, nonché la portata ed il significato delle nozioni utilizzate.

7.

Ai sensi dell'art. 1 di detta direttiva, intitolato «oggetto e campo di applicazione»:

«1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro.

2. La presente direttiva si applica:

a) ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e

b) a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

3. La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 89/391/CEE, fatto salvo l'articolo 17 della presente direttiva, ad eccezione dei trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione.

4. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva».

8.

Con il titolo «definizioni», l'art. 2 della medesima direttiva dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;

3) periodo notturno: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo fra le ore 24 e le ore 5;

4) lavoratore notturno:

a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale; e

b) qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dello Stato membro interessato:

i) dalla legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o

ii) da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali a livello nazionale o regionale;

5) lavoro a turni: qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane;

6) lavoratore a turni: qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni».

9.

La direttiva 93/104 fissa una serie di norme relative alla durata massima settimanale di lavoro, ai periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale, alle ferie annuali, nonché in ordine alla durata ed alle condizioni del lavoro notturno e del lavoro a turni.

10.

Per quanto riguarda la durata massima settimanale del lavoro, l'art. 6 della direttiva 93/104 dispone:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

1) la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;

2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

11.

Per quanto riguarda la durata del lavoro notturno, l'art. 8 della direttiva 93/104 prevede:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

1) l'orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore;

2) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

Ai fini del presente punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno».

12.

L'art. 15 della direttiva 93/104 prevede:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

13.

L'art. 16 della direttiva 93/104 fissa i periodi di riferimento da prendere in considerazione per l'applicazione delle norme indicate ai punti 9-12 della presente sentenza. Esso recita:

«Gli Stati membri possono prevedere:

1) per l'applicazione dell'articolo 5 (riposo settimanale), un periodo di riferimento non superiore a 14 giorni;

2) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

I periodi di ferie annue, concesse a norma dell'articolo 7, ed i periodi di assenza per malattia non vengono presi in considerazione o sono neutri ai fini del computo della media;

3) per l'applicazione dell'articolo 8 (durata del lavoro notturno), un periodo di riferimento definito previa consultazione delle parti sociali o mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale o regionale fra le parti sociali.

Il periodo minimo di riposo settimanale di 24 ore prescritto a norma dell'articolo 5 non viene preso in considerazione per il computo della media se cade nel periodo di riferimento in questione».

14.

La direttiva 93/104 prevede anche una serie di deroghe alle sue norme di base, tenuto conto delle caratteristiche particolari di talune attività ed a talune condizioni. A tal proposito, l'art. 17 dispone:

«1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

b) di manodopera familiare; o

c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.

2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:

a) per le attività caratterizzate da una distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore oppure da una distanza fra diversi luoghi di lavoro dello stesso;

b) per le attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;

(...)

3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

(...)

4. La facoltà di derogare all'articolo 16, punto 2, prevista al paragrafo 2, punti 2.1 e 2.2 e al paragrafo 3 del presente articolo non può avere come conseguenza la fissazione di un periodo di riferimento superiore a sei mesi.

Tuttavia gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che, per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, i contratti collettivi o gli accordi conclusi tra le parti sociali fissino periodi di riferimento che non superino in alcun caso i dodici mesi.

(...)».

15.

L'art. 18 della direttiva 93/104 prevede:

«1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva.

b) i) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale scopo, che:

- nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore all'esecuzione di tale lavoro;

- nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad accettare di effettuare tale lavoro;

- il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro;

- i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro;

- il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2.

(...)».

La normativa nazionale

16.

Con il titolo «Orario di lavoro», l'art. 6 del regio decreto dell'11 gennaio 1984, n. 187 (BOE n. 27 del 1° febbraio 1984, pag. 2627), prevede:

«1 Le prestazioni del personale facente parte delle unità di pronto soccorso hanno una durata di 40 ore settimanali, fatte salve le prestazioni eventualmente dovute per la partecipazione ai turni di guardia, dovendo tale personale rispondere alle richieste di soccorso a domicilio ed a quelle di carattere urgente, conformemente a quanto previsto dagli statuti legali del personale medico e ausiliario sanitario della previdenza sociale e dalle loro norme di applicazione (...).

2 Nelle zone rurali, le cure sono fornite di mattina e di pomeriggio presso il centro sanitario, negli ambulatori locali e a domicilio, tanto in regime ordinario che in regime di urgenza.

Tra i componenti dell'unità verranno organizzati turni a squadre per i soccorsi urgenti, mentre i servizi sono centralizzati al centro sanitario tutti i giorni della settimana».

