"il Lavoro – la Repubblica", 8 gennaio 1999

di Monica Neri

Tagliare i viveri ai tumori sembra essere la strada giusta per batterli. Ma è proprio necessario prendere per fame anche i ricercatori? Ricomincia da qui il nostro viaggio per scoprire come si mantengono le giovani promesse e i precari di lungo corso che fanno ricerca a Genova.

Sandra Leprini lavora alla produzione di anticorpi ricombinanti che riconoscono la fibronectina b e altre proteine tipiche dei vasi sanguingi tumorali di nuova formazione. Questi anticorpi dovrebbero trovare il loro impiego nella diagnosi precoce o nella terapia dei tumori. Sono già in corso delle prove su modelli animali e su tessuti umani, che coinvolgono, insieme con Sandra, un po’ tutto il laboratorio di Biologia Cellulare del Cba-Ist, diretto da Luciano Zardi.

Leprini é nata nel 1961, ha una laurea in chimica da 12 anni e una specializzazione in biotecnologie da quattro. Il suo curriculum conta diverse pubblicazioni scientifiche di prestigio. Ha lavorato per un anno come "research associate" all’università del Kent e per un’altro anno ha avuto degli incarichi di supplenza all’Ist. Per il resto, dal 1988 ad oggi è stata impiegata come ricercatrice con una serie di "contratti di collaborazione coordinata e continuativa", in genere di un anno, presso il laboratorio di Biologia Cellulare.

Il suo stipendio attuale é piuttosto elevato, rispetto alla media: trentanove milioni lordi l’anno. Tolte le tasse e la previdenza, le restano in tasca quasi 2.400.000 lire al mese. Senza tredicesima, ovviamente, e non é previsto congedo per ferie, malattia o maternità. Queste cose, così come il rinnovo del contratto, dipendono direttamente dalla benevolenza del caposervizio.

Per confronto, lo stipendio di chi svolge un lavoro analogo, ma é assunto in ruolo da qualche anno, arriva non lontano dai quattro milioni al mese. Netti, e con tutte quelle tutele e garanzie che sembravano "normali" solo pochi anni fa e ora non lo sono più.

L’Italia spende per la ricerca l’1,3% del Pil, la metà degli altri Paesi industrializzati. Dal‘92 in poi i concorsi all’Ist sono diventati estremamente rari; il Cba, che promise a suo tempo lavoro per 500 persone in 5 anni (di cui 350 posti nuovi) conta attualmente solo una decina di dipendenti propri (a tempo determinato), mentre gli altri sono soprattutto dipendenti di enti consorziati o lavoratori di società che hanno in appalto i servizi.

I contratti a termine come quello di Sandra attivi in questo momento all’Ist-Cba sono all’incirca un centinaio. Il loro costo non grava sull’Ist-Cba, ma su finanziamenti ottenuti dai singoli laboratori per progetti di ricerca finalizzati da enti pubblici, come il ministero della Sanità, o da associazioni private come l’Airc.

"L’amministrazione ritiene di non doversi assumere alcuna spesa o fastidio per noi "lavoratori atipici" - spiega Sandra Leprini -. Non abbiamo diritto neppure al buono-mensa o al permesso per recarci al lavoro con l’auto. Difficilmente, inoltre, possiamo essere responsabili di progetti finalizzati e dei relativi finanziamenti." Eppure i quasi 300 tra titolari di contratti, borse e notule che lavorano all’Ist-Cba (dati del ’97) portano avanti una parte considerevole del lavoro di ricerca, e un discorso analogo riguarda le attività di assistenza clinica dell’Ist.

Come è ovvio, questa situazione non suscita gli entusiasmi dei diretti interessati. "In passato ci si riuniva di tanto in tanto per discutere, c’era una sorta di coordinamento dei "precari" – ricorda Leprini -. Un paio d’anni fa alcuni di noi presentarono all’amministrazione Ist un’istanza in cui si chiedeva almeno il riconoscimento dello status di lavoratori subordinati (come in altri centri di ricerca italiani). In seguito a questa richiesta il rinnovo dei contratti scaduti fu bloccato per qualche mese; qualcuno non fu più rinnovato. Il problema è che, per gli istituti come l’Ist, una regolamentazione chiara a livello nazionale è ancora in corso di elaborazione "

E i sindacati? "A livello locale, abbiamo avuto un sostegno solo dalla Cgil; gli altri si sono limitati a un tiepido appoggio. Ma certo nessuno ha mai organizzato uno sciopero per difendere i nostri diritti. Neppure noi stessi."