BREVI
NOTE SULLA RIFORMA DEI SERVIZI ISPETTIVI
È stato pubblicato il
D.Lgs., 26-04-2004, nr. 124, attuativo dell’art. 8, Legge, nr.
30/2003 mediante il quale sono state riformate funzioni ispettive in
materia di lavoro e previdenza sociale. Il provvedimento, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 12-05-2004, nr. 110,, diverrà operante
dopo i quindici giorni di vacatio legis, in data 27-05-2004.
L’attività di vigilanza delle articolazioni periferiche del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali muta profondamente.
Ecco, in sintesi, le novità principali.
Al Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali (art. 1) è demandato il
coordinamento delle iniziative di lotta al lavoro sommerso ed
irregolare, di vigilanza in materia di rapporti di lavoro e dei
livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali, con
particolare riferimento alla vigilanza mirata alla prevenzione ed
alla promozione dell’osservanza delle disposizioni di legislazione
sociale e del lavoro, ivi compresa l’applicazione dei contratti
collettivi e della disciplina previdenziale.
Commento. Non si comprende quali siano tali livelli essenziali.
A tal fine, si
prevede l’istituzione di una nuova Direzione Generale (art. 2),
avente compiti di direzione e coordinamento delle attività
ispettive.
Commento. Tale coordinamento è mal delineato e non s’individuano i
residui margini d’autonomia degli enti previdenziali. Perplessità
sorgono sulle modalità concrete con cui s’esplicherà tale
coordinamento.
S’istituisce una
Commissione centrale di vigilanza (art. 3), presieduta dal Ministro,
per individuare gli indirizzi strategici e le priorità degli
interventi.
Di tale organo fanno parte oltre al Ministro (o sottosegretario
delegato) in qualità di presidente, il Direttore Generale per le
attività ispettive, i Direttori Generali di I.N.P.S. ed I.N.A.I.L.,
il Comandante della Guardia di Finanza, il Direttore Generale
dell’Agenzia delle Entrate, il Coordinatore Nazionale delle ASL, il
Presidente della Commissione nazionale per l’emersione del lavoro
non regolare, quattro rappresentanti delle associazioni dei
lavoratori e quattro rappresentanti delle associazioni dei datori di
lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Le Direzioni
Regionali del Lavoro (art. 4), sentiti i Direttori Regionali di
I.N.P.S., I.N.A.I.L. e degli altri Enti previdenziali ha la
titolarità del coordinamento dell’attività di vigilanza individuando
specifiche linee operative, sulla base delle indicazioni fornite
dalla Direzione Generale per le attività ispettive.
S’istituisce in ogni
Regione (art. 4, comma 3), la Commissione Regionale di coordinamento
dell’attività di vigilanza.
Tale organo collegiale è composto dal Direttore della Direzione
Regionale del Lavoro, con funzioni di presidente, dai Direttori
Regionali di I.N.P.S. ed I.N.A.I.L., dal Comandante Regionale della
Guardia di Finanza, dal Direttore Regionale dell’Agenzia delle
Entrate, dal Coordinatore Regionale delle A.S.L., da quattro
rappresentanti delle associazioni dei lavoratori e da quattro
rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro,
comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
La Direzione
Provinciale del Lavoro (art. 5), sentiti i Direttori provinciali di
I.N.P.S. ed I.N.A.I.L., coordina l’esercizio delle funzioni
ispettive e fornisce direttive per la razionalizzazione
dell’attività di vigilanza, anche per evitare duplicazioni di
interventi ed uniformare le modalità di esecuzione;
In tutte le ipotesi
in cui si riterrà opportuno coordinare, a livello provinciale,
l’attività di tutti gli organi impegnati nella vigilanza in materia
di lavoro (art. 5, comma 2), il C.L.E.S..