17.

Con decisione 20 novembre 1992, pubblicata in allegato alla Resolución del 15 gennaio 1993 (BOE n. 28 del 2 febbraio 1993, pag. 2864), il Consiglio dei ministri ha approvato l'accordo concluso il 3 luglio 1992 tra l'amministrazione della sanità dello Stato e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nel settore del pronto soccorso in Spagna. L'allegato di tale decisione relativa agli accordi in materia di pronto soccorso prevede, alla rubrica «B) Servizio di guardia»:

«(...) In via generale, il numero massimo di ore di guardia è fissato a 425 all'anno. Per le unità di pronto soccorso ubicate in zone rurali, che inevitabilmente superano le 425 ore di guardia all'anno previste in via generale, il limite massimo è fissato a 850 ore all'anno, con l'obiettivo di ridurre progressivamente il numero di ore di guardia (...)».

18.

Anche per quanto riguarda la Regione di Valencia è stato firmato un accordo, il 7 maggio 1993, tra le organizzazioni sindacali più rappresentative e l'amministrazione regionale, un accordo formulato in termini analoghi a quelli riportati al punto precedente. Tale accordo prevede in particolare:

«(...) La durata massima delle prestazioni in servizio di guardia effettuate dal personale è fissata a 425 ore all'anno. Per le unità di pronto soccorso ubicate nelle zone rurali in cui le prestazioni in servizio di guardia inevitabilmente superano le 425 ore all'anno fissate in via generale, è stato convenuto, con l'obiettivo di diminuire progressivamente il numero di ore di servizio di guardia, di fissare un tetto di 850 ore all'anno come durata massima e di assumere a tale scopo nuovo personale medico e paramedico (ATS asistentes técnicos sanitarios) nel rispetto del limite di bilancio prefissato (...)».

19.

Un regolamento recante organizzazione e funzionamento delle unità di pronto soccorso della Regione di Valencia (in prosieguo: il «regolamento») è stato adottato con decisione 20 novembre 1991 della Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana. L'art. 17, n. 3, di tale regolamento riproduce l'art. 6 del regio decreto n. 137/84.

20.

Con sentenza 15 dicembre 1993, la sezione contenzioso amministrativo del Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana ha annullato la decisione che approvava il regolamento.

21.

Il 21 settembre 1995 è stato adottato il regio decreto n. 1561/95 relativo all'orario di lavoro speciale (BOE n. 230, del 26 settembre 1995, pag. 28606). Il suo campo di applicazione si limita ai normali rapporti di lavoro di diritto privato e non contiene alcuna disposizione relativa al settore della sanità.

La controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali

22.

Con ricorso collettivo diretto contro la Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana, il Simap ha domandato che fosse accertato che tutti i medici che prestano la loro attività nelle unità di pronto soccorso della Regione di Valencia hanno diritto:

- a che l'art. 17, n. 3, del regolamento sia interpretato alla luce degli artt. 6, 8, 15 e 17 della direttiva 93/104;

- a che il loro orario di lavoro non ecceda le quaranta ore, ivi compresi gli straordinari, per periodo di sette giorni (su un totale di quattro mesi) e a che l'orario di lavoro notturno non ecceda le otto ore al giorno, per periodo di ventiquattro ore oppure, in caso di superamento, a che siano concessi loro periodi equivalenti di riposo compensativo;

- oppure, in via subordinata, a che il loro orario di lavoro non ecceda le quarantotto ore, compresi gli straordinari, per periodo di sette giorni (su un totale di quattro mesi) e a che l'orario di lavoro notturno non ecceda le otto ore per periodo di ventiquattro ore oppure, in caso di superamento, a che siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo;

- a che sia loro riconosciuta la qualifica di lavoratori notturni e di lavoratori turnisti e a che, pertanto, prima di essere assegnati a tale tipo di lavoro, e in seguito periodicamente, siano attuate le misure di tutela speciale, previste dagli artt. 9-13 della direttiva 93/104.

23.

Secondo il giudice a quo, il ricorso è fondato sull'osservazione secondo cui, in forza dell'art. 17, n. 3, del regolamento, che riproduce l'art. 6 del regio decreto n. 137/84, i medici che prestano la loro attività nelle unità di pronto soccorso sono tenuti a lavorare senza limiti di tempo e senza che la durata del lavoro sia soggetta ad un limite giornaliero, settimanale, mensile o annuale; inoltre, l'orario normale sarebbe seguito dall'orario di guardia e quest'ultimo dall'orario normale del giorno successivo, e ciò con la cadenza voluta dalla Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana, secondo esigenze fissate unilateralmente. Il Simap sostiene inoltre che «di fatto, un medico dell'unità di pronto soccorso è soggetto all'orario di lavoro ininterrotto di trentuno ore, senza riposo notturno, ogni volta che il programma settimanale o mensile lo prevede, a volte con cadenza a giorni alterni; egli deve alimentarsi con mezzi propri; deve spostarsi per le visite a domicilio, durante le ore notturne in cui non esistono trasporti pubblici, solo e senza alcuna misura di sicurezza, come può».

