DOCUMENTO DIPARTIMENTO WELFARE DIRITTI LAVORO -  OTTOBRE 2004


1. RILANCIARE IL NOSTRO LAVORO DI ELABORAZIONE E DI INIZIATIVA POLITICA E CONTRATTUALE SUI TEMI DEL WELFARE, ASSETTI ISTITUZIONALI, DIRITTI

E’ questa per noi un’esigenza in sé, nel senso che è utile sistematizzare e aggiornare la nostra riflessione, che data ormai da lungo tempo, in materia.
Peraltro, è chiaro a tutti, che questi temi sono elementi fondamentali della battaglia e della strategia della FP e della CGIL che, ancor più negli ultimi anni, si è imperniata sulla difesa e l’estensione dei diritti dei lavoratori e di cittadinanza. Rilanciare e riqualificare il sistema di Welfare e connetterlo ad assetti istituzionali coerenti significa affrontare uno dei cardini decisivi su cui siamo venuti fondando la nostra idea di modello sociale.
Ma, ancor più, quest’esigenza diventa oggi ineludibile, per almeno 3 ordini di ragioni:

a) La crisi strategica di quell’intreccio tra populismo e liberismo che, al di là dei rattoppi contingenti, si riscontra nelle politiche del governo di centro-destra.
Siamo nei fatti al fallimento di una generale visione ideologica, certo ancora assai radicata, e, in Italia, di quel particolare intreccio tra scelte neoliberiste e populiste che hanno caratterizzato questo triennio del governo Berlusconi:
- sul piano della politica economica e di (non) sviluppo:
- su quello delle politiche di smantellamento del Welfare;
- delle scelte di ridisegno istituzionale;
- della compressione delle politiche contrattuali e di attacco ai diritti del lavoro;
- del venir meno di quei sentimenti di partecipazione ai valori civili che sono parte fondante della vita di un Paese.

Parlare di fallimento non significa prefigurare un crollo immediato o non avvertire la pericolosità di una situazione, che anzi può ulteriormente accentuarsi.Da questo punto di vista, se si mette insieme la manovra di luglio,quanto prospettato nel DPEF e nella legge Finanziaria e l’intenzione di procedere con la controriforma fiscale, emerge un’idea e una volontà, anche per le sue dimensioni quantitative, di ridimensionare fortemente il ruolo del pubblico e il sistema di welfare, passando in modo esplicito anche attraverso il blocco dei contratti pubblici.Da qui la necessità di avere ben chiaro come tale fallimento non si traduca automaticamente in perdita di consenso, che, anzi, questo è in grado di prodursi solo attraverso un’efficace iniziativa di contrasto e di messa in campo di progetti alternativi.

Il fallimento, cui ha contribuito in modo significativo la forte iniziativa della CGIL di questi anni, è anzitutto riferito al fatto che la maggioranza di centro-destra non è riuscita a rendere convincente il suo progetto e a dimostrare che “il sogno” fosse concretamente realizzabile ed, in tal modo, non è stata in grado di coagulare un blocco sociale maggioritario nel Paese. Anzi, si può dire che la vittoria politica da essa realizzata nel 2001, non essendo riuscita a compiere quell’operazione, si sta già rovesciando in una grave difficoltà nella stessa tenuta delle alleanze politiche della compagine del centro-destra.

b) La necessità di prefigurare un’alternativa programmatica per il governo del Paese.
E’ questo, ovviamente, un compito che spetta in primo luogo alle forze politiche del centro-sinistra. Ma ad esso, noi non possiamo restare indifferenti: intanto per far maturare la consapevolezza che senza un nuovo progetto unificante e alternativo la crisi del centro-destra non si traduce immediatamente nella vittoria dello schieramento di centro-sinistra. E poi, ancor più, perché, anche per la grave situazione di degrado cui il centro-destra ha portato il Paese, occorre un nuovo profilo nei contenuti programmatici cui il Sindacato può e deve contribuire, sulla base della sua autonomia di proposta ed iniziativa.

c) infine la terza ragione di fondo per cui è necessario rilanciare il nostro lavoro sulle questioni indicate, vale a dire la necessità di fissare un nuovo baricentro su cui far crescere una svolta per il Paese. Come abbiamo detto nella Conferenza di programma a Chianciano, per noi al centro sta un’idea di nuova programmazione, fondata su un forte ruolo pubblico, su cui ridisegnare i tratti di un moderno Welfare che sappia estendere e rendere effettivi i diritti del lavoro e quelli di cittadinanza.Un’idea che necessariamente dovrà essere in grado di misurarsi con i processi e la discussione che si svolge a partire dal livello europeo, a maggior ragione a fronte di posizioni pericolose che stanno emergendo, in particolare sulla regolamentazione dei servizi di interesse generale( vedi direttiva Bolkenstein).