Commento. Per la composizione di tale organo, il legislatore è poco
esaustivo e rimanda al contenuto dell’art,. 1, D.L. nr. 210/2002,
convertito, con modificazioni, nella Legge, nr. 266/2002. Si ricorda
che, secondo tale norma fanno parte del C.L.E.S., su nomina
prefettizia, anche quattro rappresentanti delle organizzazioni
sindacali comparativamente rappresentative sul piano nazionale.
Il C.L.E.S. redige trimestralmente (art. 5, comma 3) una relazione
sullo stato del mercato del lavoro e sui risultati dell’azione
ispettiva e, al termine dell’anno, una relazione di sintesi.
N.B.:
Per nessuno dei tre organi collegiali sopra descritti è previsto
alcun gettone di presenza, né rimborsi spese, né, tanto meno,
indennità di missione.
Le funzioni di
vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale sono svolte
dal personale ispettivo in forza presso le Direzioni Regionali e
Provinciali del Lavoro (art. 6). Tale personale opera in qualità di
ufficiale di polizia giudiziaria.
Le funzioni ispettive in materia di previdenza ed assistenza sociale
sono svolte dal personale di vigilanza dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L.,
dell’E.N.P.A.L.S. e degli altri Enti per i quali sussiste la
contribuzione obbligatoria. A tale personale non compete la
qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria (art. 6,
comma 2).
Commento. La sussistenza o meno della qualifica di ufficiale di
polizia giudiziaria, a seconda dei casi, sembrerebbe liberare
l’ispettore del lavoro, in alcuni casi, dell’obbligo di denuncia.
Ciò è contrario all’obbligo inderogabile di denuncia ex art. 331
c.p.p., in capo a tutti i pubblici ufficiali, anche quando non
svolgono funzioni di polizia giudiziaria.
I compiti del
personale ispettivo sono elencati analiticamente nelll’art. 7.
Essi concernono:
- il vigilare sulla normativa in materia di lavoro e sulla corretta
applicazione dei contratti collettivi;
- il fornire chiarimenti sulle disposizioni vigenti;
- il vigilare sul funzionamento delle attività previdenziali ed
assistenziali compiute da associazioni professionali e da altri Enti
pubblici e privati, con determinate e tassative esclusioni;
- l’effettuare inchieste ed indagini richieste dal Ministero, nonché
espletare eventuali altre funzioni demandate o delegate dal Ministro
del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Commento. Si noti che, a differenza della previgente normativa
contenuta nell’art. 4, Legge, nr. 628/61, la titolarità di tali
funzioni non è più in capo alla Direzione Provinciale del Lavoro,
quale organo amministrativo, bensì in capo ai singoli componenti del
personale ispettivo, assegnando solo a quest’ultimi la titolarità
della funzione ispettiva, con un conseguente aggravio di
responsabilità, in quanto l’ispettore del lavoro non sarà più solo
un mero esecutore di ordini superiori. Tale aumento di
responsabilità, però non è bilanciato, né dall’introduzione di una
specifica indennità economica, integrativa dello stipendio tabellare,
né, tanto meno, dalla previsione di una attività formativa
preliminare all’introduzione di tale nuova funzione.
Gli ispettori del lavoro sono, altresì, tenuti a fornire un’attività
di consulenza ai datori di lavoro, qualora si rinvengano profili
d’inosservanza delle norme di legge, cui non consegua l’adozione di
sanzioni penali od amministrative.
Le Direzioni
Regionali e Provinciali del Lavoro (art. 8) propongono ad Enti,
associazioni di categoria, o datori di lavoro (!) nel rispetto di
uno schema convenzionale ministeriale, informazioni ed aggiornamenti
in materia di lavoro.
Commento. La possibilità di fornire consulenza a singoli datori di
lavoro appare essere non poco problematica, stante, le conseguenti
incompatibilità che emergerebbero tra il funzionario ispettivo
delegato alla formazione ed una futura ispezione nei confronti
dell’impresa, che ha usufruito della consulenza.
La Direzione
Provinciale del Lavoro fornisce (art. 8, comma 4) anche i criteri
destinati ad uniformare l’azione degli soggetti abilitati alla
certificazione (Enti bilaterali, Province, Università) prevista
dagli artt. 75 ss., D.Lgs., nr. 276/2003.