24.

Il giudice a quo rileva che i medici delle unità di pronto soccorso di Puerto de Sagunto e di Burjassot prestano servizio secondo l'orario che va dalle ore 8 alle ore 15, orario al quale si aggiunge, ogni 11 giorni, un periodo di servizio di guardia che va dalla fine della giornata lavorativa fino alle ore 8 del mattino successivo, salvo imprevisti eccezionali quali, in particolare, la sostituzione di colleghi ammalati. L'orario di lavoro settimanale dei medici interessati raggiunge le quaranta ore settimanali, alle quali occorre aggiungere, se del caso, il servizio di guardia, il quale fa parte dell'orario legale secondo la prassi nazionale relativa all'interpretazione del loro statuto e della normativa interna applicabile.

25.

Il giudice a quo rileva inoltre che, secondo la prassi nazionale riguardante i medici i cui rapporti con l'amministrazione sono disciplinati da norme statutarie, l'orario del servizio di guardia è un orario speciale che non rientra nelle ore di lavorostraordinario e che è retribuito in modo forfettario, senza tener conto della quantità di lavoro effettivamente svolta.

26.

D'altra parte, quando la guardia medica o la permanenza è assicurata secondo il regime della reperibilità del medico, solo le ore effettive di lavoro dovrebbero essere prese in considerazione per determinare il tempo di lavoro massimo. Secondo il giudice a quo, il servizio di guardia nei centri sanitari non deve mai essere considerato come lavoro straordinario; quest'ultimo costituirebbe un prolungamento dell'orario di lavoro normale, con lo stesso carico di lavoro, mentre il servizio di guardia viene svolto in condizioni diverse da quelle in cui si svolge il lavoro corrispondente all'orario normale.

27.

Il giudice nazionale rileva altresì che la direttiva 93/104 non è stata trasposta correttamente nel diritto interno spagnolo. Infatti, solo il regio decreto n. 1561/95 è stato adottato ed il suo campo di applicazione si limita ai normali rapporti di lavoro di diritto privato, mentre nessuna disposizione di tale decreto riguarda il settore della sanità.

28.

Di conseguenza il Tribunal Superior de Justicia della Comunidad Valenciana ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Questioni relative all'applicabilità generale della direttiva:

a) Per effetto del tenore dell'art. 118 A, del Trattato istitutivo della Comunità europea e del riferimento contenuto all'art. 1, n.3, della direttiva a tutti i settori di attività, privati o pubblici, nel senso di cui all'art. 2 della direttiva 89/391/CEE, a termini del quale la direttiva stessa non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche del pubblico impiego ... vi si oppongono in modo imperativo (...), se debba intendersi che l'attività dei medici delle unità di pronto soccorso, interessate dalla presente controversia, rientri nella detta esclusione.

b) L'art. 1, n.3, della menzionata direttiva richiama parimenti il successivo art. 17 di questa con la locuzione fatto salvo. Benché non esista, come precedentemente accennato, una normativa di armonizzazione dello Stato o di una Regione autonoma, se tale silenzio debba essere interpretato quale deroga al disposto degli artt. 3, 4, 5, 6, 8 e 16, quando, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'attività svolta, l'orario di lavoro non sia di durata misurata e/o predeterminata.

c) Se l'esclusione di cui all'art. 1, n.3, in fine, della direttiva, relativa alle attività dei medici in formazione, induca a contrario a ritenere che le attività degli altri medici siano ricomprese nella sfera di applicazione della direttiva medesima.

d) Se la precisazione secondo cui le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie indicate nel n. 2 della norma medesima presenti una rilevanza particolare riguardo al fatto di farle valere e di applicarle.

