COMUNICAZIONE STAMPA

DI Nicola Preiti, coordinatore nazionale FP CGIL Medici -  Medicina Generale

 

Anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: no alla limitazione dell’accesso alla medicina generale.

 

Le osservazioni e le indicazioni del Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dr. Antonio Catricalà, relativamente alle modalità di accesso alla professione di medico di medicina generale, sono rilevanti e puntuali.  

            Sono rivolte alla Regione Calabria ma hanno portata nazionale: le Regioni, negli accordi regionali, non possono prevedere meccanismi di sospensione della pubblicazione delle zone carenti di assistenza primaria, già individuate sulla base dei calcoli previsti dalla convenzione nazionale. 

            Tale sospensione  “….comporta effetti restrittivi nell’accesso della professione di medico di medicina generale e lede gli interessi degli utenti del Servizio Sanitario Pubblico…” e, aggiungiamo noi, senza produrre alcun risparmio, anzi creando le condizioni per un incremento della spesa. 

Qualunque deroga nella pubblicazione dei posti vacanti non fa che alterare negativamente, surrettiziamente ed illegittimamente il numero ottimale (numero di medici/numero di assistiti) con le conseguenze evidenziate dall’Autorità. E il problema rischia di diventare ancora più grave con i nuovi accordi  che le Regioni stanno stipulando sulla base della nuova convenzione di medicina generale in vigore dal 23 marzo 2005.  

Abbiamo in proposito già pessimi esempi, come quello della Regione Toscana, che in uno stralcio di accordo, prevede la non pubblicazione della zona carente, negli ambiti inferiori a 40000 abitanti,  qualora nell’ambito vi sia un medico con meno di 300 scelte e un altro medico in condizioni di acquisire scelte ( cioè con meno di 1500 assistiti più deroghe). Negli ambiti superiori a 40000 abitanti invece si è innalzato il rapporto ottimale da 1/1000 a 1/1200. 

Qui i problemi sono due:

1) La non pubblicazione della zona carente in presenza di un medico con meno di 300 assistiti.

Questa sospensione di un diritto la riteniamo, analogamente all’accordo della Calabria, del tutto illegittima perché si interviene in maniera impropria ed indefinita sul numero ottimale al di fuori di specifiche esigenze e situazioni locali: non si sa più neanche a quanto si collocherebbe realmente il numero ottimale, che diventa anche variabile tra ambiti limitrofi ed  in base al momento del calcolo, ciò in modo del tutto avulso dal contesto e dalle esigenze assistenziali. Facilmente troveremo dei territori ed in particolare quelli più disagiati dove stabilmente potrebbe trovarsi un medico al di sotto di 300 assistiti. La non pubblicazione delle zone carenti ha il solo effetto di limitare soltanto la concorrenza agli ipermassimalisti, penalizzando i medici più precari della categoria.

Per migliorare la concorrenza e quindi la scelta e la qualità non bisogna evidentemente ridurre i medici, aumentando l’ottimale, ma ridurre il massimale di assistiti per medico, in modo da avere un minor carico assistenziale per medico ed una migliore assistenza per i cittadini.

Questa è la logica. Ma se non si vuole fare questo almeno non si peggiori la situazione attuale.

 

2) L’altro problema è l’innalzamento netto del numero ottimale negli ambiti superiori a 40000 abitanti.

Questa possibilità, per le regioni, di innalzare l’ottimale è per la verità previsto dall’accordo nazionale, non è quindi formalmente illegittima.

Ma l’accordo nazionale  non ha il potere di dare questa opportunità  visto che,  a nostro avviso, non è nelle sue disponibilità. E non è neanche nella disponibilità degli accordi regionali o aziendali, in quanto tale decisione porterebbe ad una modifica strutturale del sistema che non può prescindere  da un intervento legislativo. 

Le convenzioni e gli accodi regionali  devono essere rinnovati sulla base di quanto previsto dalle leggi (502/92 e succ. mod.) non hanno titolo per modificare strutturalmente il sistema. Qualora una regione volesse provare a farlo, quanto meno, dovrebbe fare una legge. 

Un accordo regionale non si può permettere una scelta di così elevato rilievo politico, che interviene pesantemente nei diritti dei medici e dei cittadini, che privilegia una parte della categoria a danno dell’altra.

Chi può decidere una chiusura protezionistica dell’accesso all’area della assistenza primaria? Chi è dentro?

Tale scelta scellerata determina istantaneamente un “esubero” del 20% dei medici di famiglia, pertanto, in sostanza, non si potrà più accedere alla professione di medico di famiglia per almeno altri 10 anni,  e senza alcun risparmio per il sistema. Viene usurpato il diritto di chi faticosamente, in tanti anni, stava acquisendo il diritto di fare questo lavoro, e si riduce il numero di medici in servizio a scapito della qualità dell’assistenza ai cittadini. Più assistiti si hanno in carico peggiore è l’assistenza ai cittadini. 

   Queste modifiche adottate in Toscana (senza la firma della FP CGIL Medici) producono una profonda distorsione del sistema.

Chiederemo pertanto un intervento in merito, sul complesso della questione sia della Sisac che dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato.

 

Roma 4/11/2005