Commento. Vi è un eccesso di delega rispetto a quanto previsto
dall’art. 8, Legge, nr. 30/2003.
Nasce il così detto
diritto di interpello (art. 9), il quale è riservato alle
associazioni di categoria ed agli ordini professionali ed ha come
oggetto quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative
di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’interpello, viene inviato dalle D.P.L. alla nascente Direzione
Generale. I quesiti in materia previdenziale possono essere
presentati attraverso gli Enti, i quali devono inviarlo alla
Direzione Generale per le Attività Ispettive.
Si prevede
l’istituzione di una banca dati telematica (art. 10) finalizzata a
raccogliere le informazioni sui datori di lavoro ispezionati, le
informazioni sulle dinamiche del mercato del lavoro e sulle materie
oggetto di aggiornamento e di formazione permanente. La banca dati
consisterà in una sezione della Borsa Continua Nazionale del Lavoro,
prevista dall’art. 15, D.Lgs., nr. 276/2003 e vi hanno accesso
esclusivamente le Amministrazioni che effettuano attività di
vigilanza.
Commento. Trattasi di una norma interessante, ma di difficile
applicazione, stante l’arretratezza telematica delle D.P.L. e
l’attuale inesistenza della Borsa ex art. 15, D.Lgs., nr. 276/2003.
Nascerà un modello
unificato di verbale di rilevazione degli illeciti (art. 10, comma
4), entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs., nr. 124/2004,
attraverso un apposito decreto ministeriale.
Commento. Potrebbe rivelarsi utile, eliminando finalmente quelle
difformità redazionali che, talvolta, creano incomprensioni tra i
vari organi ispettivi. Tuttavia, sarà un compito non facile, poiché
risulterà essere un compito arduo sintetizzare in un unico verbale
di contestazione le diverse esigenze operative del Ministero del
Lavoro e degli Enti Previdenziali.
I verbali di
accertamento del personale ispettivo (art. 10, comma 5) hanno valore
di fonti di prova relativamente agli elementi di fatto acquisiti e
documentati e possono essere utilizzati per l’adozione di eventuali
provvedimenti sanzionatori, amministrativi e civili, da parte anche
di altre amministrazioni interessate.
Commento. Tale specificazione dovrebbe, nelle intenzioni del
legislatore, ridurre il contenzioso avente ad oggetto soltanto la
natura giuridica dei verbali di contestazione. Necessiterà,
comunque, una priù profonda ed attenta attività di verbalizzazione.
Viene introdotta la
conciliazione monocratica (art. 11).
Essa è preventiva, quando in presenza di una richiesta di
intervento, si ravvisi che in quest’ultima siano presenti, oltre
alla denuncia relativa alla parte contributiva, soltanto
rivendicazioni di natura economica circa il rapporto di lavoro.
In tal caso, il Direttore Provinciale del Lavoro può, promuovere il
tentativo di conciliazione affidando la trattazione della pratica ad
un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva. Le parti
(art. 11, comma 2) possono farsi assistere sia da professionisti,
sia da rappresentanti sindacali. Se si raggiunge un accordo, la
transazione diviene inoppugnabile (art. 11, comma 3) e non si
applica l’art. 21113, commi 1, 2 e 3, cod. civ. . I versamenti
contributivi ed assicurativi, da determinare e riferiti alle somme
concordate in sede conciliativa ed il pagamento delle somme dovute
al lavoratore, estinguono il procedimento ispettivo. La Direzione
Provinciale invia il verbale di accordo agli Istituti previdenziali,
affinché essi procedano alla verifica dell’avvenuto versamento (art.
11, comma 4). In assenza del raggiungimento di un accordo tra le
parti, anche a causa di mancata trattazione per assenza di una o
entrambe le parti, la Direzione del Lavoro dà seguito agli
accertamenti ispettivi.
