COMUNICATO STAMPA
Di Nicola Preiti, coordinatore nazionale FP CGIL Medici – Medicina Generale
Gli accordi regionali non possono modificare né il massimale né l’ottimale.

E’ rilevante e fa chiarezza, la sentenza del Consiglio di Stato N. 1603/06 relativa al massimale di assistiti per i medici pediatri.

L’importanza deriva dall’aver ripreso tutto il quadro normativo di riferimento che consente di distinguere, in modo inequivoco, le materie assegnate alla contrattazione collettiva nazionale da quelle che rientrano nel dominio della contrattazione integrativa regionale.

Nello specifico si stabilisce che le norme relative degli accordi nazionali, che regolano il massimale di scelte effettuabili, non possono assumere il valore di “linee direttive” suscettibili di diversa specificazione in sede di accordi regionali. La sentenza si riferisce alla pediatria ma naturalmente vale anche per l’assistenza primaria, visto che la normativa è la medesima.

Il quadro normativo riportato è costituito dall’Art. 48 punto 5 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, dall’Art.8 comma 1 lett. a) del d.lgl. 30 dicembre 1992 n. 502. E l’accordo collettivo nazionale del 23 marzo 2005, su questa base, ha stabilito all’Art. 3 punto d) che appartiene alla negoziazione nazionale la “definizione del numero ottimale e dei massimali di scelta…”

Quanto fissato dal Consiglio di Stato, ha necessariamente valore anche per il numero ottimale: basta tenere in considerazione, nello stesso quadro normativo di riferimento, anche il punto 1) dell’Art. 48 della legge 833 che stabilisce esplicitamente: gli accordi collettivi nazionali devono prevedere : “il rapporto ottimale medico-assistibili per la medicina generale e quella pediatrica….”

Insomma gli accordi regionali non possono modificare né il massimale né l’ottimale. E la contrattazione nazionale non può delegare ad essi questa responsabilità. Gli accodi regionali non hanno titolo per modificare strutturalmente il sistema differenziando territorialmente i diritti dei medici e dei cittadini e la qualità dell’assistenza. E senza produrre peraltro alcun risparmio.

Alcune Regioni, seguendo il cattivo esempio della Toscana, invece lo hanno fatto, e si sono guadagnate il dissenso della FP CGIL Medici, la segnalazione all’Antitrust, e ricorsi al Tribunale. Speriamo che almeno adesso, alla luce di questa sentenza, provvedano a modificare gli accordi e cancellino le illegittime modifiche al numero ottimale e massimale (attraverso il meccanismo delle deroghe).

E’ utile qui ribadire che per potenziare le cure primarie, migliorare la concorrenza e quindi la scelta del cittadino, la qualità delle cure e dare il tempo necessario per l’organizzazione dell’assistenza territoriale multiprofessionale, l’assistenza domiciliare, la continuità dell’assistenza, la formazione, la ricerca, ecc., non bisogna evidentemente ridurre i medici, aumentando l’ottimale, ma ridurre il massimale di assistiti per medico, e valorizzare tutte le figure professionali del settore. Ciò consente di avere un minor carico assistenziale ed una migliore assistenza per i cittadini. E’ questo il discorso (investimento) nazionale che si dovrà presto affrontare. Sempre che cresca questa consapevolezza, nella categoria e nella parte pubblica, prima che il virus della privatizzazione divori le cure primarie.

Roma, 2/05/2006