2. FORTE INTERVENTO PUBBLICO, NUOVO WELFARE E DIRITTI

Non è compito di questa traccia specificare dettagliatamente i singoli punti programmatici e di contenuto in cui articolare quest’impostazione. Alla fine, anzi, evidenziamo un percorso di lavoro che sappia efficacemente rispondere anche a quest’esigenza.
Quello che, invece, è opportuno svolgere, in queste riflessioni, è chiarire alcuni punti di impostazione di fondo ed elencare i titoli su cui, successivamente, sviluppare in modo più preciso e approfondito la nostra elaborazione:

a) un forte ruolo pubblico concepito come nuova programmazione è decisivo per puntare alla “via alta”, allo sviluppo.

b) pensare al Welfare come fattore di sviluppo. In questo senso, nel medio periodo e in termini di prospettiva, non si può eludere la questione di un nuovo e forte investimento sul Welfare, sulla sua riorganizzazione, ponendosi l’obiettivo di portare la nostra spesa sociale al livello di quella media europea.
Nel breve periodo, sapendo che si tratterà nuovamente di fare i conti con un quadro di risorse scarse, diventa necessario iniziare ad impostare una nuova fase di riordino ed intervento fiscale (tassazione delle rendite e grandi patrimoni, lotta all’evasione fiscale,in primo luogo) e, contemporaneamente, consolidare il ruolo fondamentale dell’intervento pubblico nella progettazione e nella gestione del Welfare (salute – previdenza – assistenza – scuola/formazione – sicurezza – servizi pubblici essenziali – casa – etc). Inoltre bisognerà passare attraverso l’abrogazione o perlomeno la modifica radicale delle “controriforme” attuate dal centro-destra (dalla legge Moratti alla legge 30).
c) anche come ulteriore sostegno degli obiettivi precedentemente evidenziati, diventa necessario delineare un nuovo approccio per il rilancio del tema della riforma delle Pubbliche Amministrazioni.Occorre avere presente che esso non può essere visto,come è stato fatto, non da noi, perlomeno nell’ultimo decennio, in termini di intervento di razionalizzazione o di mera riorganizzazione o, peggio ancora, con una logica di semplice risparmio, in particolare del lavoro pubblico. Si deve, invece, - e ciò ovviamente meriterà un approfondimento significativo-tornare a puntare in modo strategico e in termini nuovi sulla riforma delle Pubbliche Amministrazioni,ragionando dell’innovazione di qualità nel sistema della PA, enucleando, sotto questo titolo, in primo luogo le questioni del Mezzogiorno,dell’utilizzo delle nuove tecnologie a partire dall’obiettivo dell’”umanizzazione” degli accessi e dei percorsi per i cittadini-utenti,entro un quadro che si prefigga di combattere la precarietà del lavoro.
d) ragionare di una “buona” sussidiarietà orizzontale, ma a condizione di essere molto precisi e rigorosi nel ruolo che soggetti non pubblici (dal terzo settore al mondo no-profit) possono ricoprire nella nostra idea di rilancio del Welfare. Ciò significa almeno avere chiaro 2 punti di discrimine,oltre la riaffermazione del fatto che la fase programmatoria e di indirizzo devono essere di esclusiva pertinenza pubblica: il primo è che si tratta di pensare ad un intervento ed a un ruolo di questi soggetti in termini aggiuntivi ad una struttura organica dell’intervento pubblico che garantisca diritti universalistici; il secondo è che tali soggetti si collochino esplicitamente sul terreno della qualità del servizio, intendendo con ciò non solo il fatto di rispettare e garantire standards e parametri quali-quantitativi uniformi con l’intervento pubblico, ma anche di sconfiggere ogni idea di “dumping sociale” nel trattamento dei lavoratori, anzi prefiggendosi di contribuire ad un percorso di omogeneizzazione dei trattamenti economici e normativi attraverso lo sviluppo della nostra iniziativa contrattuale,a partire dalla contrattazione unica di settore.
Solo a queste condizioni, diventa possibile pensare ad un settore di economia sociale, esso stesso protagonista della costruzione di una nuova dimensione del Welfare.