Analoga procedura è prevista qualora nel corso di un accesso,
mediante una conciliazione monocratica contestuale. Essa viene
attivata dal personale ispettivo, qualora esso ritenga che
sussistano gli elementi per una conciliazione. In tal caso,
acquisito il consenso delle parti, informa la Direzione Provinciale
per l’attivazione della procedura conciliativa (art. 11, comma 6).
La convocazione sospende i termini previsti dall’art. 14, Legge, nr.
689/1981 sino alla conclusione del procedimenti conciliativo.
Commento. Innanzi tutto, la procedura con cui deve essere svolta la
conciliazione non è stata affatto delineata.
Si ignora cosa accada in presenza della contemporaneità tra la
conciliazione monocratica ed il tentativo obbligatorio di
conciliazione ex art. 410 c.p.c..
Inoltre, tale conciliazione, in presenza di crediti patrimoniali
dovrebbe cedere il passo a quella prevista dal successivo art. 12.
Per di più, tale conciliazione e demandata sia al personale
ispettivo che amministrativo, con conseguenti difficoltà
organizzative in seno ad ogni D.P.L..
La conciliazione preventiva elimina l’effetto sorpresa necessario
per l’esperimento di un’efficace attività ispettiva.
La conciliazione contestuale, invece, è demandata alla
discrezionalità del personale ispettivo, la quale è così ampia, da
rasentare i limiti dell’arbitrio, con totale assenza di controllo,
se non a posteriori.
Inoltre, le parti possono essere assistite dalle organizzazioni
sindacali, ma ciò non è un obbligo. Pertanto, il livello di tutela
del lavoratore è oltremodo compresso.
Siamo di fronte ad un istituto, la cui redazione è molto fumosa nel
delineare i suoi aspetti peculiari. Ciò comporterà sicuramente un
arretramento delle tutele dei lavoratori ed esporrà gli ispettori
del lavoro a ipotetiche denunce per abuso d’ufficio o ad omissione
d’atti d’ufficio, con scopi ritorsivi da parte delle ditte
ispezionate, a seconda che essi ricorrino o meno all’istituto della
conciliazione. Per di più la comunicazione della conciliazione
espletata, fatta a posteriori alla D.P.L., svuota la dirigenza di
ogni forma di controllo sull’operato della classe ispettiva.
L’intera norma, nel complesso, comporterà un abbattimento delle
tutele dei lavoratori, specie se irregolari, i quali saranno esposti
al rischio d’intimidazione.
Viene introdotto il
nuovo istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali
(art. 12), la quale è utilizzabile, qualora, nel corso di un accesso
ispettivo, emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui
scaturiscono crediti patrimoniali a favore del lavoratore. La
diffida è operata direttamente dal personale ispettivo.
Nei trenta giorni successivi (art. 12, comma 2) il datore di lavoro
può promuovere il tentativo di conciliazione presso la Direzione
Provinciale del Lavoro. L’eventuale verbale di accordo raggiunto tra
le parti è inoppugnabile e, conseguentemente, la diffida perde
efficacia. Qualora ciò non avvenga e dopo che sia trascorso il
termine dei trenta giorni il provvedimento di diffida, fatto proprio
dal Direttore provinciale del Lavoro, acquisisce valore di
accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo (art. 12,
comma 3). Contro tale diffida è ammesso ricorso al Comitato
Regionale per i Rapporti di Lavoro previsto dall’art. 17, integrato
da un rappresentante dei datori di lavoro e da un rappresentante dei
lavoratori, espressi dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative. Il ricorso è deciso, con provvedimento
motivato, entro novanta giorni, trascorsi i quali si intende
respinto. Il ricorso sospende l’esecutività della diffida (art. 12,
comma 4).
Commento. Non si comprende se tale diffida perda efficacia al
momento della sottoscrizione dell’acccordo, od al momento del
pagamento dei crediti patrimoniali dovuti al lavoratore.