2. - Questioni relative all'orario di lavoro

a) L'art. 2, punto 1, della direttiva definisce come orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. In considerazione della prassi nazionale descritta al punto 8 della parte in fatto della presente ordinanza e considerata l'inesistenza di norme di armonizzazione, se debba continuare ad applicarsi la prassi nazionale che esclude dalle 40 ore settimanali il tempo dedicato al servizio di guardia o se debbano applicarsi, in via analogica, le disposizioni generali e speciali in materia di orario di lavoro della normativa spagnola riguardante i rapporti di lavoro di diritto privato.

b) Quando i medici interessati prestino turni di guardia continuativa secondo il sistema della reperibilità e non secondo il sistema che comporta la loro presenza fisica nel centro sanitario, se tali periodi debbano essere interamente considerati quali periodi di lavoro ovvero se debba essere considerato periodo di lavoro solo il tempo effettivamente impiegato nello svolgimento di quelle attività per le quali i medici siano eventualmente chiamati, in base alla prassi nazionale descritta al precedente punto 8 della parte in fatto della presente ordinanza.

c) Quando i medici interessati svolgano turni di guardia secondo il sistema della presenza fisica nel centro sanitario, se tali periodi debbano essere interamente considerati come rientranti nell'orario di lavoro normale ovvero quale orario speciale, in base alla prassi nazionale descritta al menzionato punto 8.

3.- Con riguardo alla durata media del lavoro

a) Se i periodi di lavoro dedicati al servizio di guardia debbano essere presi in considerazione ai fini della determinazione della durata media del lavoro per ogni periodo di 7 giorni, conformemente al disposto di cui all'art. 6, punto 2, della direttiva.

b) Se i periodi di lavoro dedicati al servizio di guardia debbano essere considerate come ore straordinarie.

c) Se, malgrado l'inesistenza di norme di armonizzazione, il periodo di riferimento di cui all'art. 16, punto 2, della direttiva possa ritenersi applicabile al pari, eventualmente, delle deroghe a tale norma previste dall'art. 17, nn. 2 e 3, unitamente al n. 4.

d) Se, per effetto della facoltà di non applicare l'art. 6 della direttiva, prevista all'art. 18, n. 1, lett. b), della medesima, malgrado l'inesistenza di una normativa di armonizzazione, l'art. 6 della direttiva possa considerarsi inapplicabile per il fatto che sia stato espresso il consenso del lavoratore all'effettuazione della detta attività lavorativa; se equivalga al consenso del lavoratore, sotto tale profilo, il consenso espresso dalla parte sindacale in un accordo o contratto collettivo.

4.- In relazione al carattere notturno del lavoro

a) Considerato che l'orario di lavoro normale non comprende il lavoro notturno, essendo notturni solo parzialmente i turni di guardia continuativa a cui possono ciclicamente essere assoggettati alcuni dei medici interessati e a fronte dell'assenza di norme di armonizzazione, se tali medici possano essere considerati lavoratori notturni ai sensi dell'art. 2, punto 4), lett. b), della direttiva.

b) Se, ai fini della facoltà di cui all'art. 2, punto 4, lett. b), sub i), della direttiva, possa trovare applicazione, nei confronti dei medici interessati, il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal diritto pubblico, la normativa nazionale in materia di lavoro notturno dei lavoratori il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal diritto privato.

c) Se l'orario di lavoro normale di cui all'art. 8, n. 1, della direttiva includa anche i turni di guardia continuativa in regime di reperibilità o in regime di obbligo di presenza fisica.

5.- In relazione al lavoro e ai lavoratori a turni

Considerato che, il lavoro viene svolto a turni solo per quanto concerne il servizio di guardia e in assenza di norme di armonizzazione, se l'attività dei medici interessati possa considerarsi lavoro a turni e se i medici stessi possano essere considerati lavoratori a turni ai sensi dell'art. 2, punti 5) e 6), della direttiva».

Sulle questioni pregiudiziali

Sull'ambito di applicazione della direttiva 93/104 [questioni 1 a), 1 c) e 1 d)]

29.

Con le questioni 1 a), 1 c) e 1 d), il giudice a quo chiede, in sostanza, se l'attività dei medici delle unità di pronto soccorso rientri nel campo di applicazione della direttiva di base e della direttiva 93/104.

30.

Occorre rilevare che l'art. 1, n. 3, della direttiva 93/104 definisce il suo campo di applicazione, da un lato, facendo riferimento espresso all'art. 2 della direttiva di base e, dall'altro, prevedendo una serie di eccezioni a favore di talune attività particolari.

31.

Pertanto, per determinare se un'attività come quella dei medici delle unità di pronto soccorso rientri nel campo di applicazione della direttiva 93/104, occorre anzitutto esaminare se tale attività rientri nel campo di applicazione della direttiva di base.

32.

Conformemente all'art. 2, n. 1, della direttiva di base, quest'ultima concerne tutti i settori d'attività privati o pubblici, in particolare le attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali e ricreative. Tuttavia, come risulta dal n. 2 della medesima norma, la direttiva di base non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile, vi si oppongano in modo imperativo.