e) un assetto istituzionale coerente con l’impianto tratteggiato sopra non può che basarsi su un’idea di unitarietà dello Stato e di “federalismo solidale” dei livelli istituzionali territoriali. Tra l’altro, solo così si può declinare un’ipotesi di Welfare territoriale che contribuisca a stare dentro un’idea virtuosa di Welfare ed, anzi, costituirne un punto fondamentale.

f) rendere senso comune che un più forte ruolo e un rinnovato intervento pubblico che si sostanzia nel rilancio del Welfare è di per sé la fonte insostituibile di una strategia di sviluppo del Paese e di salvaguardia ed estensione dei diritti del lavoro e di cittadinanza.
In questo senso, anzi, la qualificazione e la valorizzazione del lavoro pubblico e sociale si configurano come elementi essenziali nella definizione di un nuovo Welfare.

3. UNA RIELABORAZIONE POLITICA E UNA PRATICA CONTRATTUALE CHE VALORIZZINO IL LAVORO E RENDANO PRATICABILE UN’”ALLEANZA” TRA SINDACATO ED ISTITUZIONI PER COSTRUIRE IL NUOVO WELFARE

E’ evidente, dalle cose sin qui dette, che il progetto cui intendiamo provare a dar corso non si afferma per via puramente inerziale.
Occorre, anzi, orientare consapevolmente la nostra iniziativa perché esso possa stare in campo e si possa affermare.
Una iniziativa che deve contribuire a riscoprire una cultura dell’impegno civile e della solidarietà, una cultura del “senso dello Stato” e della “missione” pubblica, tanto più di fronte ad cuno scenario nel quale le difficoltà della politica e dell’economia, il dissesto della finanza statale stanno portando il Governo a stravolgere la funzione ed il peso dell’”amministrazione pubblica”; stravolgimento che si compie concretamente attraverso il taglio delle risorse, nel disperato tentativo di conseguire risparmi, e con l’attacco al valore ed alla dignità del lavoro pubblico, negandone meriti, diritti e professionalità.

In particolare, su tre terreni risulta inevitabile cimentarsi:

1. far emergere in tutto il suo valore strategico il ruolo della “missione pubblica”, rifiutando apertamente il pregiudizio di una Amministrazione inefficiente, burocratizzata e parassitaria cui corrisponde un giudizio inaccettabile verso il lavoratore pubblico, la sua funzione e la sua professionalità.
Non si tratta di negare difficoltà, insufficienze o esigenze di razionalizzazione le quali, come F.P. Cgil, hanno trovato e trovano la massima attenzione; si tratta di ricollocare il percorso della riforma che ha segnato gli ultimi 15 anni e di contrastare una politica del Governo che ha in animo di ricondurre la “Pubblica Amministrazione” ad una sostanziale subordinazione politica, lacerando faticosi equilibri che avevano prodotto una separazione tra responsabilità di indirizzo, poste in capo alla politica, e di gestione che sono di competenza delle Amministrazioni.

2. far crescere un’”alleanza politica” per costruire un nuovo Welfare, alleanza che assuma la valorizzazione del lavoro pubblico e sociale come parte integrante di tale progetto.
Nell’attuale scenario politico, non è più rinviabile un’iniziativa che costruisca una vera convergenza tra movimento sindacale e istituzioni locali e loro rappresentanze, che, in primo luogo, riesca a contrastare le politiche, sempre più pesanti, di taglio dei trasferimenti e della spesa pubblica locale (vedi, da ultimo, la manovra correttiva di luglio e la legge Finanziaria).
Tale azione di contrasto deve assumere anche gli aspetti di natura istituzionale soprattutto di fronte alla cosiddetta “riforma di Lorenzago” la quale rimette in discussione gli equilibri e i contrappesi tra i poteri dello Stato, le prerogative dei soggetti del decentramento amministrativo, prefigurando un federalismo competitivo, inefficiente e confuso che non potrà che produrre gravi differenziazioni nella impostazione delle politiche pubbliche locali, forme di “dumping” nei trattamenti e,financo, nei diritti sociali, una cittadinanza a riconoscimento variabile. E’ necessario, inoltre, mettere in campo una ampia e rinnovata capacità di rileggere l’insieme delle politiche pubbliche dell’ultimo decennio al fine di evidenziarne le incongruenze rispetto ai propositi, soprattutto sul versante delle privatizzazioni e del decentramento dei Servizi,incluse quelle intervenute nel settore dei servizi pubblici locali, e di ricostruire un “ruolo pubblico” con l’utilizzo coerente di una pluralità di scelte e strumenti in grado di riprodurne efficacia e qualità. Per realizzare questo nuovo quadro è necessario un vero e proprio movimento di proposta e di lotta che, in particolare, deve porsi la questione di una nuova politica del lavoro e delle assunzioni nelle Pubbliche Amministrazioni, per contrastare esternalizzazioni prive di progetto sociale fondate sulla precarietà ed assumere, più in generale, il tema della valorizzazione del lavoro come punto fondante del Welfare da difendere e riqualificare.