La norma non chiarisce quale procedura seguire per espletare il
tentativo di conciliazione. L’assenza di un richiamo alla procedura
della conciliazione monocratica ex art. 11, farebbe propendere per
l’applicazione della più garantista disciplina ex artt. 410 ss.
c.p.c., già utilizzata per i tentativi obbligatori di conciliazione.
Anche in tal caso, come per l’art. 11, permangono dubbi sul da farsi
in caso di sussistenza tra tale conciliazione e quella ex art. 410
c.p.c..
Viene creato anche un
ulteriore e generico istituto di diffida (art. 13). Il personale
ispettivo che rilevi inadempimenti alle norme in materia di lavoro e
legislazione sociale da cui derivino sanzioni amministrative,
provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle
inosservanze sanabili, fissando il termine per l’adempimento. Nel
caso in cui il datore di lavoro ottemperi, l’importo delle sanzioni
è pari al minimo o, se in misura fissa, è ridotto ad un quarto (art.
13, comma 2). Il pagamento estingue il procedimento sanzionatorio.
La diffida interrompe i termini previsti dall’art. 14, Legge, nr.
689/1981.
Il potere di diffida è esteso, limitatamente alla materia della
previdenza e dell’assistenza sociale, al personale di vigilanza
degli Enti previdenziali (art. 13, comma 4).
Commento. Trattasi di una norma che non crea particolari problemi,
anche perché l’ambito di discrezionalità concesso agli ispettori e
sufficientemente definito.
Viene stabilito (art.
14) che le disposizioni impartite dal personale ispettivo
nell’ambito delle materie di intervento e per le quali sia
attribuito un apprezzamento discrezionale, sono esecutive. Contro di
esse è ammesso il ricorso (art. 14, comma 1), entro quindici giorni,
al Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro, che decide nei
quindici giorni successivi, decorsi i quali si intende respinto. Il
ricorso non sospende l’esecutività della disposizione.
Commento. La norma non prevede alcuna sanzione in caso
d’inottemperanza alla disposizioni dell’ispettore del lavoro.
Inoltre, risulta difficile individuare l’ambito d’esecutività di
tale istituto.
Sicuramente si creerà un contenzioso non indifferente, dato che il
legislatore è stato molto lacunoso nel normare la natura giuridica
stessa di tali disposizioni.
S’ampia l’ambito
d’applicazione del già noto istituto della prescrizione obbligatoria
(art. 15). Qualora nel corso dell’attività di vigilanza il personale
ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena
alternativa dell’arresto o dell’ammenda o con la sola ammenda (ad
es. il contratto di somministrazione ex art. 18, D.Lgs., nr.
276/2003), esso provvede ad impartire una prescrizione obbligatoria
ai sensi degli artt. 21 e 22, D.Lgs., nr. 758/1994. Anche in tale
caso, una volta ottemperata la prescrizione, così come stabilito
dall’ispettore, è possibile estinguere la contravvenzione pagando in
sede amministrativa.
Commento. Trattasi dell’estensione generale di un istituto che ha
già ben figurato in sede di sicurezza sul lavoro e di tutela dei
minori e che la classe ispettiva ha sempre visto con favore, stante
la sua ormai consolidata efficacia. Tuttavia, richiedendo
all’ispettore l’obbligo di “rivisita” nei confronti della ditta
ispezionata, concorrerà nel ridurre il numero delle aziende
ispezionate. Il successo di tale istituto è strettamente legato alla
presenza di un numero adeguato di ispettore sul territorio.
Viene previsto (art.
16) un ricorso alla Direzione Regionale del Lavoro avverso
l’ordinanza-ingiunzione emessa ex art. 18, Legge, nr. 689/81, fermo
restando il ricorso giurisdizionale in opposizione ex art. 22,
Legge, nr. 689/81, dinanzi al Giudice Monocratico del Lavoro. Esso è
possibile, in via alternativa, entro i trenta giorni successivi alla
notifica, salvo che lo stesso non riguardi la sussistenza o la
qualificazione del rapporto per il quale si procede in maniera
diversa come si dirà successivamente.