33.

Dato che i medici delle unità di pronto soccorso esercitano le loro attività in un ambito che li collega al settore pubblico, occorre pertanto esaminare se queste ultime rientrino nell'esclusione di cui al punto precedente.

34.

Occorre rilevare, da un lato, come, tanto dall'oggetto della direttiva di base, ossia la promozione del miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul lavoro, quanto dal dettato del suo art. 2, n. 1, emerga che il suo campo di applicazione dev'essere inteso in modo ampio.

35.

Ne consegue che le eccezioni al campo di applicazione della direttiva di base, ivi comprese quelle di cui al suo art. 2, n. 2, devono essere interpretate in senso restrittivo.

36.

Occorre rilevare, d'altro lato, come l'art. 2, n. 2, della direttiva di base si riferisca a talune attività specifiche del pubblico impiego destinate ad assicurare l'ordine e la pubblica sicurezza, indispensabili al buon funzionamento della vita sociale.

37.

E' giocoforza constatare che, in condizioni normali, l'attività del personale delle unità di pronto soccorso non può essere assimilata ad attività di questo tipo.

38.

Occorre pertanto concludere che l'attività del personale delle unità di pronto soccorso rientra nel campo di applicazione della direttiva di base.

39.

Di conseguenza, occorre esaminare se una tale attività non rientri in una delle eccezioni previste dall'art. 1, n. 3, della direttiva 93/104.

40.

Così non è. Infatti, secondo tale disposizione, solo le attività dei medici in formazione figurano tra le eccezioni al campo di applicazione della detta direttiva.

41.

Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere le questioni 1 a), 1 c) e 1 d) nel senso che una attività come quella di medico delle unità di pronto soccorso rientra nel campo di applicazione della direttiva di base e della direttiva 93/104.

Sull'applicazione dell'art. 17 della direttiva 93/104 [questione 1 b)]

42.

Con la questione 1 b), il giudice a quo chiede, in sostanza, se il giudice nazionale, in mancanza di provvedimenti espressi di trasposizione della direttiva 93/104, possa applicare la propria normativa nazionale in quanto, tenuto conto delle caratteristiche dell'attività dei medici delle unità di pronto soccorso, essa rientri nell'ambito delle deroghe previste dall'art. 17 della detta direttiva.

43.

Occorre rilevare a questo proposito che l'art. 17 della direttiva 93/104 permette di derogare ai suoi artt. 3, 4, 5, 6, 8 e 16 per via legislativa, regolamentare o amministrativa o anche mediante contratti collettivi e accordi conclusi fra le parti sociali, purché vengano soddisfatte talune condizioni. Riguardo alle deroghe previste dall'art. 17, n. 1, sono ammessi solo i provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi.

44.

Ne deriva che qualora, anche in mancanza di provvedimenti espressi di trasposizione della direttiva 93/104, la normativa nazionale applicabile ad una determinata attività rispetti le condizioni di cui all'art. 17 di quest'ultima, tale normativa è conforme alla direttiva e nulla impedisce ai giudici nazionali di farne applicazione.

45.

Di conseguenza, occorre risolvere la questione 1 b) nel senso che il giudice nazionale, in mancanza di provvedimenti espressi di trasposizione della direttiva 93/104, può applicare la sua normativa nazionale nei limiti in cui, tenuto conto delle caratteristiche dell'attività dei medici delle unità di pronto soccorso, essa soddisfi le condizioni di cui all'art. 17 della detta direttiva.

Sulla nozione di orario di lavoro [questioni 2 a) - 2 c), 3 a), 3 b) e 4 c)]

46.

Con le questioni 2 a) - 2 c), 3 a), 3 b) e 4 c), che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede, in sostanza, se il periodo di servizio di guardia che i medici delle unità di pronto soccorso svolgono secondo il regime della presenza fisica nei centri sanitari, oppure secondo il sistema detto della «reperibilità», debba essere considerato rientrante nell'orario di lavoro o come lavoro straordinario ai sensi della direttiva 93/104.

47.

Occorre ricordare che tale direttiva definisce la nozione di orario di lavoro comprendendovi qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. Inoltre, nel sistema della direttiva 93/104 tale nozione va intesa in opposizione al periodo di riposo, ciascuna delle due nozioni escludendo l'altra.

48.

Nella controversia oggetto della causa principale, gli elementi caratteristici della nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso svolto secondo un regime di presenza fisicanei centri sanitari. E' pacifico che, nel caso di periodi di svolti guardia secondo tale regime, le due prime condizioni sono soddisfatte. Inoltre, anche se l'attività effettivamente svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo imposto a tali medici di essere presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni.