3. costruire una nostra pratica contrattuale finalizzata e coerente con l’impostazione della F.P. Cgil.
Anche qui, senza pretese di esaustività, e con la consapevolezza che le riforme non si fanno per via contrattuale, anche se – al contrario – una determinata pratica contrattuale può favorire o ostacolare un determinato progetto, indichiamo alcuni punti fermi della nostra riflessione.
- Rimane per noi decisivo un ruolo strategico ed unificante, del CCNL, con una funzione sostanziale di tutela e redistribuzione solidaristica del reddito, nonché un percorso che guarda ai contratti unici di settore (terzo settore, Sanità, Igiene Ambientale, dei comparti esternalizzati dalle Autonomie Locali fino alla prospettiva, sullo sfondo, del Contratto della rete dei servizi locali);
- allo stesso modo, confermiamo la necessità di una contrattazione forte a livello aziendale, capace soprattutto di intervenire sulla efficienza e qualità del servizio facendo perno sulla centralità delle politiche di modifica dell’organizzazione del lavoro, cui collegare una politica di valorizzazione e riconoscimento professionale, e su quello dell’occupazione e dei diritti, contrastando la precarietà del lavoro, promuovendo politiche di stabilizzazione e favorendo l’avvicinamento progressivo delle diverse condizioni e trattamenti dei lavoratori che svolgono analoghe mansioni.


4. IL PERCORSO DEL NOSTRO LAVORO

Può essere utile delineare, in modo ovviamente aperto, alcuni passaggi del lavoro che si tratta di mettere in campo, con la premessa che solo un percorso condiviso, di coinvolgimento, di costruzione di una vera e propria “rete” di relazione tra Centro nazionale e strutture regionali e territoriali (a partire dalle Aree metropolitane) può essere all’altezza di produrre un’elaborazione e una pratica impegnata e capace di realizzare risultati.
In estrema sintesi, si possono individuare i seguenti terreni di lavoro e ricerca:
• “Censimento dello stato dell’arte” sulle materie oggetto di discussione e sul lavoro compiuto.
Nelle varie realtà territoriali, notevole è l’elaborazione, la strumentazione e l’iniziativa già sviluppata. Sarebbe utile una raccolta e una socializzazione di quanto esistente (dagli Osservatori regionali e territoriali dei bilanci degli Enti Locali agli accordi regionali/territoriali in materia).
• Aprire una ricognizione e prime riflessioni sugli Statuti delle regioni come parte essenziale di una più ampia discussione riguardo la “Riforma istituzionale”.
• Svolgimento di una ricerca/indagine sul tema dei processi di esternalizzazione nella P.A. e della precarizzazione del lavoro.
• Predisposizione di primi contributi, da parte di un gruppo di lavoro “ad hoc”, espressione delle varie strutture, di preparazione della Conferenza programmatica nazionale della Fp Cgil.
• Costruzione, ai vari livelli, di un sistema di relazione con la Confederazione e lo SPI, in termini tali da affrontare in modo coordinato ed organico le questioni sopra sollevate e con l’obiettivo di “offrire” la nostra riflessione ad una discussione più ampia. Da qui, peraltro, potranno emergere anche questioni di carattere organizzativo e/o legate alla rappresentanza (vedi,ad esempio, la questione delle assistenti familiari) che potranno essere, nelle forme e nei modi opportuni, oggetto di approfondimento e decisione.


Ottobre 2004