Il Direttore Regionale del Lavoro decide entro sessanta giorni (art.
16, comma 2), trascorsi i quali il ricorso si intende respinto. Il
ricorso non sospende l’esecutività dell’ordinanza- ingiunzione,
tranne che ciò non venga disposto dal Direttore Regionale del
Lavoro, su richiesta del ricorrente. Il termine per l’opposizione ex
art. 22, Legge, nr. 689/1981 decorre dalla notifica del
provvedimento che conferma o ridetermina l’importo
dell’ordinanza-ingiunzione, ovvero dalla scadenza dei sessanta
giorni ipotizzati per la decisione (art. 16, comma 3).
Commento. Potrebbe ridurre il contenzioso che oggi affligge le Unità
Operative Affari Legali e Contenzioso. Non si comprende, però, quale
sia l’oggetto di tale ricorso, dato che esso esula dalla sussistenza
di un rapporto di lavoro, notoriamente oggetto degli atti di tutti
gli ispettori del lavoro!
Sono fatte salve tutte le altre forme di ricorso, anche
giurisdizionale, preesistenti alla riforma in questione.
Si istituisce il
Comitato Regionale per i Rapporti di Lavoro (art. 17). Esso è
presieduto dal Direttore Regionale del Lavoro ed ha come componenti
i Direttori Regionali di I.N.P.S. ed I.N.A.I.L.. Non è previsto
alcun gettone, né rimborso spese, né indennità di missione.
Tutti i ricorsi contro gli atti di accertamento, le
ordinanze-ingiunzioni delle Direzioni Provinciali del Lavoro, i
verbali di accertamento degli Istituti previdenziali che riguardino
la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro, devono
essere inoltrati (art. 17, comma 2) alla Direzione Regionale del
Lavoro e debbono essere decisi, entro il termine di novanta giorni,
dal Comitato Regionale con provvedimento motivato. Trascorso tale
termine, senza alcuna decisione, il ricorso si intende respinto. Il
ricorso non sospende l’esecutività dell’ordinanza – ingiunzione, ad
eccezione del caso in cui ne venga disposta la sospensione dalla
Direzione Regionale del Lavoro, su richiesta del ricorrente. Il
ricorso (art. 17, comma 3) sospende i termini previsti sia dagli
articoli 14, 18 e 22, Legge, nr. 689/81, sia i termini di legge per
i ricorsi giurisdizionali contro i verbali di accertamento degli
Enti previdenziali.
Commento. Dovrebbe riguardare la maggior parte dei ricorsi sulle
ispezione condotte dalle D.P.L.. Tuttavia, non è indicato il termine
per ricorrere. Forse si può interpretare estensivamente e mutuare i
trenta giorni dell’art. 16, comma 1.
I Comitati Regionali I.N.P.S., pur se non formalmente abrogati,
vengono privati di ogni valenza e si trasformano in una sorta di
“gusci vuoti”.
Viene garantito al
personale (art. 18) un percorso di formazione permanente, anche
attraverso il mezzo telematico, su materie istituzionali come il
diritto del lavoro e della previdenza sociale, l’organizzazione
aziendale, l’economia industriale e del lavoro, la sociologia
economica, la statistica, la comunicazione, l’utilizzo dei mezzi
informativi, la metodologia della ricerca sociale e delle indagini
ispettive. I programmi di formazione ed aggiornamento sono definiti
dalla Direzione Generale per le Attività Ispettive.
Commento. Tale norma è totalmente avulsa dalla realtà delle D.P.L.,
le quali non hanno ne fondi, né personale, né strutture, per poter
ricevere “telematicamente” alcuna forma di formazione.
Vengono abrogate
(art. 19) tutte le disposizioni incompatibili, a partire dalla data
di entrata in vigore del provvedimento.
Commento. L’omessa tassativa individuazione delle norme abrogate
comporterà un caos interpretativo totale, con conseguente aumento
del contenzioso a tutto vantaggio degli ingiunti-ricorrenti. |