49.

Tale interpretazione è, d'altra parte, conforme all'obiettivo della direttiva 93/104, che è quello di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendo in modo che essi possano beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa (ottavo considerando della direttiva). E' giocoforza constatare che, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 35 delle sue conclusioni, escludere dalla nozione di orario di lavoro il periodo di servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica equivarrebbe a rimettere seriamente in discussione il detto obiettivo.

50.

Come pure precisato dall'avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, diverso è il caso in cui i medici delle unità di pronto soccorso svolgano il servizio di guardia secondo il sistema per cui essi devono essere reperibili in permanenza senza per questo essere obbligati ad essere presenti nel centro sanitario. Pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili, in tale caso i medici possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi. Di conseguenza, solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104.

51.

Quanto alla questione se il tempo dedicato al servizio di guardia possa essere considerato come lavoro straordinario, se la direttiva 93/104 non definisce la nozione di lavoro straordinario, a cui si fa riferimento solo all'art. 6, relativo alla durata massima settimanale del lavoro, è altrettanto vero che le ore di lavoro straordinario rientrano nella nozione di orario di lavoro ai sensi della detta direttiva. Infatti, quest'ultima non distingue a seconda che tale lavoro sia svolto o meno nell'ambito delle normali ore di lavoro.

52.

Occorre quindi risolvere le questioni 2 a)-2 c), 3 a), 3 b) e 4 c) nel senso che il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro straordinario ai sensi della direttiva 93/104. Per quanto concerne il servizio di guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro.

Sul carattere notturno del lavoro [questioni 4 a) e 4 b)]

53.

Con le questioni 4 a) e 4 b), il giudice a quo chiede, in sostanza, se taluni medici che provvedono ad effettuare servizi di guardia ad intervalli regolari durante lanotte debbano essere considerati come lavoratori notturni ai sensi dell'art. 2, punto 4, lett. b), della direttiva 93/104 e se, ai fini della scelta lasciata allo Stato membro da tale disposizione, la normativa nazionale applicabile ai rapporti di lavoro di diritto privato possa applicarsi ai medici soggetti ad un rapporto di diritto pubblico.

54.

Dall'ordinanza di rinvio risulta che i medici delle unità di pronto soccorso di Puerto de Sagunto e di Burjassot effettuano le loro prestazioni secondo l'orario che va dalle ore 8 alle ore 15, orario al quale si aggiunge, ogni undici giorni, un periodo di servizio di guardia che va dalla fine della giornata di lavoro fino alle ore 8 della mattina successiva, salvo imprevisti eccezionali quali, in particolare, la sostituzione di colleghi malati. L'orario di lavoro delle altre unità di pronto soccorso della regione di Valencia non figura nel fascicolo, ma il giudice nazionale parte dal principio che, in questo caso, il servizio di guardia si svolge solo ad intervalli regolari.

55.

Occorre ricordare che, ai sensi del suo art. 2, punto 4, lett. a), la direttiva 93/104 considera come lavoratore notturno «qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale». In forza del medesimo art. 2, punto 4), lett b), la detta direttiva lascia inoltre ai legislatori nazionali oppure, a scelta dello Stato membro interessato, alle parti sociali a livello nazionale o regionale, la possibilità di considerare come lavoratori notturni altri lavoratori che svolgono, durante il periodo notturno, una certa parte del loro orario di lavoro annuale.

56.

Ora, non avendo il Regno di Spagna adottato alcuna decisione ai sensi dell'art. 2, punto 4), lett. b) della direttiva 93/104, per quel che riguarda i lavoratori soggetti ad un rapporto di diritto pubblico, i medici delle unità di pronto soccorso che provvedono a servizi di guardia ad intervalli regolari durante la notte non possono essere considerati lavoratori notturni in forza di questa sola disposizione.

57.

La questione se la normativa nazionale sul lavoro notturno dei lavoratori soggetti ad un rapporto di diritto privato possa applicarsi, ai fini della scelta di cui all'art. 2, punto 4, lett. b), punto i) della detta direttiva, ai medici delle unità di pronto soccorso, che sono soggetti ad un rapporto di diritto pubblico, è una questione che il giudice nazionale deve risolvere ai sensi delle norme di diritto interno.

58.

Occorre pertanto risolvere le questioni 4 a) e 4 b) nel senso che i medici delle unità di pronto soccorso che provvedono ad effettuare servizi di guardia ad intervalli regolari durante la notte non possono essere considerati lavoratori notturni in forza del solo art. 2, punto 4, lett. b) della direttiva 93/104. La questione se la normativa nazionale sul lavoro notturno dei lavoratori soggetti ad un rapporto di diritto privato possa applicarsi ai medici delle unità di pronto soccorso, soggetti ad un rapporto di diritto pubblico, è una questione che spetta al giudice nazionale risolvere ai sensi del diritto interno.

Sulle nozioni di lavoro a turni e di lavoratore turnista (quinta questione)

59.

Con la quinta questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se il lavoro svolto dai medici delle unità di pronto soccorso durante l'orario di guardia costituisca un lavoro a turni e se tali medici siano lavoratori a turni ai sensi dell'art. 2, punti 5) e 6), della direttiva 93/104.

60.

A questo proposito occorre ricordare, che i medici delle unità di pronto soccorso di Puerto de Sagunto e di Burjassot effettuano le loro prestazioni secondo l'orario che va dalle ore 8 alle ore 15, orario al quale si aggiunge, ogni undici giorni, un periodo di servizio di guardia che va dalla fine della giornata di lavoro fino alle ore 8 della mattina successiva, salvo imprevisti eccezionali, e che, per quanto concerne l'orario di lavoro delle altre unità di pronto soccorso della Regione di Valencia, il giudice nazionale parte dal principio che il servizio di guardia si svolge solo ad intervalli regolari.

61.

Ora, l'orario di lavoro corrispondente, tanto ai servizi di guardia svolti secondo il regime della presenza fisica dei medici delle unità di pronto soccorso nei centri sanitari, quanto alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso in occasione dei servizi di guardia compiuti secondo il sistema per cui i medici devono essere reperibili in permanenza, soddisfa tutte le condizioni della nozione di lavoro a turni di cui all'art. 2, punto 5).

62.

Infatti, i medici delle unità di pronto soccorso vengono impiegati secondo un tipo di organizzazione del lavoro nel quale i lavoratori sono successivamente occupati negli stessi posti di lavoro secondo un sistema a rotazione che comporta, per essi, la necessità di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane.

63.

Riguardo in particolare a quest'ultima condizione, occorre rilevare che, nonostante il fatto che i servizi di guardia vengono svolti ad intervalli regolari, i medici interessati sono chiamati a compiere il loro lavoro ad ore differenti su un dato periodo di giorni o settimane.

64.

Occorre pertanto risolvere la quinta questione nel senso che, il lavoro svolto dai medici delle unità di pronto soccorso durante l'orario di guardia costituisce un lavoro a turni e tali medici sono lavoratori a turni ai sensi dell'art. 2, punti 5 e 6 della direttiva 93/104.

Sull'applicabilità delle deroghe previste dall'art. 17, nn. 2, 3 e 4, della direttiva 93/104 [questione 3 c)]

65.

Con la questione 3 c), il giudice a quo chiede in sostanza se, in mancanza di disposizioni nazionali di trasposizione dell'art. 16, punto 2, della direttiva 93/104 oppure, se del caso, adottando espressamente una delle deroghe previste dall'art. 17, nn. 2, 3 e 4, di quest'ultima, tali disposizioni possano essere interpretate come aventi effetto diretto.

66.

Occorre ricordare che l'art. 16, punto 2), di detta direttiva fornisce agli Stati membri la facoltà di prevedere, per l'applicazione dell'art. 6 di essa che riguarda la durata massima settimanale del lavoro, un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

67.

Tuttavia, l'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), sub i), della direttiva 93/104 prevede che gli Stati membri possano derogare all'art. 16, punto 2), di essa per le attività caratterizzate dalla necessità di provvedere alla continuità del servizio o della produzione, in particolare quando si tratta di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi.

68.

Anche se tali disposizioni della direttiva 93/104 lasciano agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per quanto concerne il periodo di riferimento da fissare per l'applicazione dell'art. 6 di tale direttiva, tale circostanza non incide sul carattere preciso e incondizionato delle disposizioni di quest'ultima sulle quali è incentrata la causa principale. Tale margine di discrezionalità non esclude infatti che sia possibile determinare alcuni diritti imprescindibili (v. in tal senso, sentenza 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I-3325, punto 17).

69.

A tal proposito, risulta dal dettato dell'art. 17, n. 4, della detta direttiva che il periodo di riferimento non può in alcun caso oltrepassare i dodici mesi. E' quindi possibile determinare la tutela minima che deve in ogni caso essere applicata.

70.

Occorre di conseguenza risolvere la questione 3 c) nel senso che, in mancanza di disposizioni nazionali che traspongano l'art. 16, punto 2), della direttiva 93/104 oppure, se del caso, che adottino espressamente una delle deroghe previste dall'art. 17, nn. 2, 3 e 4, di essa, tali disposizioni possono essere interpretate come aventi effetto diretto e, pertanto, attribuiscono ai singoli un diritto a che il periodo di riferimento per l'attuazione della durata massima settimanale del loro lavoro non superi i dodici mesi.

Sull'applicabilità dell'art. 18, n. 1, lett. b) della direttiva 93/104 [questione 3 d)]

71.

Con la questione 3 d), il giudice a quo chiede in sostanza se il consenso espresso dalla parte sindacale nell'ambito di un contratto o di un accordo collettivo equivalga a quello dato dal lavoratore medesimo come previsto dall'art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della direttiva 93/104.

72.

Bisogna ricordare che tale disposizione permette agli Stati membri di non applicare l'art. 6 di detta direttiva, relativo alla durata massima settimanale del lavoro, nel rispetto dei principi generali della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori ed a condizione che la durata del lavoro non superi le quarantotto ore nel corso di un periodo di sette giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'art. 16, punto 2. Il lavoratore può tuttavia dare il suo consenso all'esecuzione di un lavoro di durata superiore.

73.

Risulta chiaramente dalla formulazione dell'art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della direttiva 93/104 che tale disposizione richiede il consenso individuale del lavoratore. D'altra parte, come rilevato giustamente dal governo del Regno Unito, se l'intenzione del legislatore comunitario fosse stata quella di permettere di sostituire al consenso del lavoratore quello espresso da un sindacato nell'ambito di un contratto o accordo collettivo, l'art. 6 della detta direttiva sarebbe stato incluso nell'elenco di quelli derogabili mediante contratto collettivo o accordo concluso tra le parti sociali, elenco che figura all'art. 17, n. 3, della direttiva.

74.

Di conseguenza occorre risolvere la questione 3 d) nel senso che il consenso espresso dalla parte sindacale nell'ambito di un contratto o di un accordo collettivo non equivale a quello dato dal lavoratore medesimo ai sensi dell'art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della direttiva 93/104.

Sulle spese

75.

Le spese sostenute dai governi spagnolo, finlandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana con ordinanza 10 luglio 1998, dichiara:

1) Un'attività come quella di medico delle unità di pronto soccorso rientra nel campo di applicazione delle direttive del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.

2) Il giudice nazionale, in mancanza di provvedimenti espressi di trasposizione della direttiva 93/104, può applicare la sua normativa nazionale nei limiti in cui, tenuto conto delle caratteristiche dell'attività dei medici delle unità di pronto soccorso, essa soddisfi le condizioni di cui all'art. 17 della detta direttiva.

3) Il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro straordinario ai sensi della direttiva 93/104. Per quanto concerne il servizio di guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro.

4) I medici delle unità di pronto soccorso che provvedono ad effettuare servizi di guardia ad intervalli regolari durante la notte non possono essere considerati lavoratori notturni in forza del solo art. 2, punto 4), lett. b) della direttiva 93/104. La questione se la normativa nazionale sul lavoro notturno dei lavoratori soggetti ad un rapporto di diritto privato possa applicarsi ai medici delle unità di pronto soccorso, soggetti ad un rapporto di diritto pubblico, è una questione che spetta al giudice nazionale risolvere ai sensi del diritto interno.

5) Il lavoro svolto dai medici delle unità di pronto soccorso durante l'orario di guardia costituisce un lavoro a turni e tali medici sono lavoratori a turni ai sensi dell'art. 2, punti 5 e 6 della direttiva 93/104.

6) In mancanza di disposizioni nazionali che traspongano l'art. 16, punto 2), della direttiva 93/104 oppure, se del caso, che adottino espressamente una delle deroghe previste dall'art. 17, nn. 2, 3 e 4, di essa, tali disposizioni possono essere interpretate come aventi effetto diretto e, pertanto, attribuiscono ai singoli un diritto a che il periodo di riferimento per l'attuazione della durata massima settimanale del loro lavoro non superi i dodici mesi.

7) Il consenso espresso dalla parte sindacale nell'ambito di un contratto o di un accordo collettivo non equivale a quello dato dal lavoratore medesimo ai sensi dell'art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della direttiva 93/104.

Rodríguez Iglesias

Moitinho de Almeida

Edward

Sevón Schintgen Kapteyn

Gulmann

Puissochet Jann Ragnemalm

Wathelet

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 ottobre 2000.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias